Bruxelles – Era l’indiziato principale e non sorprende che il primo procedimento formale di infrazione avviato dalla Commissione Ue nell’ambito del rispetto del Digital Services Act (Dsa) sia rivolto proprio alla piattaforma di Elon Musk. L’esecutivo comunitario ha annunciato oggi (18 dicembre) di aver avviato una procedura d’infrazione per valutare se X abbia violato le disposizioni della legge sui servizi digitali in diverse aree di gestione del rischio, dalla moderazione dei contenuti ai dark pattern, fino alla trasparenza della pubblicità e l’accesso ai dati per i ricercatori.
La decisione dell’esecutivo Ue si basa “sulla base delle indagini preliminari condotte finora”, l’ultima delle quali sulla diffusione di contenuti illegali nel contesto della guerra tra Hamas e Israele. Come reso noto dalla Commissione Ue, la procedura si concentrerà su quattro aree principali: il rispetto degli obblighi previsti contrasto alla diffusione di contenuti illegali (incluso il meccanismo di notifica e di azione), l’efficacia delle misure per combattere la manipolazione delle informazioni anche nel contesto dei processi elettorali (le cosiddette Community Notes), le carenze sull’accesso ai dati per i ricercatori che vigilano sulla trasparenza della piattaforma e infine il “sospetto di progettazione ingannevole dell’interfaccia utente“. Questo ultimo punto fa riferimento alle cosiddette ‘spunte blu’ che ora sono legate al pagamento di un abbonamento e non a una verifica effettiva dell’utente.
A questo punto i servizi del Berlaymont continueranno a raccogliere prove su queste quattro aree di potenziale violazione delle disposizioni del Digital Services Act, con ulteriori richieste di informazioni, colloqui e ispezioni, e parallelamente potranno adottare misure provvisorie e decisioni di non conformità. “L’avvio di un procedimento formale di infrazione non ne pregiudica l’esito”, precisa la Commissione, sottolineando che il Dsa non fissa alcun termine legale per la conclusione dei procedimenti formali. La durata dell’indagine può dipendere da fattori come la complessità del caso e la misura in cui X collaborerà anche con impegni per porre rimedio alle questioni oggetto del procedimento. “Se le violazioni saranno confermate, ci saranno delle sanzioni, prendiamo molto sul serio qualsiasi violazione delle nostre regole”, ha messo in chiaro la vicepresidente esecutiva della Commissione Ue responsabile per il Digitale e commissaria per la Concorrenza, Margrethe Vestager. Dopo l’entrata in vigore alla fine dello scorso anno, dal 25 agosto X è nella lista delle 19 piattaforme digitali che devono adeguarsi agli obblighi previsti dal Digital Services Act. In caso contrario sono previste multe fino al 6 per cento del fatturato globale: nel 2021 il fatturato di Twitter è stato di circa 5 miliardi di dollari e la massima sanzione possibile si attesterebbe perciò attorno ai 300 milioni di dollari.
Oltre il Digital Services Act. La saga Ue vs Musk
Da novembre dello scorso anno l’azienda di Musk ha deciso di smettere di valutare la disinformazione legata al Covid-19, uscendo di fatto dal programma di rendicontazione europeo sulla responsabilità delle Big Tech nella diffusione di notizie legate alla pandemia e alla campagna di vaccinazione. La scelta di non rilasciare più i report sulle misure implementate per combattere la disinformazione è stata definita dalla vicepresidente della Commissione Ue responsabile per il Digitale, Věra Jourová, “la strada dello scontro” seguita dal magnate statunitense. In questo contesto ha sollevato enormi polemiche la decisione di aprile scorso di non etichettare più i media controllati da regimi autoritari come Russia, Cina e Iran e le agenzie di propaganda come ‘media affiliato allo Stato’, così come la fine del divieto di promozione o consiglio automatico agli utenti dei loro contenuti.
A dicembre dello scorso anno il gabinetto von der Leyen aveva minacciato sanzioni a seguito della sospensione arbitraria degli account di diversi giornalisti che si occupano di tecnologia e che erano stati molto critici nei confronti del nuovo proprietario Musk. Solo un mese prima la Commissione si era espressa contro la chiusura temporanea (ma al momento ancora in atto) dell’ufficio europeo a Bruxelles, in particolare per le conseguenze sul piano dell’implementazione del Codice di condotta Ue sulla disinformazione e della nuova legge sui servizi digitali (Digital Services Act) da parte della piattaforma statunitense. Infine, lo scorso 10 ottobre era andato in scena proprio su X un duro scambio di battute tra il commissario Breton e il proprietario della piattaforma: “Caro signor Musk, in seguito agli attacchi terroristici compiuti da Hamas contro Israele, abbiamo avuto indicazioni che la vostra piattaforma viene utilizzata per diffondere contenuti illegali e disinformazione nell’Ue”, era stato l’avvertimento del membro del gabinetto von der Leyen.