Bruxelles – Non è una diaspora, ma poco ci manca. Dopo l’annuncio del presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, di voler abbandonare l’attuale incarico (in scadenza il 30 novembre) per candidarsi alle elezioni per il rinnovo del Parlamento Ue, un altro politico belga di spicco a livello europeo potrebbe lasciare Bruxelles. Il commissario per la Giustizia, Didier Reynders, è in attesa solo del sostegno del governo belga presieduto dal premier Alexander De Croo per candidarsi ufficialmente alla carica di segretario generale del Consiglio d’Europa, in vista del mandato in scadenza attualmente ricoperto dalla croata Marija Pejčinović Burić.
Come riportato dal quotidiano belga Le Soir, è atteso per mercoledì (10 gennaio) il verdetto sul sostegno del governo federale belga alla candidatura dell’attuale responsabile per la Giustizia nel gabinetto guidato da Ursula von der Leyen. Le intenzioni di Reynders erano note da settimane, ma la decisione a sorpresa di Michel annunciata al congresso del Movimento Riformista sabato (6 gennaio) ha ristretto ancora di più il campo d’azione dell’ex-ministro dello stesso partito, che difficilmente potrà ripetersi come commissario o essere eletto come eurodeputato tra le fila del partito egemonizzato dall’attuale presidente del Consiglio Europeo.
Ecco perché Reynders ora punta tutto sul nuovo tentativo a guidare l’organizzazione internazionale a Strasburgo (che non è nel novero delle istituzioni dell’Unione Europea), dopo la sconfitta subita nel 2019 – quando era ancora vicepremier belga e ministro degli Esteri e della Difesa – per mano dell’attuale segretaria generale croata. Se in questi giorni arriverà il semaforo verde da Bruxelles, Reynders dovrà poi ricevere il sostegno della maggioranza dei 46 Stati membri del Consiglio d’Europa, con il voto finale previsto per giugno. Nello scenario in cui riuscisse finalmente a essere eletto come segretario generale, non è ancora dato sapere se ricoprirà il suo incarico al Berlaymont fino all’insediamento della nuova Commissione Europea, o se invece lascerà il posto prima della sua entrata in carica a fine settembre, seguendo l’esempio di diversi suoi colleghi e colleghe che in questi anni hanno abbandonato – o provato ad abbandonare – la Commissione prima della fine del mandato.
Oltre a Reynders, tutti gli addii al Berlaymont
Il commissario Reynders potrebbe essere l’ultimo nome di una lunga lista, anche se nel peggiore dei casi lo farebbe sul suono della sirena. Perché non approvati o per abbandono dovuto a questioni personali/elettorali, sono nove i commissari e le commissarie che hanno cambiato (o rischiato di cambiare) la conformazione del Collegio come originariamente concepito dalla presidente von der Leyen nel 2019 per il mandato quinquennale. Un terzo dell’intera squadra iniziale, il cui numero di membri potrebbe scendere in modo provvisorio a 25 con il congedo temporaneo di Urpilainen e l’eventuale elezione di Reynders a segretario generale del Consiglio d’Europa.
Le prime defezioni sono arrivate per ‘leggerezze’ di von der Leyen immediatamente con la presentazione della sua squadra di commissari. La commissione giuridica (Juri) del Parlamento Europeo a fine settembre 2019 aveva deciso di bocciare i nomi concordati tra la presidente dell’esecutivo Ue e i governi di Romania e Ungheria: la romena Rovana Plumb (S&D) e l’ungherese László Trócsányi (Ppe) erano stati considerati “non in grado di esercitare le proprie funzioni conformemente ai trattati e al codice di condotta”. Due settimane più tardi era stata bocciata anche la francese Sylvie Goulard per ripicche politiche degli eurodeputati nei confronti di Parigi. Un anno più tardi, nel pieno della crisi sanitaria Covid-19, il commissario irlandese per il Commercio, Phil Hogan, era stato ‘pizzicato’ a non rispettare le regole di confinamento e il governo di Dublino l’aveva spinto alle dimissioni: la sua carica è stata rilevata dal vicepresidente Valdis Dombrovskis, mentre l’irlandese Mairead McGuinness è subentrata come responsabile del portafoglio per i Servizi finanziari.
Tutte le altre defezioni sono arrivate nel 2023. Per prima è stata la commissaria bulgara per per l’Innovazione, la ricerca, la cultura, l’istruzione e la gioventù, Mariya Gabriel, dimessasi a metà maggio per puntare alla carica (poi concretizzatasi) di vicepremier e ministra degli Esteri in Bulgaria. Il suo passo indietro aveva reso necessaria una redistribuzione degli incarichi al Berlaymont: alla vicepresidente esecutiva Vestager era toccato quello dell’innovazione e la ricerca, mentre al vicepresidente per lo Stile di vita europeo, Margaritis Schinas, quello dell’Istruzione, cultura e gioventù. Il tutto si è reso ancora più complicato con il congedo temporaneo richiesto e ottenuto dalla stessa vicepresidente Vestager per correre come candidata della Danimarca per la presidenza della Banca europea per gli investimenti (Bei): tutto il pacchetto dell’ex-commissaria Gabriel è passato al vicepresidente Schinas, fino al momento dell’entrata in carica della sostituta bulgara, Iliana Ivanova. I file di competenza di Vestager sono invece stati distribuiti tra il commissario per la Giustizia, Didier Reynders (Concorrenza), e la commissaria per i Valori e la trasparenza, Věra Jourová (Politica digitale), fino al ritorno di Vestager il 12 dicembre.
Ad agosto sono arrivate le dimissioni ufficiali del vicepresidente esecutivo responsabile per il Green Deal Europeo, Frans Timmermans, dopo essere stato scelto nei Paesi Bassi alla guida della coalizione formata dal partito di centrosinistra Partito del Lavoro e della Sinistra Verde GroenLinks in vista delle elezioni parlamentari del 22 novembre. Anche in questo caso von der Leyen ha diviso in due le deleghe di Timmermans: l’incarico di responsabile per il Green Deal europeo è stato assegnato al vicepresidente per le Relazioni interistituzionali, Maroš Šefčovič, il quale è stato nominato ad interim anche commissario per il Clima, fino alla nomina del nuovo commissario olandese, Wopke Hoekstra. Infine il 19 novembre la commissaria per i Partenariati internazionali, Jutta Urpilainen, ha dato la propria disponibilità a presentarsi alle elezioni presidenziali in Finlandia (in programma il 28 gennaio) come candidata socialdemocratica: dallo scorso 2 dicembre Urpilainen è in congedo non retribuito e il suo portafoglio è passato momentaneamente al vicepresidente Schinas.