Bruxelles – L’insostenibile sostenibilità della Banca centrale europea. L’istituzione europea ha sposato la causa ‘green’ dell’Ue, anche sulla scia di ripercussioni legate agli effetti del cambiamento climatico per la politica, così come sull’economia e sul mondo del lavoro . Ma le scelte sembrano tradire il mandato dell’Eurotower che osservatori e analisti vedono fare politica invece di politica monetaria, e agire su impulso esterno più che su impulso proprio.
A puntare il dito contro la Bce è il centro studi e ricerche del Parlamento europeo, in uno studio su clima e politica monetaria che non sorride a Christine Lagarde, presidente della Bce che ha fatto di un maggior impegno in termini di attenzione eco-compatibilità uno dei suoi punti chiave del proprio mandato.
Peccato che, rileva il documento, “una banca centrale non è nella posizione giusta per giudicare se il finanziamento di un’impresa ad alte emissioni consentirebbe la continuazione di attività ad alte emissioni o investimenti nella riduzione delle emissioni”. Quindi sbandierare di voler sostenere attraverso prestiti solo attività in linea con gli obiettivi del Green Deal europeo risulterebbe solo un’opera di pura e semplice propaganda, dato che “rendere più verde il programma di acquisto del settore societario (CSPP) rappresenta molto rumore per nulla”.
Per riuscire a capire davvero che tipo di attività si intende portare avanti e fino a che punto questa è eco-compatibile serve “un’analisi dettagliata della struttura finanziaria complessiva e della pianificazione degli investimenti dell’impresa in questione”, senza la quale “l’impatto dell’inverdimento sulle emissioni effettive sarà probabilmente estremamente ridotto, se non nullo”.
Fin qui, dunque, l’azione della Bce appare più ‘di pancia’ che ‘di testa’. Anche perché, da un punto di vista pratico, smettere di finanziare imprese inquinanti per preferire attori economici più verdi non è una scelta percorribile. Il centro studi e ricerche del Parlamento europeo non fa altro che rimettere l’accento sulla necessità della transizione e del dover accompagnare chi oggi è ‘brown’ ed emette tanto verso il modello ‘green’ a basse emissioni. Qualcosa che la Bce non sembra aver capito, se si rende necessario un passaggio preciso al riguardo.
Attualmente, nell’Ue, “un piccolo numero di settori ad alte emissioni domina il mercato delle emissioni nel loro insieme”, la premessa. Questi settori cosiddetti ‘marroni’ proprio per l’elevata intensità di emissioni “sono quelli che hanno più bisogno di capitale per finanziare investimenti costosi per ridurre le emissioni”. Per cui, si sottolinea, “rendere più difficile l’accesso al capitale per i settori marroni potrebbe quindi danneggiare gli sforzi di mitigazione”. Ecco dunque l’errore di approccio.
Ad ogni modo, continuano ancora gli esperti, le scelte di sostenibilità della Banca centrale europea hanno poco a che fare con la politica monetaria e rischiano di minare l’indipendenza dell’istituzione. Da una parte si riconosce che “è comprensibile che la Bce si senta sotto pressione da parte del pubblico e di alcune ONG affinché appaia ‘verde’” e attenta al tema della sostenibilità. Ma, innanzitutto, “ fornire un accesso più economico ai finanziamenti per le imprese o i settori verdi rappresenta un utilizzo delle risorse pubbliche che ha poco a che fare con la politica monetaria”, la critica che viene mossa. Inoltre, si sottolinea, “i benefici ambientali derivanti dal cedimento a questa pressione politica saranno probabilmente trascurabili rispetto ai pericoli per la sua indipendenza”.