Bruxelles – C’è un ex primo ministro italiano a cercare di correggere un problema tipicamente italiano (ma non solo) in Europa. La fuga di cervelli verso Paesi membri che offrono prospettive lavorative e di vita migliori è una storpiatura del mercato unico europeo da raddrizzare: ci sta provando Enrico Letta, incaricato da Bruxelles di redigere un rapporto di alto livello sul futuro del mercato interno dell’Ue.
Un fenomeno, quello dell’emigrazione di massa di giovani qualificati, che l’Italia condivide con i Paesi meridionali e orientali del blocco: nel 2021, il 27 per cento di chi ha lasciato il proprio Paese per lavoro veniva dalla Romania, il 12 per cento dalla Polonia e il 10 per cento dall’Italia. In un’intervista rilasciata alla testata Politico, l’ex segretario del Partito Democratico, ora presidente dell’Istituto Jacques Delors, ha riassunto il suo compito con uno slogan: “Finora abbiamo avuto il mercato unico come libertà di movimento. Questo era il centro di tutto. Io vorrei aggiungere la libertà di restare“, ha dichiarato.
Perché la mobilità garantita dal mercato unico e dallo spazio Schengen offre delle opportunità straordinarie, ma contemporaneamente indebolisce le regioni più in difficoltà. Secondo i dati Istat, tra il 2011 e il 2021 sarebbero stati 377 mila gli italiani tra i 20 e i 34 anni a emigrare verso i Paesi Ue economicamente più solidi. E a livello europeo sono sempre di più i giovani altamente qualificati a fare la valigia: nel 2021, il 32 per cento dei cittadini europei che hanno lasciato il proprio Paese d’origine erano in possesso di un alto livello d’istruzione, in crescita rispetto al 28 per cento del 2016.
Per invertire questa tendenza, il Consiglio europeo del 29-30 giugno 2023 ha chiesto che fosse redatta “una relazione indipendente di alto livello sul futuro del mercato unico da presentare nella riunione del marzo 2024”. E ha poi scelto Enrico Letta per l’incarico.
La prossima primavera, dopo un tour delle capitali europee, l’ex premier indicherà le opportunità di revisione del mercato unico. Non solo le misure per impedire ai Paesi più poveri di veder scappare i propri giovani, ma anche le regole europee sugli aiuti di Stato.
Letta ha chiarito che “gli aiuti di Stato sono un’eccezione e devono rimanere tali”. Perché negli ultimi anni, a causa della pandemia, della guerra della Russia in Ucraina e della crisi energetica, Bruxelles ha allentato le regole che disciplinano sui sussidi statali di emergenza, finendo per acuire le distanze tra i Paesi più deboli e le economie più potenti, come la Germania. Degli aiuti di Stato notificati alla Commissione europea dai 27 Stati membri, nell’ambito del Quadro temporaneo di crisi, ben il 47,2 per cento erano destinati alle aziende tedesche.