Bruxelles – La Corte suprema della Polonia annulla e riscrive la giustizia del Paese degli ultimi anni: tutti i pronunciamenti emessi dai giudici nominati “illegalmente” nel Tribunale costituzionale sulla scia della riforma voluta dal partito di governo Diritto e giustizia (PiS) non sono validi. La sentenza dell’Alta corte polacca rischia di produrre un vero e proprio terremoto, visto che si tratta di riconsiderare sentenze e decisioni, inclusa quella che ha visto il divieto dell’aborto, reso impossibile con la sola eccezione di stupro, incesto o rischio per la vita della madre, e oggetto di scontri con l’Unione europea.
Al centro del pronunciamento della Corte suprema della Polonia, riferiscono media polacchi, la decisione presa nel 2015 dall’allora presidente Andrzej Duda, alleato del PiS, che si rifiutò di far giurare tre giudici legalmente nominati dal precedente governo e nominò invece al loro posto tre giudici nominati dal nuovo parlamento controllato dal PiS. Sin dall’inizio la decisione fu oggetto di critiche, rilievi e contestazioni. Ma solo adesso l’Alta corte certifica l’illegittimità dell’atto.
Una decisione per certi aspetti annunciata, poiché nel 2021 la Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU), organismo non UE, ha stabilito che la presenza dei giudici “duplicatori” rendeva il Tribunale Costituzionale un organo “non istituito dalla legge”. Ora la camera penale della Corte Suprema è giunta alla stessa conclusione. In una decisione emessa il mese scorso, ha affermato di essere “pienamente d’accordo con la valutazione fatta dalla CEDU” riguardo ai giudici duplicatori.
Il risultato è un vero e proprio sconquasso. “La Corte Suprema non può accettare una sentenza emessa in conseguenza di una violazione della Costituzione della Repubblica di Polonia”, hanno scritto i giudici nel testo che contiene rilievi e censure per le decisioni prese in passato. Vuol dire che il diritto prodotto in questi ultimi anni dovrà essere cancellato.