Bruxelles – Il Meccanismo europeo di stabilità non convince, la riforma del trattato che istituisce al fondo salva-Stati nuovi mandato e poteri è oggetto di preoccupazione che al momento appare difficile dissipare. Il ‘no’ italiano al MES dunque rimane. Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha spiegato che non ci sono le condizioni, nell’Italia di oggi, per andare avanti. L’informativa attesa in seno all’Eurogruppo sul voto che a fine dicembre ha affossato l’entrata in vigore del nuovo MES serve a fare il punto, e soprattutto a “ragionare” su come procedere sulle possibili via d’uscita da una situazione di stallo, come scandisce il presidente dell’Eurogruppo, Paschal Donohoe.
I partner non fanno che ripetere che è il momento della riflessione, e che quello che il titolare del Tesoro ha da dire aiuta o può essere d’aiuto per cercare soluzioni. Riaprire dibattito e file non è una di questa. Fonti di uno Stato membro UE diverso dall’Italia lo dicono chiaramente. “E’ difficile immaginare che 19 Paesi che hanno già ratificato l’accordo lo rimettano in discussione e spingano per una modifica“, è la posizione che sembra prevalere. Detto in altri termini, è più semplice convincere un solo Paese che diciannove. E si intende lavorare ai fianchi della maggioranza per sormontare l’ostacolo parlamentare. “Serve una nuova narrativa” in Italia, insistono le stesse fonti. Serve “una narrativa positiva”. Vuol dire spiegare in modo diverso, per eliminare lo spauracchio MES che si è installato nello Stivale.
Il ruolo del ministro dell’Economia italiano, in questo tentativo di sbloccare la situazione, è considerato fondamentale. Si vogliono evitare strappi, conflitti politico-istituzionali, perché non gioverebbe a nessuno. Quello che si vuole è un lavorio, in Italia, per convincere i partner e trovare i numeri che servono alla Camera e al Senato. Dohonoe insiste sul fatto che “continueremo a lavorare con Giorgetti”, concetto espresso a più riprese al termine dei lavori dell’Eurogruppo.
Il direttore esecutivo del MES, Pierre Gramegna, invece ricorda che sull’Italia gravano delle responsabilità per ciò che può succedere: “Fortunatamente questo voto negativo del Parlamento è giunto in un momento in cui non c’è una crisi finanziaria né le banche dell’eurozona sono in sofferenza“. Un invito e un avvertimento impliciti a trovare una soluzione.
Lo stesso invito arriva dal commissario per l’Economia, Paolo Gentiloni. “Certo c’è rammarico per la decisione” sulla riforma del trattato MES in Italia, “ma il Parlamento è sovrano”, sottolinea. Nulla è perduto, comunque, e anzi lo stop in Italia non deve essere motivo di fine lavori. Al contrario, “credo che questo rammarico debba tradursi nella spinta verso una soluzione“.