Bruxelles – Il primo ottobre è entrata in vigore la Convenzione di Istanbul, il trattato internazionale sulla prevenzione e la lotta contro la violenza sulle donne e la violenza domestica, ma la lotta contro uno dei crimini più pervasivi e meno perseguiti – anche in Europa – non è ancora finita. L’Unione europea sta cercando di sciogliere le resistenze dei suoi Stati membri su una nuova legislazione comunitaria che introduca una definizione armonizzata del reato di stupro. Ma non sarà facile.
A 48 ore dal 25 novembre, la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, l’Eurocamera ha tenuto all’emiciclo di Strasburgo un dibattito per sottolineare l’urgenza dell’adozione della direttiva presentata dalla Commissione europea l’8 marzo 2022. “Il tempo stringe”, ha avvisato la vicepresidente dell’esecutivo Ue, la croata Dubravka Šuica. A giugno ci saranno le elezioni europee, e terminare il mandato senza una legislazione forte in materia di contrasto alla violenza di genere sarebbe una cocente sconfitta per il gabinetto di Ursula von der Leyen, che aveva promesso passi avanti sul tema.
La proposta della Commissione è ferma da quest’estate ai triloghi (la fase di negoziazioni interistituzionali), perché le posizioni adottate dal Consiglio dell’Ue e dal Parlamento europeo sono troppo distanti. Inconciliabili, almeno sul punto più dibattuto: l’introduzione del reato di stupro per assenza di consenso. Previsto nel testo originale dell’esecutivo comunitario assieme alla criminalizzazione della mutilazione femminile e ad una serie di reati informatici, il paragrafo è stato rimosso nella versione adottata dai 27 al Consiglio Giustizia dello scorso 9 giugno a causa dell’opposizione di Germania, Austria e Paesi Bassi. Un’opposizione, come sottolineato nell’occasione da fonti diplomatiche, “non di merito, ma motivata da ragione tecniche e giuridiche”. In realtà sono diversi Stati membri a storcere il naso per l’interferenza in una questione di diritto penale interno, tra cui anche la Francia. Di diverso avviso l’Italia, con il guardasigilli Carlo Nordio che aveva espresso “forte rammarico, unitamente alle delegazioni di Grecia, Belgio e Lussemburgo, per non avere mantenuto la previsione di norme di armonizzazione del reato di stupro, che costituisce la forma più grave di violazione della libertà sessuale delle donne”.
Ma sull’articolo 5 della proposta l’Eurocamera e la Commissione Ue non sembrano disposte a compromessi: se salta quello, rischia di saltare l’intera direttiva. L’ha chiarito in Aula la presidente del gruppo dei Socialdemocratici, Iratxe Garcia Perez, secondo cui “non possiamo avere una direttiva europea contro la violenza di genere che non includa lo stupro, perché questa è una delle forme più estreme di violenza contro le donne. Solo sì significa sì. Il sesso senza consenso è stupro”. E l’ha ribadito la relatrice del testo adottato dall’Eurocamera, Evin Incir: “Siamo determinati a combattere con gli Stati membri, è del tutto inaccettabile che i governi nazionali abbiano annacquato la proposta della Commissione rimuovendo la criminalizzazione dello stupro”. Perché “le generazioni future non dovrebbero mai chiedersi se il sesso senza consenso sia uno stupro”.
Poche discussioni invece sugli altri punti della direttiva: la criminalizzazione della pratica della mutilazione genitale femminile – Bruxelles stima che 600mila donne in Europa e 200 milioni di donne nel mondo abbiano subito mutilazioni genitali femminili – e di diversi reati di violenza online, come la condivisione non consensuale di immagini intime, lo stalking e le molestie online, l’istigazione alla violenza e all’odio in rete. La direttiva mira inoltre a garantire che le vittime di violenza abbiano facile accesso alla giustizia, il diritto di chiedere il risarcimento e accesso immediato a linee di assistenza gratuite e a centri di anti-stupro.
Il femminicidio di Giulia Cecchettin nelle parole delle eurodeputate
Il dibattito è stato enfatizzato a livello emotivo dall’ultimo atroce femminicidio di Giulia Cecchettin: già commemorato dalla presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, è stato ricordato a più riprese anche nell’aula comunitaria. “Non so come vi faccia sentire, but I’m fuckin furious“, ha tuonato a riguardo la leader dei Verdi, Terry Reintke. E poi le eurodeputate italiane, Alessandra Moretti e Camilla Laureti (Pd), Caterina Chinnici (Fi), Susanna Ceccardi e Isabella Tovaglieri (Lega). “Siamo addolorate ma soprattutto molto arrabbiate, basta con il silenzio, è ora di fare rumore”, ha dichiarato Laureti. “Poteva essere nostra figlia, sorella, una di noi. E il ragazzo che l’ha uccisa nostro figlio, nostro fratello, uno di voi (uomini, ndr), ha sottolineato Chinnici.
Tutte d’accordo, da destra a sinistra, sulla portata di un fenomeno strutturale, per cui “serve una vera rivoluzione educativa che scardini la cultura patriarcale e misogina che continua a uccidere le donne”, ha commentato Moretti. Per “superare la cultura del possesso e del controllo”, le eurodeputate dem sono convinte della necessità di introdurre come materia scolastica obbligatoria “l’educazione all’affettività e al rispetto reciproco”. La desolante osservazione fatta dalla leghista Ceccardi suona come una sentenza, anche per gli eletti europei:”Oggi in Aula purtroppo ci sono pochi uomini, siamo tutte donne. Di questo dobbiamo interrogarci. Questo è un dibattito esclusivamente per donne, o riguarda anche i padri e i figli?”.
A ben vedere, un eurodeputato italiano è intervenuto nel dibattito: il pentastellato Fabio Massimo Castaldo, che ha definito “inaccettabile e vergognoso” il tentativo del Consiglio dell’Ue di “annacquare” la direttiva sulla lotta alla violenza contro le donne e ha fatto eco alle colleghe: “Occorre mettere in piedi legislazioni chiare e stringenti sia a livello europeo che nazionale, basate su prevenzione, istruzione e sostegno alle strutture che operano per tutelare vittime. Ma soprattutto occorre sconfiggere la vergognosa cultura del possesso“.