Bruxelles – Poco più di due ore sono bastate al Parlamento e Consiglio Ue per trovare oggi (7 dicembre) un accordo politico sulla revisione della direttiva sulla prestazione energetica degli edifici (Energy Performance of Building Directive), la cosiddetta direttiva case green tanto criticata in Italia e proposta dall’Esecutivo comunitario a dicembre 2021 per alzare gli standard energetici del parco immobiliare dell’Ue, dal momento che gli edifici sono responsabili di circa il 40 per cento del consumo energetico europeo e del 36 per cento delle sue emissioni di CO2.
Nell’accordo finale i negoziatori hanno ammorbidito parte delle richieste iniziali della Commissione europea per andare incontro alle richieste di Paesi come l’Italia, dove la proposta ha alimentato un’aspra polemica soprattutto per quanto riguarda la parte relativa ai finanziamenti e agli standard minimi di prestazione energetica.
Standard minimi di prestazione con esenzioni
Al centro della proposta dell’Esecutivo comunitario ci sono gli standard minimi di prestazione energetica – contenuti nell’articolo 9 – con cui Bruxelles aveva proposto di inserire un obbligo di ristrutturare almeno il 15 per cento degli edifici con le peggiori prestazioni in ciascun paese dell’Ue. I negoziatori hanno confermato di volersi lasciare alle spalle l’idea di inserire requisiti di ristrutturazione dell’Ue per i singoli edifici basati su classi energetiche armonizzate, preferendo un approccio in cui vengono stabilite le medie di riferimento per ciascun Paese sull’intero patrimonio edilizio.
Per gli edifici non residenziali, i negoziatori hanno stabilito che almeno il 16 per cento degli edifici con le peggiori prestazioni sarà destinato alla ristrutturazione entro il 2030 e il 26 per cento entro il 2033. Quanto agli edifici residenziali, le case, si applicherà un obiettivo medio settoriale di riduzione dell’energia, con una riduzione del consumo energetico del 16 per cento nel 2030 e del 20-22 per cento entro il 2035.
L’impianto generale della proposta della Commissione europea viene conservato e dunque a partire dal 2030 tutti i nuovi edifici residenziali dovranno essere costruiti per essere a emissioni zero. Per gli edifici pubblici, questo standard si applicherà a partire dal 2028. Entro il 2050 l’intero patrimonio edilizio esistente dovrà a emissioni zero. Per garantire flessibilità ai governi, le misure di ristrutturazione adottate dal 2020 saranno conteggiate ai fini dell’obiettivo ed è prevista, apprende Eunews da fonti vicine al negoziato, una clausola aggiuntiva che mira a premiare “gli sforzi iniziali”, ovvero premia gli Stati membri che hanno adottato misure tempestive. L’accordo prevede inoltre una serie di esenzioni che gli Stati membri possono applicare per gli edifici storici, per gli edifici agricoli, per scopi militari e, ancora, edifici utilizzati solo temporaneamente.
Tetti solari e stop alle caldaie a gas
Tra i dettagli stabiliti nel corso del negoziato di oggi, iniziato a Bruxelles intorno alle 16:30, è stato posticipato dal 2035 (come da proposta dell’esecutivo comunitario) al 2040 l’obbligo di dire addio alle caldaie alimentate da combustibili fossili per il raffrescamento e riscaldamento delle case, una questione cara anche all’Italia. I co-legislatori hanno inoltre concordato di porre fine a tutti i sussidi per le caldaie autonome entro il 2025.
Quanto all’installazione di pannelli solari sui tetti, l’obbligo riguarderà solo i nuovi edifici, gli edifici pubblici e non residenziali a partire rispettivamente dal 2026 al 2030. Ma gli Stati membri dovranno inoltre attuare strategie, politiche e misure nazionali per l’installazione di impianti solari anche negli edifici residenziali.
L’accordo politico andrà ora formalmente approvato da entrambe le istituzioni, separatamente. A detta del relatore per l’Eurocamera, l’eurodeputato dei Verdi Ciarán Cuffe, il voto del Parlamento europeo per confermare l’accordo dovrebbe svolgersi a febbraio. E una volta approvato, l’attuazione dovrebbe iniziare nel 2026.
“Grazie a questo accordo potremo migliorare la prestazione energetica degli edifici, ridurre le emissioni e contrastare la povertà energetica”, ha commentato Teresa Ribera, ministra spagnola per la transizione che ha guidato il negoziato per conto del Consiglio Ue. “Questo è un ulteriore grande passo avanti verso l’obiettivo dell’UE di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050”. Soddisfatta anche la commissaria europea per l’energia, Kadri Simson, secondo cui “non si tratta solo di strumenti importanti per realizzare le nostre ambizioni climatiche, ma anche di una serie di misure concrete che migliorano la vita dei nostri cittadini, riducono le bollette energetiche e rilanciano l’economia”.