Bruxelles – Proprio nel momento in cui Viktor Orbán è atterrato a Bruxelles per partecipare alla tre-giorni di vertice Ue-Balcani Occidentali e del delicatissimo Consiglio Europeo (tenuto in stallo proprio dal premier ungherese), è arrivato il via libera della Commissione Ue. Le riforme giudiziarie dell’Ungheria sono state valutate positivamente, permettendo così lo sblocco di 10,2 miliardi di euro dei fondi della politica di coesione, della pesca e degli Affari interni. “Abbiamo ricevuto garanzie sufficienti per affermare che l’indipendenza del sistema giudiziario sarà rafforzata in Ungheria, tuttavia la decisione di oggi non è la fine del processo”, ha reso noto il commissario responsabile per la Giustizia, Didier Reynders.
La decisione era attesa da settimane, anche per una questione di tempistiche tecniche legate a un altro dossier, che invece ha ricevuto parere negativo (e anche qui senza sorprese): i 6,3 miliardi di euro bloccati dal meccanismo di condizionalità sullo Stato di diritto. “Dopo una valutazione approfondita e diversi scambi con il governo ungherese, la Commissione ritiene che l’Ungheria abbia adottato le misure che si era impegnata a prendere” in merito alle condizioni abilitanti orizzontali – ovvero ai collegamenti tra esborso dei fondi e violazione della Carta dei diritti fondamentali dell’Ue – è quanto si legge nella nota del Berlaymont arrivata nel tardo pomeriggio di oggi (13 dicembre). Il nodo era quello dell’indipendenza giudiziaria, che si sarebbe risolto con quattro misure adottate da Budapest: aumento dei poteri del Consiglio giudiziario nazionale indipendente – “per limitare influenze indebite e decisioni discrezionali e garantire un’amministrazione più obiettiva e trasparente dei tribunali” – riforma del funzionamento della Corte Suprema “per limitare i rischi di influenza politica”, eliminazione del ruolo della Corte Costituzionale nella revisione delle decisioni finali dei giudici su richiesta delle autorità pubbliche e della possibilità per la Corte Suprema di rivedere le questioni che i giudici intendono sottoporre alla Corte di Giustizia dell’Ue.
In termini pratici, questo significa che “una parte dei finanziamenti della politica di coesione non sarà più bloccata” e l’Ungheria potrà iniziare a richiedere rimborsi “fino a circa 10,2 miliardi di euro”. La Commissione promette di controllare attraverso “audit, impegno attivo con le parti interessate e comitati di monitoraggio” l’applicazione delle misure ungheresi e “in qualsiasi momento” potranno essere nuovamente bloccati i finanziamenti se saranno violate le condizioni abilitanti orizzontali. Rimangono invece congelate altre tre aree coperte dalle condizioni abilitanti orizzontali, per cui l’indipendenza giudiziaria non era l’unico ostacolo: “Le preoccupazioni riguardano la cosiddetta legge ungherese sulla protezione dei minori, i gravi rischi per la libertà accademica e il diritto di asilo“, precisa la Commissione.
