Bruxelles – La data segnata sul calendario è quella del 1 febbraio 2024, giorno in cui il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha convocato il vertice straordinario dei capi di stato e di governo dell’Ue per sbloccare lo stallo sulla revisione del bilancio pluriennale dell’Unione. Il nodo da sciogliere riguarda i 50 miliardi per tenere a galla l’Ucraina: se il piano A rimane convincere l’Ungheria e raggiungere l’unanimità, a Bruxelles si lavora a ranghi serrati per un piano di riserva.
Lo scorso 15 dicembre il premier ungherese, Viktor Orban, è stato protagonista assoluto del vertice europeo: prima cedendo sull’apertura dei negoziati per l’adesione di Kiev all’Ue, poi battendo i pugni sul tavolo sul sostegno finanziario al Paese aggredito da Mosca. In 26 erano d’accordo per garantire a Volodymyr Zelensky 33 miliardi di euro di prestiti e 17 miliardi di sussidi a fondo perduto fino al 2027, ma dopo una trattativa durata ore, Michel ha preferito congelare il dossier e rimandarlo al nuovo anno. Senza rinunciare a convincere Budapest: “Torneremo sulla materia a inizio del prossimo anno per cercare di raggiungere l’unanimità per attuare questo accordo”, aveva dichiarato il leader Ue a margine del Consiglio europeo.
Ma l’Ue non può rischiare di svegliarsi il 2 febbraio senza un piano di finanziamenti per l’Ucraina. Secondo il Financial Times sarebbero in corso colloqui per un piano B, che possa essere approvato a 26 nell’eventualità che Orban ribadisca il suo no a utilizzare il bilancio comunitario per Kiev. Un piano dal valore massimo di 20 miliardi di euro, sganciati dal bilancio Ue, che la Commissione europea potrebbe prendere in prestito sui mercati di capitali grazie al rilascio di garanzie da parte degli Stati membri.
L’aspetto cruciale è che l’opzione non richiederebbe l’approvazione da parte di tutti i 27 Stati membri, a condizione che tra i partecipanti principali vi siano Paesi con il miglior rating creditizio. Lo schema è simile è quello utilizzato in piena crisi pandemica, quando la Commissione fornì fino a 100 miliardi di euro di finanziamenti a basso costo ai 27 per programmi di sostegno al lavoro a breve termine. La principale pecca rispetto alla proposta originale basata sul bilancio dell’Ue, è che il piano sarebbe limitato ai prestiti e non includerebbe le sovvenzioni. Anche se gli Stati membri potrebbero comunque decidere di fornire sovvenzioni a livello bilaterale.