Bruxelles – Mentre il nostro pianeta è alle prese con la minaccia sempre più urgente dei cambiamenti climatici, non si può sottolineare a sufficienza l’importanza della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. In occasione della COP 28 – a Dubai dal 30 novembre al 12 dicembre 2023 – il Comitato economico e sociale europeo (CESE) parteciperà attivamente ai negoziati annuali, come già nelle edizioni precedenti.
Nel corso del 2023, che secondo gli scienziati è l’anno più caldo della storia umana, nessuna regione del mondo è rimasta immune dalle conseguenze dell’aumento delle temperature. Tuttavia, nonostante queste prove schiaccianti, vi è un divario enorme tra le politiche in atto e le misure che devono essere adottate.
In occasione della COP 28 si concluderà il primo bilancio globale dell’attuazione dell’accordo
di Parigi. Nella loro risposta a questo bilancio, i governi hanno l’opportunità e la responsabilità di ridefinire l’ambizione globale.
Tuttavia, osserviamo con preoccupazione che alcuni attori stanno agendo contro gli obiettivi dell’accordo di Parigi cercando opportunità per espandere le esportazioni di petrolio e gas e mantenere i paesi in una condizione di dipendenza dai combustibili fossili. Nella risoluzione sul tema “Affrontare insieme una minaccia per la nostra stessa esistenza: le parti sociali e la società civile a favore dell’attuazione di un’azione ambiziosa per il clima”, adottata nel 2022, il CESE ha sottolineato che le decisioni politiche devono basarsi sulla scienza e sui dati scientifici, ha chiesto di abolire fin da ora le sovvenzioni ai combustibili fossili e ha esortato la Commissione europea e gli Stati membri dell’Ue ad assumere un ruolo guida e ad aggiornare i contributi determinati a livello nazionale (NDC). Questi messaggi rimangono sicuramente validi, e sono ora diventati anche più urgenti.
La delegazione del CESE alla COP 28 terrà dialoghi costruttivi e parteciperà a riunioni bilaterali e a eventi collaterali, invitando le istituzioni dell’Ue e i governi degli Stati membri a darsi obiettivi climatici più ambiziosi, in linea con la ricerca e i dati scientifici, e rivolgendo un’attenzione particolare al ruolo della società civile organizzata nell’accelerare l’azione per il clima. Quest’anno il CESE concentra i propri sforzi su due dossier negoziali specifici con l’adozione, da un lato, di un contributo sull’attuazione dell’azione per il clima in materia di alimentazione e agricoltura e, dall’altro, di un contributo sul programma di lavoro per una transizione giusta.
Per quanto riguarda l’agricoltura e la sicurezza alimentare, il CESE chiede che siano attuati tre principi fondamentali. In primo luogo, abbiamo bisogno di un approccio politico globale che integri le considerazioni climatiche nelle politiche agricole e alimentari. In secondo luogo, sottolineiamo l’importanza di democratizzare i sistemi agroalimentari e di adottare un approccio alla governance basato sui diritti. Infine, segnaliamo la necessità di garantire un’assegnazione equa ed efficace dei finanziamenti per il clima all’agricoltura, sostenendo iniziative che promuovano la resilienza, la sostenibilità e la giustizia sociale nel settore. Queste raccomandazioni sono in linea con l’obiettivo più ampio di creare un sistema alimentare globale resiliente, inclusivo e sostenibile dal punto di vista ambientale.
Garantire una transizione giusta è essenziale per tutti i paesi, a prescindere dal loro livello di sviluppo, come pure per tutti i settori economici – non solo per l’approvvigionamento energetico –, e sia per le zone urbane che per quelle rurali. Pur trattandosi di un impegno facile da sottoscrivere, esso è difficile da realizzare. Per quanto riguarda il programma di lavoro per una transizione giusta, il CESE chiede che il processo presenti un chiaro valore aggiunto, sia fondato su un approccio basato sui diritti e garantisca il dialogo sociale e la partecipazione attiva delle comunità interessate.
Alla luce delle discussioni in corso sul clima, è fondamentale prendere atto dell’ultima relazione Oxfam, che rivela disuguaglianze allarmanti sul piano dell’impatto climatico. Secondo questa relazione, l’1 per cento della popolazione mondiale, quella più ricca, produce più emissioni che incidono sul riscaldamento del pianeta rispetto all’intero 50 per cento della popolazione più povera. Questo contrasto così marcato sottolinea l’urgente necessità di un’azione per il clima che sia equa, e pone in evidenza l’importanza di combattere le disparità socioeconomiche nel perseguimento di un futuro sostenibile.
Al di là dei negoziati intergovernativi, sono convinto che la COP 28 debba fungere da catalizzatore per consentire a un’ampia gamma di portatori di interessi, tra cui le imprese, la società civile e la comunità scientifica, di intraprendere un’azione ambiziosa a favore del clima. Questa inclusività è un elemento fondamentale, poiché la lotta ai cambiamenti climatici richiede un approccio pluridimensionale che valorizzi le competenze, il chiaro impegno e le risorse dei diversi settori coinvolti.
I risultati di questa Conferenza avranno grandi conseguenze per il futuro dei nostri cittadini e del nostro pianeta. La comunità internazionale deve cogliere questa opportunità per rafforzare gli impegni, accelerare l’azione per il clima e garantire che le promesse fatte nel quadro dell’accordo di Parigi si traducano in risultati concreti e sostenibili. Mi auguro che la COP 28 rappresenti un impegno condiviso per salvaguardare il futuro del nostro pianeta.