Bruxelles – Dalle scatole nere alle scatole ‘green’ per misurare le emissioni di CO2 delle auto private, non più basato solo sulla classe Euro del motore ma sulla rilevazione del comportamento puntuale dei singoli veicoli. L’idea prende forma oggi (5 dicembre) al Parlamento europeo di Bruxelles, dove sono stati presentati i risultati della ricerca condotta dal The Urban Mobility Council (Tumc), il think tank nato nel 2022 su iniziativa del gruppo Unipol, in collaborazione con il Politecnico di Milano.
In un momento in cui Bruxelles si muove verso la fine del motore endotermico (lo stop di auto a benzina e diesel partirà dal 2035) e regole più stringenti sugli standard Euro, la ricerca “Greenbox: l’uso della telematica per un nuovo paradigma di sostenibilità”, realizzata in collaborazione con il Politecnico di Milano, osserva e conclude “che non tutte le auto Euro 4 sono da rottamare e non tutte le Euro 6 sono virtuose”. Lo studio ha analizzato le emissioni di un campione di 3mila veicoli immatricolati su tutto il territorio italiano nel 2022 in tre classi identiche di mille auto per ciascun motore Euro 4, Euro 5 ed Euro 6.
Gli standard di emissione Euro fissano limiti alle emissioni di diversi inquinanti atmosferici come il particolato e le emissioni di ossido di azoto (NOx) causate dall’usura di freni e pneumatici (che, secondo Bruxelles, stanno per diventare le principali fonti di emissioni di particolato dai veicoli). Dall’analisi condotta sui mille veicoli Euro 4 e dei mille Euro 6 risulta, ad esempio, che le emissioni medie totali effettive di CO2 degli Euro 4 per anno (4.350kg) sono superiori di circa il 20 per cento rispetto a quelle medie degli Euro 6 (3650 kg). Ma mettendo a confronto le emissioni effettive (e non medie) dei due gruppi di veicoli, la ricerca osserva che il 26 per cento dei veicoli Euro 4 emette meno CO2 rispetto a quelli Euro 6. Questo perché l’impatto ambientale di un veicolo, secondo lo studio, non dipende solo dal motore o dal veicolo, ma anche da come e quanto viene utilizzata l’automobile.
Propone dunque “un nuovo paradigma”, per “misurare l’effettivo impatto ambientale di ciascuna autovettura” usando scatole nere che in questo caso diventerebbero scatole green, ovvero verdi. Queste ‘green box’ andrebbero a misurare la produzione di gas effetto serra di ogni singolo veicolo (CO2), sulla base – oltre che delle specifiche tecniche del motore – del tipo di strada che si percorre, del chilometraggio, della velocità media e dello stile di guida. Una misurazione che potrebbe facilmente essere estesa ad altre variabili come gli inquinanti (per i centri urbani) o l’occupazione di suolo pubblico o la rischiosità per le persone.
La ricerca è stata presentata oggi al Parlamento europeo di Bruxelles da Matteo Laterza, amministratore delegato di UnipolSai, e Sergio Savaresi, direttore del Dipartimento Elettronica Informazione e Bioingegneria del Politecnico di Milano, su iniziativa dell’eurodeputato Giuseppe Ferrandino (Renew Europe). Alla tavola rotonda hanno partecipato l’eurodeputata Maria Veronica Rossi, membro della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare del Parlamento europeo, Massimiliano Salini, membro della commissione per i trasporti e il turismo e Patrizia Toia per la commissione per l’industria, la ricerca e l’energia del Parlamento europeo e Dario Dubolino della Commissione europea.
Modificare lo stile di guida “può contribuire in modo più che proporzionale a ridurre le emissioni di CO2 rispetto a quanto si potrebbe ottenere attraverso un processo di conversione totale del parco auto verso modelli Euro 6 o 7” ed è “un aspetto su cui vale la pena di fare degli approfondimenti”, ha precisato l’amministratore delegato di UnipolSai, Matteo Laterza, prima dell’avvio della Tavola rotonda.