Bruxelles – Non c’era nessun rappresentante di Tel Aviv al vertice dell’Unione per il Mediterraneo (Ufm) tenutosi oggi (27 novembre) a Barcellona. Ma sicuramente arriveranno come uno schiaffo anche in Israele i toni durissimi usati dal segretario generale, Nasser Kamal, e dal ministro degli Esteri della Giordania, Ayman Al-Safadi, sui bombardamenti che in un mese hanno mietuto 15 mila vittime nella Striscia di Gaza. E che, una volta finita la tregua in corso da venerdì, con ogni probabilità riprenderanno con la stessa intensità.
“Questa follia deve fermarsi ora”, ha tuonato il segretario generale dell’Ufm puntando il dito contro il “completo disprezzo per il diritto internazionale umanitario” mostrato da Israele dopo il brutale attacco terroristico compiuto da Hamas lo scorso 7 ottobre. Dal vertice, che avrebbe dovuto celebrare i 15 anni dell’Ufm ma che alla fine è stato dedicato interamente alla crisi in Medio Oriente, non è uscita nessuna dichiarazione congiunta, a dimostrazione della distanza che permane tra i 27 Paesi Ue e i 16 partner del Mediterraneo meridionale e orientale. Anzi, lo stesso Kamal ha sottolineato l’urgenza di “rispondere insieme” sulle accuse dell’utilizzo di doppi standard in Europa e in Medio Oriente, in Ucraina e a Gaza.
L’attacco più duro a Tel Aviv è stato quello del ministro Al-Safadi, co-presidente del vertice. “La guerra che vediamo in corso a Gaza è solo una delle manifestazioni dell’orrore che l’occupazione ha portato ai palestinesi da decenni“, ha dichiarato. E il risultato “delle politiche di un governo che ha lavorato sistematicamente per minare le prospettive di pace e per negare i diritti dei palestinesi”. Per Al-Safadi è sufficiente fare uno sforzo di onestà intellettuale per rendersi conto del quadro reale. Se contestualizzato, il conflitto di oggi “non è iniziato il 7 ottobre”, anche perché parallelamente il 2023 era già stato “l’anno più sanguinoso per la popolazione della Cisgiordania”. Un anno che ha visto un susseguirsi di violenze da parte delle forze di difesa israeliane e dei coloni nei territori occupati, istigati da dichiarazioni vergognose dei ministri di estrema destra del governo Netanyahu che “negavano l’umanità del popolo palestinese”.
A vertice già concluso, è arrivata la notizia della proroga della pause delle ostilità per altri due giorni. Da venerdì sono stati rilasciati 58 ostaggi da Hamas, in cambio della liberazione di più di 100 prigionieri palestinesi dalle carceri israeliane. E nella Striscia di Gaza sono entrati, secondo l’Unrwa, 248 camion carichi di aiuti umanitari. “L’accordo sulla tregua e il rilascio di ostaggi è un primo step importante, ma molto di più è necessario per alleviare la situazione a Gaza e trovare una via d’uscita alla crisi attuale. Le pause dovrebbero essere estese per renderle sostenibili e durevoli mentre si lavora a una soluzione politica”, aveva dichiarato in mattinata al vertice l’Alto rappresentante Ue, Josep Borrell. Che ha voluto sottolineare che, nonostante le divergenze, alcuni paletti sono fissati e condivisi da tutti: che “il diritto umanitario si applica per tutti, sempre e senza eccezioni, che il numero di vittime civili è altamente sproporzionato”.
Ma il dibattito non si è limitato a dare un nome a ciò che è successo: l’Ufm ha indicato tre principi per il futuro basato sulla soluzione dei due Stati. “No al ritorno di Hamas a Gaza, no allo smembramento e alla ricolonizzazione di Gaza da parte di Israele, no agli insediamenti illegali in Cisgiordania”, ha elencato Borrell, che si è detto “sconvolto” dal piano da 43 milioni di dollari del governo israeliano per sostenere ancora le attività dei coloni nella West Bank. Se Borrell ha provato a sottolineare i punti in comune con i partner del Mediterraneo, l’omologo giordano ha messo in luce il bicchiere mezzo vuoto: “Alcuni nostri colleghi chiamano ancora autodifesa l’uccisione di 15 mila palestinesi, la distruzione di casa e di ospedali, il blocco di cibo acqua e medicine. Noi la chiamiamo aggressione brutale. Alcuni si rifiutano ancora di chiedere un cessate il fuoco”. E incalza i colleghi che si riempiono la bocca con la pluridecennale soluzione dei due stati: “Siamo chiari su cosa significhi – ha dichiarato -, significa mettere fine all’occupazione israeliana, rispettare i diritti dei palestinesi, conformarsi al diritto internazionale”. E se Israele rifiuta di impegnarsi “coma fa da trent’anni”- si chiede Al-Safadi- cosa faremo?”.
I’m appalled to learn that in the middle of a war, the Israeli gov is poised to commit new funds to build more illegal settlements.
This is not self-defence and will not make Israel safer. The settlements are grave IHL breach, and they are Israel’s greatest security liability.
— Josep Borrell Fontelles (@JosepBorrellF) November 27, 2023