Bruxelles – Un adeguamento “mirato” della direttiva Ets applicata ai porti e una clausola transitoria per consentire un periodo di applicazione differita del mercato europeo del carbonio al trasporto marittimo. Sono alcune delle richieste che i ministri dell’ambiente e dell’energia di Italia, Cipro, Croazia, Grecia, Malta, Portogallo e Spagna hanno avanzato in una lettera alla Commissione europea per chiedere a Bruxelles di riconsiderare i piani per includere il trasporto marittimo nel sistema di scambio delle emissioni dell’Ue (ETS).
Parte centrale dell’ambizioso pacchetto sul clima ‘Fit for 55’ è la revisione del sistema Ets, il mercato europeo del carbonio operativo dal 2005 che ad oggi copre il settore energetico, industriale e i voli commerciali dentro l’Ue, obbligando poco più di 10mila centrali elettriche e fabbriche ad alta intensità energetica (come l’acciaio o la chimica) a comprare un permesso per ogni tonnellata di CO₂ emessa, come disincentivo finanziario per far inquinare di meno. Nella revisione prevista dal ‘Fit for 55’, l’Ets si applicherà anche al settore dei trasporti marittimi a partire dal 2024. Gradualmente (la traiettoria stabilita è di 40 per cento per le emissioni verificate a partire dal 2024, 70 per cento per il 2025 e 100 per cento per il 2026), la tassa richiederà agli armatori di acquistare crediti per ogni tonnellata di emissioni di CO₂ prodotte nei viaggi.
A quanto si apprende a Bruxelles, la lettera ha lasciato le sette Capitali lo scorso 25 ottobre ed è stata indirizzata al vicepresidente esecutivo della Commissione europea per il Green Deal europeo, Maroš Šefčovič, al commissario europeo per i Trasporti, Adina Vălean, e al commissario europeo per l’Azione per il clima, Wopke Hoekstra. E si inquadra nel pieno delle preoccupazioni dei Paesi ‘portuali’ dell’Ue per l’entrata in vigore della direttiva Ets rivista.
Il regime Ets che entrerà in vigore nel 2024 “potrebbe indurre le emissioni verso altre parti del mondo e persino aumentare il volume delle emissioni di gas serra attraverso rotte più lunghe per evitare gli scali nei porti dell’Ue”, denunciano i sette ministri, ricordando che “i rischi di effetti negativi vanno ben oltre il settore marittimo e il rischio di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio, e questo è uno dei motivi per cui vi stiamo scrivendo – queste preoccupazioni sono anche di natura socio-economica”.
La Commissione europea sta già lavorando per pubblicare entro la fine dell’anno – come previsto dalla revisione stessa – un atto delegato per indicare un elenco dei porti di trasbordo di container limitrofi entro le 300 miglia marittime dall’Ue a cui estendere la tassazione. Per i firmatari della lettera, questa misura non risolve “completamente il problema e non è sufficiente per affrontare i rischi che stiamo affrontando”, mettono in guardia. Tra le altre cose, i ministri chiedono “un adeguamento mirato della direttiva ETS in ambito marittimo”, una clausola transitoria per consentire un periodo di applicazione differita dell’ETS e misure concrete per contenere ed evitare il trasferimento delle operazioni dai porti dell’Ue a quelli dei Paesi terzi confinanti, già nella relazione del 2024 o anche prima, se necessario. Nonostante le pressioni dei Paesi è difficile che la Commissione europea intervenga per sospendere o rimandare l’entrata in vigore degli obiettivi, dal momento che sulla revisione della direttiva i due co-legislatori dell’Ue – Parlamento e Consiglio – hanno raggiunto un accordo proprio a dicembre di un anno fa.