Bruxelles – È un vertice di attese, sospeso nella speranza che l’imminente Consiglio Europeo non mandi tutto il processo di allargamento Ue all’aria. L’annuale summit tra i leader Ue e dei Balcani Occidentali si è focalizzato sui progressi sul piano politico e soprattutto economico dell’ultimo anno, ma su un incontro in cui è fondante la questione dell’adesione dei Paesi partner all’Unione ha aleggiato lo spettro dell’ostruzionismo del premier ungherese, Viktor Orbán, al vertice dei Ventisette in programma domani e dopodomani (14-15 dicembre).
“Abbiamo ribadito che il futuro dei sei Paesi dei Balcani Occidentali è dentro l’Unione Europea con un’integrazione graduale esplicitata in modo concreto”, ha messo in chiaro il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, in conferenza stampa al termine del vertice. Parole confermate dalla leader della Commissione Ue, Ursula von der Leyen: “È stato un ottimo vertice, in cui abbiamo discusso sulla base del Pacchetto Allargamento recentemente presentato”. A proposito del report dello scorso 8 novembre la numero uno dell’esecutivo Ue ha ricordato che “il Cluster fondamenti con Macedonia del Nord e Albania va aperto quanto prima”, mentre il Montenegro vive un “momento positivo con il nuovo governo” e Serbia e Kosovo “hanno preso impegni importanti che ora devono essere implementati” nel contesto del dialogo Pristina-Belgrado. E poi c’è la questione più delicata, quella su cui da domani inizierà una partita a scacchi con Orbán: “Abbiamo raccomandato l’apertura dei negoziati di adesione con la Bosnia ed Erzegovina non appena le condizioni saranno soddisfatte”, ha messo in chiaro von der Leyen, senza però rispondere alle domande su quanto è a rischio il capitolo dell’allargamento Ue per il possibile veto del premier ungherese all’adesione Ue dell’Ucraina.
La base di partenza è la dichiarazione di Tirana del 2022, sia sulle riforme richieste per l’adesione all’Unione sia per l’orientamento strategico “alla luce della guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina”, si legge nella dichiarazione dell’ultimo vertice Ue-Balcani Occidentali, che insiste ancora una volta sul compiere “progressi rapidi e sostenuti verso il pieno allineamento” alla Politica estera e di sicurezza comune (Pesc) “anche per quanto riguarda le misure restrittive dell’Ue”. Il riferimento implicito è alla Serbia di Aleksandar Vučić (oggi assente a Bruxelles e rimpiazzato dalla premier, Ana Brnabić), ancora lontana dall’allinearsi alle sanzioni contro la Russia, ma allo stesso tempo viene sottolineato anche “l’impegno strategico” dei partner che sono già “pienamente” in linea con Bruxelles. Per quanto riguarda le questioni più delicate sul tavolo, viene esplicitato il sostegno agli sforzi per la normalizzazione delle relazioni tra Serbia e Kosovo nel dialogo mediato dall’Ue: “Ci aspettiamo un impegno costruttivo delle due parti”, dopo un anno di estrema tensione tra Pristina e Belgrado. Ma mentre la dichiarazione chiede “l’astensione da azioni unilaterali e non coordinate che potrebbero portare a ulteriori tensioni e violenze”, la presidente del Kosovo, Vjosa Osmani, ha esortato i leader Ue a “revocare le ingiuste misure” imposte dallo scorso 28 giugno.
Sul piano politico va messo in evidenza il punto 9 della dichiarazione: “L’Ue intende avvicinare i Balcani Occidentali preparando il terreno per l’adesione e apportando benefici concreti ai loro cittadini già durante il processo di allargamento”. A riguardo le istituzioni comunitarie intendono “esplorare misure aggiuntive volte a far progredire ulteriormente l’integrazione graduale” – come da tempo rivendica il presidente Michel – sfruttando “il potenziale degli strumenti giuridici esistenti” e favorendola “già durante il processo di allargamento stesso, in modo reversibile e basato sul merito”. In questo contesto viene accolto positivamente il nuovo Piano di crescita per i Balcani Occidentali da 6 miliardi di euro presentato dalla Commissione Ue, che “mira ad accelerare la convergenza socioeconomica” e “incoraggia la regione ad accelerare il ritmo delle riforme” secondo le norme del Mercato unico dell’Ue, così come la partecipazione dei sei Paesi balcanici al Consiglio Affari Esteri a novembre.
Sul fronte economico viene richiamato il successo del pacchetto di supporto energetico da 1 miliardo di euro diviso in due parti da 500 milioni: il 90 per cento – ovvero 450 milioni di euro – della prima metà dedicata ad ammortizzare l’aumento dei prezzi dell’energia su famiglie e imprese “è già stato erogato”. I restanti 500 milioni di euro in sovvenzioni saranno forniti attraverso il Quadro per gli investimenti nei Balcani Occidentali con gli obiettivi delle rinnovabili, delle infrastrutture energetiche e degli interconnettori. Da non dimenticare il Piano economico e di investimenti da quasi 30 miliardi di euro per il periodo 2021-2027, “in fase avanzata di attuazione” con 16,6 miliardi “già mobilitati”. E infine c’è la questione della migrazione, in una giornata costellata da uno scivolone della presidente von der Leyen a proposito dell’accordo sulla migrazione tra Italia e Albania. “La rotta è ancora molto attiva, con un numero elevato di attraversamenti irregolari delle frontiere”, rileva la dichiarazione a proposito della rotta balcanica e del Piano d’azione dello scorso anno, con un richiamo alla politica dei visti: “L’Ue chiede un ulteriore allineamento per evitare abusi dei sistemi di migrazione e di asilo degli Stati membri“. Dal primo gennaio 2024, grazie alla liberalizzazione anche per i cittadini kosovari, “tutte le persone provenienti dall’intera regione dei Balcani Occidentali potranno viaggiare senza visto nell’area Schengen”.
A che punto è l’allargamento Ue nei Balcani Occidentali
Sui sei Paesi dei Balcani Occidentali che hanno iniziato il lungo percorso per l’adesione Ue, quattro hanno già iniziato i negoziati di adesione – Albania, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia – uno ha ricevuto lo status di Paese candidato – la Bosnia ed Erzegovina – e uno ha presentato formalmente richiesta ed è in attesa del responso dei Ventisette – il Kosovo.
Per Tirana e Skopje i negoziati sono iniziati nel luglio dello scorso anno, dopo un’attesa rispettivamente di otto e 17 anni, mentre Podgorica e Belgrado si trovano a questo stadio rispettivamente da 11 e nove anni. Dopo sei anni dalla domanda di adesione Ue, il 15 dicembre dello scorso anno anche Sarajevo è diventato un candidato a fare ingresso nell’Unione e ora attende con impazienza la decisione del Consiglio Europeo sull’avvio dei negoziati di adesione, che secondo il Pacchetto Allargamento Ue 2023 della Commissione Ue potrà avvenire “una volta raggiunto il necessario grado di conformità ai criteri di adesione”. Pristina è nella posizione più complicata, dopo la richiesta formale inviata alla fine dello scorso anno: dalla dichiarazione unilaterale di indipendenza da Belgrado nel 2008 cinque Stati membri Ue non lo riconoscono come Stato sovrano (Cipro, Grecia, Romania, Spagna e Slovacchia) e parallelamente sono si sono inaspriti i rapporti con Bruxelles dopo le tensioni diplomatiche con la Serbia di fine maggio.