Bruxelles – “C’è disponibilità a negoziare, ma non possiamo tornare alle vecchie regole“. Il ministro delle Finanze belga, Vincent van Peteghem, presidente di turno del Consiglio Ecofin, mette in chiaro che il trilogo alle porte per chiudere il processo di riforma del patto di stabilità non è da intendersi come occasione per stravolgimenti di alcun genere. C’è chi lo vorrebbe in Parlamento, e il co-presidente dei Verdi, Philippe Lamberts, non ne ha fatto mistero. Addirittura il leader dei Greens vorrebbe affossarlo. Ma le intenzioni sono diverse, in Consiglio. “C’è la necessità di giungere a delle conclusioni” del processo di riforma delle regole di bilancio, sottolinea il ministro belga. “E’ importante dare chiarezza ai mercati finanziari”.
Una sottolineature non casuale, quest’ultima. E’ ai mercati che l’UE si sta affidando per il suo piano di sostenibilità, per finanziare la ripresa verde e tecnologica. Di fronte all’esigenza di ingenti investimenti, dell’ordine di centinaia di miliardi di euro, occorre mandare un segnalo chiaro a chi intende o deve decidere se puntare sull’Europa.
Mercoledì (17 gennaio) l’Aula deve votare la proposta di avvio negoziale con il Consiglio per la riforma del patto di stabilità, partendo dalla quadra trovata dai Ventisette Stati membri a ridosso di Natale. C’è chi (Verdi e la Sinistra) non considera questa intesa come sostenibile, ma gli altri gruppi che vogliono provarci. I liberali (RE) vogliono aprire il negoziato, e provare a limare laddove possibile. Come andrà a finire è tutto lasciato alla prova del negoziato.
C’è sicuramente una parte dei socialdemocratici (S&D) non convinta dalla proposte di nuove regole. Il capodelegazione del PD all’europarlamento, Brando Benifei, ha detto testualmente che quanto messo sul tavolo “lascia insoddisfatti”, che quello che approda in Aula “non è il testo del nuovo Patto di stabilità e crescita”. Sono in pochi a scommettere che l’Aula respingerà la proposta di avviare i negoziati inter-istituzionali, ma sono certamente di più quanti prevedono un braccio di ferro serrato. Perché, ragionano a Bruxelles, se i socialisti tengono il punto su istanze di sinistra e i liberali si rendono conto meglio di cosa contiene la proposta, c’è anche la possibilità che il tavolo possa saltare.
Consiglio e Commissione ribadiscono che non si può. Valdis Dombrovskis, commissario per un’Economia al servizio delle persone, ricorda al termine della riunione del consiglio Ecofin che “per il quarto trimestre consecutivo la crescita rimane debole”, e che i venti di guerra uniti alla crisi del mar Rosso gettano ombre di nuove problematiche. “Vediamo che ci sono rischi per le previsioni di crescita e per i prezzi dell’energia“. Un accordo sulla governance economica viene avvertita ancora più urgente e necessario alla luce di un contesto incerto e carico di “rischi al ribasso”.
La volontà di avviare il negoziato dimostra che entrambe le parti c’è un accordo di principio per cui le vecchie regole non sono l’obiettivo da perseguire. L’impressione è che il Consiglio dovrà fare concessioni. Fino a che punto si potrà raggiungere l’intesa è lasciato al tavolo. Tavolo dai tempi stretti.
Se, come da attese, l’Aula dovesse dire ‘sì’ all’apertura del trilogo, questo prenderebbe subito avvio. A quel punto si avrebbe un mese scarso. C’è tempo fino a febbraio per trovare un’intesa, offrire il tempo che serve al servizio giuridico e all’interpretariato per le traduzioni del caso e avere il voto definitivo dell’Aula ad aprile, ultima sessione utile prima dello scioglimento del Parlamento europeo. Con un accordo d’Aula ad aprile il Consiglio potrebbe procedere alla chiusura del dossier, tramite voto formale, anche a ridosso delle elezioni europee. Per sostituire le vecchie regole è quindi anche una corsa contro il tempo.