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    Home » Economia » Da Strasburgo prima conferma all’accordo sulle case green. La nuova direttiva in plenaria a marzo

    Da Strasburgo prima conferma all’accordo sulle case green. La nuova direttiva in plenaria a marzo

    La commissione Industria, ricerca ed energia (Itre) del Parlamento europeo ha confermato con 38 voti a favore, 20 contrari e 6 astenuti l’accordo raggiunto con il Consiglio Ue lo scorso 7 dicembre sulla revisione della direttiva sulla prestazione energetica degli edifici, tanto criticata in Italia. L'intesa passerà ora al vaglio dell'intera Eurocamera durante la sessione di marzo

    Fabiana Luca</a> <a class="social twitter" href="https://twitter.com/@fabiana_luca" target="_blank">@fabiana_luca</a> di Fabiana Luca @fabiana_luca
    15 Gennaio 2024
    in Economia
    case green

    Bruxelles – Prima conferma, ora la parola a Strasburgo. La commissione Industria, ricerca ed energia (Itre) del Parlamento europeo ha confermato oggi (15 gennaio) con 38 voti a favore, 20 contrari e 6 astenuti l’accordo raggiunto con il Consiglio Ue lo scorso 7 dicembre sulla revisione della direttiva sulla prestazione energetica degli edifici (Energy Performance of Building Directive), la cosiddetta direttiva case green. Dopo il via libera in commissione, l’accordo andrà ora formalmente approvato dall’intera plenaria del Parlamento, presumibilmente durante la sessione di marzo che con la legislatura agli sgoccioli sarà anche l’ultima plenaria propriamente ‘legislativa’.

    La revisione della direttiva case green è stata proposta dall’Esecutivo comunitario a dicembre 2021 per alzare gli standard energetici del parco immobiliare dell’Ue, dal momento che gli edifici sono responsabili di circa il 40 per cento del consumo energetico europeo e del 36 per cento delle sue emissioni di CO2. Nell’accordo finale i negoziatori hanno ammorbidito parte delle richieste iniziali della Commissione europea per andare incontro alle richieste di Paesi come l’Italia, dove la proposta ha alimentato un’aspra polemica soprattutto per quanto riguarda la parte relativa ai finanziamenti e agli standard minimi di prestazione energetica.

    Standard minimi di prestazione con esenzioni

    L’impianto generale della proposta della Commissione europea viene conservato e dunque a partire dal 2030 tutti i nuovi edifici residenziali dovranno essere costruiti per essere a emissioni zero. Per gli edifici pubblici, questo standard si applicherà a partire dal 2028. Entro il 2050 l’intero patrimonio edilizio esistente dovrà a emissioni zero.

    Al centro della proposta dell’Esecutivo comunitario c’erano però gli standard minimi di prestazione energetica – contenuti nell’articolo 9 – con cui Bruxelles aveva proposto di inserire un obbligo di ristrutturare almeno il 15 per cento degli edifici con le peggiori prestazioni in ciascun paese dell’Ue. I negoziatori hanno confermato di volersi lasciare alle spalle l’idea di inserire requisiti di ristrutturazione dell’Ue per i singoli edifici basati su classi energetiche armonizzate, preferendo un approccio in cui vengono stabilite le medie di riferimento per ciascun Paese sull’intero patrimonio edilizio.

    Per gli edifici non residenziali, i negoziatori hanno stabilito che almeno il 16 per cento degli edifici con le peggiori prestazioni sarà destinato alla ristrutturazione entro il 2030 e il 26 per cento entro il 2033. Quanto agli edifici residenziali, le case, si applicherà un obiettivo medio settoriale di riduzione dell’energia, con una riduzione del consumo energetico del 16 per cento nel 2030 e del 20-22 per cento entro il 2035.

    Per garantire flessibilità ai governi, le misure di ristrutturazione adottate dal 2020 saranno conteggiate ai fini dell’obiettivo ed è prevista una clausola aggiuntiva che mira a premiare “gli sforzi iniziali”, ovvero premia gli Stati membri che hanno adottato misure tempestive. L’accordo prevede inoltre una serie di esenzioni che gli Stati membri possono applicare per gli edifici storici, per gli edifici agricoli, per scopi militari e, ancora, edifici utilizzati solo temporaneamente.

    Tra i dettagli stabiliti nel corso del negoziato interistituzionale è stato posticipato dal 2035 (come da proposta dell’esecutivo comunitario) al 2040 l’obbligo di dire addio alle caldaie alimentate da combustibili fossili per il raffrescamento e riscaldamento delle case, una questione cara anche all’Italia. I co-legislatori hanno inoltre concordato di porre fine a tutti i sussidi per le caldaie autonome entro il 2025.

    Quanto all’installazione di pannelli solari sui tetti, l’obbligo riguarderà solo i nuovi edifici, gli edifici pubblici e non residenziali a partire rispettivamente dal 2026 al 2030. Ma gli Stati membri dovranno inoltre attuare strategie, politiche e misure nazionali per l’installazione di impianti solari anche negli edifici residenziali. Una volta confermato l’accordo e pubblicato in Gazzetta, l’attuazione delle norme dovrebbe iniziare nel 2026.

    Festeggia la Lega a Bruxelles per le modifiche previste dall’accordo finale sul testo. “Un provvedimento che, come era stato pensato da Bruxelles, sarebbe andato a colpire duramente aziende, lavoratori e famiglie italiane”, sottolineano in una nota gli europarlamentari Paolo Borchia (coordinatore Id in commissione Itre) e Isabella Tovaglieri (componente commissione Itre, relatrice ombra del provvedimento). Parlano di una “minaccia scongiurata grazie alle battaglie condotte dalla Lega in Europa e all’impegno del governo italiano, che hanno fatto prevalere il buonsenso su tutti i tavoli negoziali, rispedendo al mittente ogni eurofollia”.

    Nonostante alcuni compromessi al ribasso, per Tiziana Beghin, capodelegazione del Movimento 5 Stelle al Parlamento europeo, la normativa “fissa obiettivi comuni per l’ammodernamento degli edifici, il risparmio energetico e la riduzione delle emissioni inquinanti. L’Europa imbocca una strada mentre il governo Meloni prende quella opposta visto che ha deciso di fare a pezzi il Superbonus”.

    Tags: Case greenedifici

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