Come specifica sempre il gabinetto von der Leyen (anche se va rilevata ancora mancanza di trasparenza sugli specifici fondi bloccati o scongelati), i finanziamenti ora in stallo per l’Ungheria “ammontano a circa 21 miliardi di euro”. E qui bisogna considerare altre due questioni: il meccanismo di condizionalità sullo Stato di diritto e il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Sul primo scoglio “la Commissione ritiene che il Paese non abbia affrontato le violazioni dei principi dello Stato di diritto che hanno portato all’adozione delle misure” decise dal Consiglio nel dicembre 2022 e per questo motivo il gabinetto von der Leyen “non è in grado di proporre l’adeguamento o la revoca delle misure contro l’Ungheria”. La seconda questione riguarda i 5,8 miliardi del Pnrr dell’Ungheria vincolati da 27 super-obiettivi: “Poiché i super-obiettivi non sono stati pienamente rispettati, per il momento non è possibile erogare alcuna richiesta di pagamento“, riferisce l’esecutivo comunitario, precisando che 4 su 27 riguardano l’indipendenza giudiziaria e 21 su 27 corrispondono alle misure correttive del meccanismo di condizionalità. L’importo totale del Pnrr unghere è salito a 10,4 miliardi con il via libera al capitolo RePowerEu da 4,6 miliardi di euro, con i suoi 900 milioni di euro di pre-finanziamento automatico e non vincolato)
I fondi Ue congelati all’Ungheria
Stando ai dati più accurati forniti a maggio scorso dagli stessi servizi della Commissione, i fondi Ue destinati all’Ungheria congelati da Bruxelles si attestavano a 28,6 miliardi di euro, divisi in tre macro-aree: Piano nazionale di ripresa e resilienza (5,8 miliardi), fondi della politica di coesione (22,6 miliardi) e fondi per gli Affari interni (223 milioni). Le tre strade procedono in parallelo, ciascuna con una procedura specifica (o più, in base alla natura dei finanziamenti). La prima considera i “27 super-obiettivi” sullo Stato di diritto stabiliti il 30 novembre dello scorso anno dalla Commissione per sbloccare i fondi del Pnnr dell’Ungheria, ovvero 5,8 miliardi in sovvenzioni. Quanto ci si attende da Budapest è che venga rafforzata l’indipendenza giudiziaria, in modo che le decisioni dei giudici siano “protette da interferenze politiche esterne”.
Il secondo capitolo – decisamente il più complesso – è quello che riguarda i fondi della politica di coesione, che per l’Ungheria valgono complessivamente 22,6 miliardi di euro come finanziamenti dal budget comunitario. Di questi fondi 6,3 miliardi sono stati congelati attraverso il meccanismo di condizionalità sullo Stato di diritto per decisione del Consiglio nel dicembre 2022 (e che rimangono congelati). Si tratta di una procedura a sé stante che riguarda il 55 per cento dei fondi destinati all’Ungheria da tre programmi operativi finanziati dal Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr), dal Fondo di coesione, dal Fondo per la transizione giusta (Jtf) e dal Fondo sociale europeo Plus (Fse+): ‘Ambiente ed efficienza energetica Plus’, ‘Trasporto integrato Plus’, e ‘Sviluppo territoriale e degli insediamenti Plus’.
Dei restanti 16,3 miliardi, 12,9 miliardi erano vincolati solo all’implementazione delle riforme giudiziarie (senza ulteriori criteri) e si tratta di quelli che sono stati in parte sbloccati da Bruxelles dopo la richiesta di revisione. I restanti 3,4 miliardi sono bloccati per il mancato rispetto delle condizioni abilitanti orizzontali – ovvero le condizioni necessarie per quanto riguarda la Carta dei diritti fondamentali dell’Ue – in tre controversie tra la Commissione e l’Ungheria: la legge ‘sulla protezione dell’infanzia’ (la legge anti-Lgbtq+), quella sull’indipendenza accademica e quella sul trattamento riservato alle persone richiedenti asilo. La prima questione è responsabile per lo stallo del 3 per cento del budget della politica di coesione (cioè 678 milioni), la secondo del 9 per cento (oltre 2 miliardi) e la terza di un ulteriore 3 per cento (altri 678 milioni). Per sbloccare questi fondi non è sufficiente mettere fine alle questioni legate all’indipendenza del sistema giudiziario (anche se rimane per tutti questi un pre-requisito), dal momento in cui devono essere risolte anche le pendenze riguardanti le altre condizioni abilitanti orizzontali.
C’è infine da considerare l’ultima questione, quella dei 223,1 milioni di euro di tre programmi dei Fondi per gli Affari interni. Come appreso da Eunews a febbraio da fonti interne all’esecutivo comunitario – e poi confermato di nuovo a metà novembre – si tratta di 69,8 milioni dal Fondo Asilo, migrazione e integrazione (Amif), 102,8 dallo Strumento per la gestione delle frontiere e i visti (Bmvi) e 50,5 dal Fondo sicurezza interna (Isf). Tuttavia, data la mancanza di trasparenza della Commissione, è difficile al momento capire quali parti di questi fondi siano state scongelate. Secondo quanto si può leggere nelle decisioni di implementazione, solo i fondi Isf e Bmvi sono legati esclusivamente alle questioni giudiziarie, mentre quelli Amif anche ad asilo, non respingimento e rimpatri: ne risulterebbe uno sblocco di 153,3 milioni su 223,1.