Bruxelles – Lavoratori subordinati o autonomi: a due anni dalla proposta legislativa della Commissione europea, le istituzioni Ue hanno trovato l’accordo sulla direttiva per tutelare i diritti degli oltre 28 milioni di riders, drivers e altri cittadini europei impiegati nella Gig economy.
Il testo finalizzato oggi (13 dicembre) nei triloghi interistituzionali ruota attorno a un punto fondamentale: la presunzione di rapporto di lavoro subordinato rispetto a quello autonomo. Una conquista importante, per i 5,5 milioni di lavoratori delle piattaforme digitali che secondo le stime Ue sarebbero erroneamente classificati come autonomi in tutta l’Ue. E che subiscono di conseguenza la negazione dei diritti lavorativi e sociali: salario minimo (dove esiste), contrattazione collettiva, orario di lavoro, protezione della salute e contro gli incidenti di lavoro, ferie pagate, disoccupazione, malattia e pensione di vecchiaia.
Perché “scatti” la presunzione di rapporto subordinato, sarà necessaria la copresenza di due dei cinque indicatori scelti, che riguardano i limiti massimi alla somma di denaro che i lavoratori possono ricevere, il controllo sull’assegnazione, distribuzione e svolgimento delle mansioni, le restrizioni sulla scelta degli orari e sulla libertà di organizzare il lavoro, le norme sull’aspetto fisico o di comportamento.
I cinque criteri sono frutto di una trattativa serrata: l’Eurocamera voleva che la presunzione di lavoro subordinato si applicasse senza criteri, mentre i 27 Paesi Ue avevano indicato la necessità di soddisfarne almeno tre sui sette presenti nella proposta originale della Commissione. Alla fine, oltre ai 5 stabiliti, gli Stati membri avranno la possibilità di aggiungerne altri singolarmente. Passa anche il principio dell’inversione dell’onere della prova: nel momento in cui un lavoratore, i suoi rappresentanti o le autorità competenti facciano valere la presunzione di lavoro subordinato, saranno i datori di lavori, le piattaforme, a dover raccogliere le prove per dimostrare che un lavoratore è veramente autonomo . Non il contrario, come è stato finora.
“Un accordo storico, non credevo si potesse arrivare a un così buon compromesso”, ha esultato l’eurodeputata del Partito Democratico, Elisabetta Gualmini, relatrice della proposta per il Parlamento. Dalle trattative con i 27 è uscito un testo “molto ambizioso”, che permetterà di “proteggere il modello sociale europeo e i diritti di milioni di lavoratori, con novità mai viste in Europa“.
Oltre a fare luce sul lavoro autonomo fittizio, le nuove norme dovrebbero permettere ai lavoratori digitali e ai loro rappresentanti l’accesso a informazioni sul funzionamento degli algoritmi e sul come il loro comportamento influenza le decisioni prese dai sistemi automatizzati. Decisioni che, in particolare per quanto riguarda i licenziamenti o le sospensioni di account, non potranno essere prese senza un controllo umano. Maggiori tutele anche sul trattamento di dati personali dei lavoratori da parte delle piattaforme, che non potranno andare al di là di quelli strettamente inerenti alla vita lavorativa.
L’Ue stima che i cittadini impiegati nelle piattaforme digitali raggiungeranno i 43 milioni già nel 2025. La Gig economy “ha trasformato il modo in cui consumiamo e lavoriamo e vogliamo che continui a prosperare – ha commentato Nicolas Schmit, commissario Ue per l’Occupazione e gli Affari sociali -, allo stesso tempo, dobbiamo assicurarci che soddisfi gli stessi standard sociali e lavorativi a cui aderiscono le aziende offline”.