Bruxelles – Non è stato un passaggio di testimone senza traumi per la Polonia, dopo le elezioni di ottobre dello scorso anno che hanno consegnato al popolare Donald Tusk la guida del governo. Perché nonostante l’uscita di scena (almeno momentanea) dell’ex-premier ultraconservatore, Mateusz Morawiecki, il partito Diritto e Giustizia (PiS) che per otto anni è stato al potere può ancora contare su una figura istituzionale di primissimo piano: il presidente della Repubblica, Andrzej Duda. A nemmeno un mese dall’entrata in carica del nuovo gabinetto Tusk, la tensione tra i due leader polacchi è già altissima sul tema che per anni ha reso difficilissimi i rapporti tra Varsavia e Bruxelles – il rispetto dei principi dello Stato di diritto – come stanno dimostrando gli episodi di cronaca politica delle ultime ore nel Paese.
Ieri sera (9 gennaio) la polizia polacca è entrata nel palazzo presidenziale per prendere in custodia due parlamentari di PiS – Mariusz Kamiński e Maciej Wąsik – condannati dal Tribunale distrettuale di Varsavia per abuso di ufficio e rifugiatisi proprio nella residenza di Duda per cercare la grazia. Già nel 2015 – a poche settimane dall’inizio del potere del partito ultraconservatore) il presidente aveva deciso di concedere la grazia ai due deputati – concedendo loro di fare ingresso prima nel governo di Beata Szydło e poi in quello guidato da Morawiecki. Una decisione che non rispettava però uno dei principi dello Stato di diritto, ovvero il naturale corso del processo giudiziario (al termine del quale può essere eventualmente concessa la grazia), e che secondo la coalizione guidata da Tusk sarebbe stata invece motivata politicamente. Kamiński e Wąsik sono stati infine condannati a due anni di carcere dal Tribunale e, dopo l’insediamento del nuovo Parlamento, il nuovo speaker Szymon Hołownia (Polonia 2050) ha ordinato la revoca dei mandati dei due deputati nuovamente eletti tra le fila di PiS, privandoli dell’immunità parlamentare.
È così che, in caso di una nuova grazia concessa dal presidente Duda, si potrebbe aprire un conflitto istituzionale in Polonia, dal momento in cui il nuovo governo non è disposto a fare sconti all’ex-partito al potere ed è intenzionato a riallineare il Paese ai principi dello Stato di diritto. Tusk da settimane si sta dedicando a un’opera di scardinamento del sistema di clientelismo che ha caratterizzato gli otto anni di governo ultraconservatore in settori-chiave come media e aziende statali, ma anche sul piano della giustizia. Per il nuovo gabinetto il ritorno al rispetto dello Stato di diritto è un pilastro fondante non solo del programma di governo, ma soprattutto per sbloccare tutti i 59,4 miliardi di euro del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). “Senza la fiducia nel ripristino delle regole dello Stato di diritto, la Commissione non avrebbe preso questa decisione”, aveva commentato Tusk di fronte alla numero uno dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen, in occasione dello sblocco di 5 miliardi di euro come pre-finanziamento del capitolo RePowerEu lo scorso 15 dicembre.
La sfida di Tusk sullo Stato di diritto in Polonia
Mentre dovrà affrontare le sfide portate dall’ostruzionismo del presidente Duda, Tusk avrà molto lavoro da fare per risolvere i problemi creati dal precedente governo sugli standard di rispetto dello Stato di diritto, che negli ultimi anni hanno messo in crisi i rapporti tra Varsavia Bruxelles. Dal 2021 è in corso un contenzioso legale determinato da due sentenze della Corte Costituzionale della Polonia: la prima del 14 luglio, quando i giudici di Varsavia hanno respinto il regolamento comunitario che permette alla Corte di Giustizia dell’Ue di pronunciarsi su “sistemi, principi e procedure” delle corti polacche, la seconda del 7 ottobre, quando la Corte Costituzionale ha messo in discussione il primato del diritto comunitario, definendo gli articoli 1 e 19 del Trattato sull’Unione Europea (Tue) e diverse sentenze dei tribunali dell’Ue “incompatibili” con la Costituzione polacca.
Al centro della contesa c’è la decisione di sospendere provvisoriamente le competenze della sezione disciplinare della Corte Suprema della Polonia, a causa di alcuni provvedimenti arbitrari contro magistrati non graditi alla maggioranza di governo. Mentre è in corso la procedura di infrazione da parte della Commissione Europea, la Corte di Giustizia dell’Ue ha condannato il Paese membro a pagare un milione di euro di multa al giorno: il conto è già salito oltre mezzo miliardo di euro – 526 milioni per l’esattezza – dal 27 ottobre 2021 al 14 aprile 2023. Proprio nel giorno in cui l’ex-premier Morawiecki è stato bocciato al Parlamento nazionale per un nuovo mandato da premier, la Corte Costituzionale della Polonia ha dichiarato incostituzionali le multe imposte sia in merito alla giustizia sia sulla miniera di lignite di Turów, aggravando il contenzioso con Bruxelles.