Bruxelles – Gli eurodeputati hanno fatto il primo passo, ma ora tutto è nelle mani dei 27 governi Ue. Con una larga maggioranza a favore, il Parlamento Ue ha appoggiato la proposta della Commissione per un Regolamento che certifichi il riconoscimento della genitorialità in tutta l’Unione – a prescindere dall’orientamento sessuale dei genitori e dal modo in cui i figli sono stato concepiti – per mettere così fine alle discriminazioni nei Paesi membri.
A certificare l’appoggio dell’Eurocamera alla proposta di legge sul riconoscimento della genitorialità su tutto il territorio comunitario quando anche solo un membro la prevede è stato il voto di oggi (14 dicembre) alla sessione plenaria a Strasburgo. Con 366 voti a favore, 145 contrari e 23 astensioni, gli eurodeputati hanno messo in chiaro che l’obiettivo è quello di garantire che i bambini godano degli stessi diritti previsti dalle leggi nazionali in materia di istruzione, assistenza sanitaria, custodia e successione. “Nessun bambino dovrebbe essere discriminato a causa della famiglia a cui appartiene o del modo in cui è nato”, ha sottolineato con forza la relatrice Maria-Manuel Leitão-Marques (S&D) dopo il voto in plenaria: “Attualmente dal punto di vista legale i bambini possono perdere i loro genitori quando entrano in un altro Stato membro, questo è inaccettabile”.
Ricalcando la proposta presentata un anno fa dal gabinetto von der Leyen, gli eurodeputati non intendono cambiare le leggi nazionali in materia di famiglia (per esempio ogni Stato potrà continuare a decidere autonomamente se riconoscere la maternità surrogata). Ma la vera differenza è il fatto che nessuno potrà più rifiutarsi di riconoscere la genitorialità stabilita da un altro Paese Ue, indipendentemente da come la bambina o il bambino è stato concepito o dal tipo di famiglia che ha. L’unico scenario in cui la genitorialità potrà non essere riconosciuta è se “manifestamente incompatibile” con la politica pubblica, ma questi casi “strettamente definiti” dovranno essere considerati singolarmente “per garantire che non ci siano discriminazioni”, come nei confronti dei figli di genitori dello stesso sesso.
A oggi due milioni di bambini sul territorio comunitario possono potenzialmente trovarsi in una situazione in cui i loro genitori non vengono riconosciuti come tali in un altro Stato membro, per esempio nel caso della relazione genitori-figli delle famiglie Lgbtq+. La proposta della Commissione avallata dall’Eurocamera prevede per questo motivo anche l’introduzione del certificato europeo di genitorialità, che faciliti la riduzione della burocrazia e la facilitazione del riconoscimento della genitorialità in tutta l’Unione Europea. “Pur non sostituendo i documenti nazionali, potrà essere utilizzato al loro posto e sarà accessibile in tutte le lingue dell’Ue e in formato elettronico”, precisano gli eurodeputati. Il vero problema però inizia ora che il dossier passerà in Consiglio, dove i 27 governi dovranno dare il via libera all’unanimità alla versione finale delle norme. Se il nuovo governo polacco di Donald Tusk potrebbe essere una buona notizia per un ostacolo in meno sulla strada verso l’approvazione, rimane lo scoglio ungherese (e non solo) dove i diritti della comunità Lgbtq+ sono da tempo sotto torchio per le posizioni oltranziste del governo di Viktor Orbán.