Bruxelles – Dopo le due tornate elettorali autunnali che hanno consegnato risultati opposti per le forze europeiste, metà del gruppo di Visegrád è ora nel pieno di grosse manifestazioni di piazza sulla questione dello Stato di diritto, ma con spinte di natura decisamente diversa. Se in Polonia le proteste sono guidate dall’ex-partito al potere Diritto e Giustizia (PiS) per cercare di frenare le riforme del settore dei media e contro lo smantellamento del clientelismo degli ultimi otto anni nel Paese, in Slovacchia sono i partiti di centro liberali usciti sconfitti alle urne a opporsi ai tentativi del governo rosso-nero guidato da Robert Fico di smantellare un ufficio cruciale per la lotta giudiziaria alla criminalità organizzata e alla corruzione nel Paese.
A Varsavia è andata in scena ieri (11 gennaio) una manifestazione di decine di migliaia di sostenitori del partito ultraconservatore PiS, che alle elezioni di ottobre 2023 si è confermato ancora prima forza in Parlamento ma perdendo la maggioranza per rimanere al potere. Dall’insediamento del nuovo governo guidato dal popolare di centro-destra Tusk a metà dicembre la tensione politica e istituzionale è continuata ad aumentare in Polonia, per due ragioni diverse ma complementari. Da una parte la nuova coalizione di forze europeiste sta cercando di mettere subito in atto una serie di modifiche all’apparato statale per porre fine alle violazioni dello Stato di diritto che hanno caratterizzato la gestione dell’ex-premier, Mateusz Morawiecki. Ma questi tentativi hanno provocato allo stesso tempo crescenti resistenze nel campo opposto, la cui figura istituzionale di riferimento è ora il presidente della Repubblica, Andrzej Duda.
Proprio il presidente Duda ha annunciato ieri l’intenzione a concedere la grazia a due parlamentari del suo stesso partito condannati per abuso di ufficio e presi in custodia dalla polizia martedì (9 gennaio) dopo essersi rifugiati nel palazzo presidenziale. Nel frattempo i manifestanti della destra conservatrice si sono radunati di fronte al Parlamento sotto la guida del leader di PiS, Jarosław Kaczyński, per protestare contro i tentativi dei partiti di maggioranza di portare a processo il governatore della banca centrale, Adam Glapiński, accusato di aver reso la politica monetaria nazionale uno strumento in mano dell’ex-partito al potere. Ma al centro dello scontro tra vecchio e nuovo corso in Polonia c’è anche il settore dei media pubblici, dopo la decisione di fine dicembre da parte dello stesso premier Tusk di licenziare i dirigenti della televisione Tvp, della radio Polskie Radio e dell’agenzia di stampa Polska Agencja Prasowa, accusandoli di aver trasformato le redazioni in strumenti di propaganda di Diritto e Giustizia e rivendicando il progressivo ritorno alla libertà di stampa.
Se le proteste in Polonia hanno un carattere quasi reazionario, diverso è il discorso in Slovacchia. Da settimane proseguono la proteste delle opposizioni liberali al governo nazionalista formato da un partito di estrema destra e da due socialdemocratici (sospesi dalla famiglia europea proprio per questo motivo) e ieri migliaia di persone nelle maggiori città del Paese sono scese in piazza per opporsi ai piani del premier Fico di modificare il Codice Penale. Il punto di maggiore criticità riguarda l’abolizione dell’ufficio del procuratore speciale – che si occupa di reati gravi come quelli relativi alla criminalità organizzata e alla corruzione di alto livello – e il ritorno delle pratiche in mano ai procuratori degli uffici regionali. La denuncia delle opposizioni è di un tentativo di indebolimento del sistema giudiziario, in un Paese in cui lo stesso attuale primo ministro si era dovuto dimettere nel 2018 a seguito dell’omicidio del giornalista Ján Kuciak e della fidanzata Martina Kušnírová, che avevano denunciato legami tra la ‘ndrangheta e l’élite slovacca (tra cui esponenti del suo partito Smer).
Nonostante la sconfitta alle elezioni del 30 settembre 2023, le opposizioni non hanno mai perso la presa dell’elettorato progressista e le proteste di piazza nella capitale Bratislava sono state guidate dal leader del Partito Progressista Slovacco ed ex-vicepresidente del Parlamento Ue, Michal Šimečka. “Ogni giorno cerchiamo di smantellare le leggi dannose e fallimentari del governo Fico”, ha attaccato l’ex-eurodeputato liberale, mettendo in guardia il primo ministro di “sottovalutare il desiderio di libertà e giustizia della gente”. Le modifiche del Codice Penale presentate dall’esecutivo dovrebbero superare senza troppi problemi il voto del Parlamento (potendo contare su 79 deputati su 150), ma lo scoglio maggiore si potrebbe presentare nello scenario – come in Polonia – di uno scontro istituzionale. Dal momento in cui difficilmente potrà porre il veto – a meno di defezioni nella maggioranza – la presidente della Repubblica, Zuzana Čaputová, ha già avvertito che sarà pronta a ricorrere alla Corte Costituzionale nel caso in cui il Parlamento procedesse con l’approvazione della legislazione.