Roma – Dal patto di stabilità al piano nazionale di ripresa e resilienza, dall’accordo sulla gestione di migrazione e asilo alla possibile candidatura alle europee di giugno. La tradizionale conferenza stampa di fine anno organizzata dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti in collaborazione con l’Associazione della Stampa parlamentare, che (a causa delle condizioni di salute della premier) si è svolta solo oggi (4 gennaio) a Roma è l’occasione per Giorgia Meloni per parlare di e all’Europa e provare a spegnere le polemiche sui ritardi dell’avvio del Piano Mattei per l’Africa, a cui guarda con interesse anche Bruxelles.
“E’ più avanti di quanto sembri e di quanto sento dire”, ha scandito la premier. Del ‘Piano Mattei’ ha fatto cenno la prima volta nel discorso pronunciato alla Camera per chiedere il voto di fiducia al governo a ottobre 2022, come modo alternativo di ripensare i rapporti tra Africa e Italia e, più in generale, tra Africa e Europa.
Da lì in avanti, ogni (o quasi) riferimento della premier alla collocazione dell’Italia in Europa passa da questo piano energetico e sociale per il continente, che richiama il nome dell’ex presidente Eni scomparso nel 1962 di cui cerca di imitare quello che chiama un approccio “non predatorio” nei confronti dell’Africa da parte europea. Ma finora non sono stati presentati progetti concreti per renderlo attuativo.
Finora, puntualizza Meloni di fronte ai giornalisti, “non ha funzionato l’atteggiamento paternalistico” da parte dell’Europa “che non aiuta nella cooperazione con i paesi africani. In Africa non va fatta la carità ma vanno realizzati dei rapporti di cooperazione seri e strategici, non predatori”. Difendendo, aggiunge Meloni, “prima di tutto il diritto a non emigrare prima del diritto a poter emigrare”.
Perché attraverso un piano di investimenti e formazione per l’Africa, nell’idea del governo, è possibile migliorare i rapporti con l’Europa non solo per quanto riguarda la questione dell’approvvigionamento di risorse energetiche che in Europa scarseggiano, ma anche migliorare la gestione comune dei flussi migratori che va risolta a “monte” e non a valle, parlando solo del tema della redistribuzione una volta che le persone migranti hanno messo piede in Ue.
Meloni parla in riferimento al recente accordo politico raggiunto a Bruxelles sul patto sulle migrazioni e l’asilo, dopo anni di stallo politico. Un buon compromesso, secondo la premier, che però non supera di fatto il nucleo duro del trattato di Dublino (come voleva l’Italia) ovvero il principio del ‘Paese di primo ingresso’, che vincola i rifugiati a identificarsi e rimanere nel primo Paese dell’Unione europea in cui hanno messo piede. Per questo, per l’Italia di Meloni resta prioritario. Garantire il “diritto a non partire” si fa con gli investimenti in loco ed il “mio obiettivo è che diventi un modello per gli altri Paesi, che possano aggregarsi in un secondo momento”, ha aggiunto.
Piano Mattei è però anche e soprattutto una questione energetica, nonché un modo per creare una strategia, un ponte tra Africa e Europa, in cui l’Italia, vista la collocazione geografica, potrebbe rappresentare uno snodo importante. Il Continente nero è ricco di risorse energetiche e materie critiche per la transizione gemella, mentre il vecchio continente ha un problema effettivo di approvvigionamento. E il punto reale della strategia per l’Africa voluta da Meloni (ma a cui di fatto lavora anche Bruxelles con la strategia di finanziamento Global Gateway) è “arrivare” in Africa prima che ci arrivi qualcun altro, ad esempio la Cina.
Nonostante le rassicurazioni della premier ai giornalisti, un ritardo di fatto nell’avvio del Piano è un dato oggettivo. I dettagli dovevano arrivare già lo scorso ottobre, ma non sono arrivati e Meloni in conferenza stampa si è ben guardata dal dare informazioni sui progetti che renderanno concreto il piano. Ha promesso però che il progetto sarà presentato nel dettaglio in occasione della “Conferenza Italia-Africa tra poche settimane, e che poi si confronterà con il Parlamento”. I rapporti con l’Africa, ha assicurato ancora la premier, saranno al centro della presidenza italiana del G7 (il gruppo intergovernativo informale che riunisce le principali sette economie dei paesi avanzati: Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito e Stati Uniti) appena iniziata. “E’ chiaro che non possiamo occuparci da soli dell’Africa”, ha aggiunto la premier, assicurando che il tema sarà centrale durante la presidenza, ma dovrà esserlo anche a Bruxelles.