Bruxelles – Mario Draghi. A Bruxelles rispunta il nome dell’ex uomo della Bce, ma stavolta non come prossimo presidente della Commissione europea. A menzionarlo tra i possibili candidati al ruolo di capo del Consiglio europeo – successore di Charles Michel che ha appena annunciato il passo indietro per poter correre alle elezioni europee – è il Financial Times questa mattina citando fonti diplomatiche a Bruxelles.
L’annuncio di Michel di dimettersi dall’incarico in anticipo ha accelerato le trattative politiche per la sua successione, specialmente per scongiurare l’ipotesi che a guidare ad interim il Consiglio europeo sia il prossimo presidente del Consiglio Ue (l’istituzione che riunisce gli Stati membri a livello ministeriale), il premier ungherese Viktor Orbàn.
Budapest erediterà la presidenza di turno semestrale dell’Ue a partire dal primo luglio, mentre il nuovo Parlamento europeo entrerà in carica dalla metà di luglio, data ultima in cui Michel potrebbe restare presidente. Per escludere l’ipotesi Orbàn, in caso di mancato accordo su un nome forte i capi di stato e governo dei Ventisette potrebbero anche indicare un presidente ad interim per arrivare alla naturale scadenza di novembre, ma non sarebbe Draghi, che secondo un funzionario citato da Financial Times, difficilmente accetterebbe un ruolo ‘a scadenza’. Questo però non sarebbe un problema: il nuovo nominato può entrare pienamente in carica il giorno stesso delle dimissioni di Michel per i due anni e mezzo (rinnovabili) di mandato.
A ostacolare il nome di Draghi, che sembra essere sostenuto in particolare dal presidente francese Emmanuel Macron, potrebbe essere la dimensione ‘poco politica’ del suo nome. 76 anni, Draghi è l’ex presidente della Banca Centrale Europea a cui viene attribuito il merito di aver salvato l’euro dalla crisi. Da premier italiano, si è ritirato dalla vita politica a fine 2022 quando il Paese è andato a elezioni anticipate che hanno poi portato alla nomina della premier Giorgia Meloni. Draghi a Bruxelles ha un nome con un peso proprio, tanto che la Commissione europea gli ha affidato la stesura di un rapporto sulla competitività industriale che dovrebbe essere presentato dopo le elezioni europee.
Un peso specifico, questo è indubbio. Ma Draghi, rispetto ad altri nomi in lista, non fa parte di nessuno dei grandi partiti politici europei e questo è un fattore non trascurabile nella nomina del presidente del Consiglio europeo (come di altri ruoli istituzionali). Tanto che lo stesso Financial Times cita tra gli altri possibili candidati anche i premier di Spagna e Danimarca, Pedro Sanchez e Mette Frederiksen, che rispetto a Draghi avrebbero invece il sostegno politico dei socialisti, anche se lo spagnolo era in realtà candidato prima di riuscire a formare un governo a Madrid, ora potrebbe non avere più interesse. Viene valutato anche il nome di Antonio Costa, il premier dimissionario del Portogallo, che sarebbe un ottimo candidato, anche perché del “Sud” Europa, dopo due belgi ed un polacco alla guida del Consiglio, ma in questo momento la sua posizione è debole a causa dell’inchiesta giudiziaria che ha coinvolto alcune persone del suo staff, anche se non lui personalmente.
Tutti nomi che appartengono alla famiglia politica dei Socialisti&Democratici, che nel gioco delle nomine vorrebbero per sé, in questa prossima legislatura, la posizione di presidente del Consiglio europeo (oggi nelle mani di un liberale) dopo aver avuto, nelle ultime tre legislature “solo” l’alto rappresentante per la politica estera, incarico di prestigio ma non paragonabile a quelli in Commissione o al Consiglio. La Commissione al momento sembra restare appannaggio del Ppe, e dunque il Pse, come seconda forza politica in Europa, rivendica più spazio.
A quanto si apprende da fonti italiane, il governo Meloni sarebbe pronto a sostenere Draghi per via “dell’ottimo rapporto personale” tra i due, ma non quello di altri socialisti come l’attuale commissario europeo per l’economia, Paolo Gentiloni, o l’ex premier Enrico Letta.
“Draghi può svolgere in maniera ottima qualsiasi posizione di vertice nelle istituzioni europee, la mia posizione è convintamente sì”, commenta a Eunews l’eurodeputato di Renew Europe, Sandro Gozi. “Credo che la scelta di Michel debba spingere tutti ad anticipare le discussioni e la decisione, la nuova Europa del post-elezioni europee deve decidere quanto prima tutte le posizioni apicali considerate tutte le sfide interne ed esterne. Dobbiamo scegliere i nomi migliori e fare scelte ambiziose, non compromessi a ribasso e non dobbiamo far passare settimane e mesi per la scelta”.
Un altro liberale italiano al Parlamento europeo, Nicola Danti, appoggia la scelta che sarebbe proposta da Macron: “Avere Draghi come Presidente del Consiglio europeo rafforzerebbe la credibilità del nostro continente e ci consentirebbe di giocare un ruolo di primo piano sullo scacchiere globale. Speriamo che Meloni ne capisca l’importanza strategica e non gli metta i bastoni tra le ruote”.
Per l’eurodeputato di Forza Italia Salvatore De Meo è invece “inopportuno discutere in questo momento di incarichi e leadership relativi alle istituzioni europee, soprattutto considerando che a giugno si svolgeranno le elezioni e solo successivamente si potranno intraprendere trattative e accordi in merito”. De Meo è parte della famiglia politica del Partito popolare europeo (Ppe). “Nonostante il suo ruolo di rilievo nella storia dell’UE, il nome di Mario Draghi è spesso oggetto di speculazioni, anche se fonti vicine a lui negano attualmente la ricerca di incarichi”, aggiunge, sottolineando che è “indiscutibile il suo valore e la sua abilità nel guidare la BCE con lungimiranza, difendendo con successo l’euro e contribuendo a una visione più solidale dell’Europa, specialmente dal punto di vista macroeconomico. Ribadisco che, in ogni caso e come è giusto, sarà necessario attendere i risultati delle elezioni europee di giugno e osservare come si svilupperanno le trattative e gli accordi per i vertici dell’Ue”, conclude.