Bruxelles – Non è un via libera ai fondi Ue all’Ungheria, ma solo un’implementazione automatica del Dispositivo per la ripresa e la resilienza (Recovery and Resilience Facility, Rrf). Eppure l’approvazione del capitolo RePowerEu da 4,6 miliardi di euro relativo al Piano nazionale di ripresa e resilienza dell’Ungheria arriva per ironia della sorte proprio a pochi giorni dalla nuova campagna del premier Viktor Orbán contro l’Unione Europea e più nello specifico contro la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen. La leader della stessa istituzione comunitaria che ha messo il sigillo sull’erogazione di un pre-finanziamento da 900 milioni di euro.
Il via libera di oggi (23 novembre) riguarda solo la parte aggiuntiva del Pnrr approvato esattamente un anno fa – su condizione – relativa alle modifiche per l’aggiornamento del Piano con un capitolo RePowerEu per l’indipendenza energetica. Come specifica in una nota l’esecutivo comunitario il Piano ungherese ha ora un valore di 10,4 miliardi di euro (6,5 miliardi di euro in sovvenzioni e 3,9 miliardi di euro in prestiti) “e copre 67 riforme e 47 investimenti”. Ma va ricordato che i 27 super-obiettivi fissati l’anno scorso da Bruxelles per garantire la tutela degli interessi finanziari dell’Unione contro abusi sullo Stato di diritto “rimangono invariati”. Questo significa che “nessuna erogazione a seguito di una richiesta di pagamento sarà possibile finché l’Ungheria non avrà attuato in modo soddisfacente questi super-obiettivi”. Ma allora va chiarita l’erogazione dei 900 milioni di pre-finanziamento. “Gli Stati membri possono chiedere pre-finanziamenti specificamente per l’implementazione del capitolo sul RePowerEu, che non è condizionato dai super-obiettivi“, ha precisato la portavoce della Commissione Ue responsabile per gli Affari economici e sociali, Veerle Nuyts, spiegando la logica dietro a questa scelta del Dispositivo: “È per l’urgenza di muoversi verso gli obiettivi di RePowerEu, considerata la crisi energetica in corso e per fornire la sufficiente liquidità agli Stati membri per iniziare i progetti”.
In altre parole il Recovery and Resilience Facility prevede due strade diverse per i pre-finanziamenti nel Piano originario e nel capitolo RePowerEu: quelli di RePowerEu vengono sborsati “automaticamente e senza condizioni”, diversamente da quelli del Pnrr originario “per cui valgono i super-obiettivi” e che avevano come scadenza per la presentazione il dicembre 2021 (per questo l’Ungheria non ha potuto chiedere alcun pre-finanziamento, essendo stato approvato il Piano solo nel novembre 2022 e con condizioni). Dopodiché le due strade si riallineano e qualsiasi tipo di risposta alle richieste di pagamento regolare è vincolato dal rispetto dei 27 criteri sullo Stato di diritto. “Non ci sarà nessun esborso ad alcuna richiesta di pagamento dell’Ungheria del Pnrr – inclusi quelli regolari dei capitoli RePowerEu – fino a quando non troveremo che il Piano soddisfa completamente tutti i 27 super-obiettivi”, è stata chiara la portavoce dell’esecutivo comunitario. Sulla questione dei pre-finanziamenti di RePowerEu la Commissione ha voluto fornire un’ulteriore precisazione: “Dopo il pagamento, il Regolamento prevede altri passi supplementari per monitorare questi pre-finanziamenti”, ha spiegato Nuyts, mettendo in chiaro che in caso di irregolarità “qualsiasi somma sarà detratta dalle future richieste di pagamento regolari“. In aggiunta, “la Commissione può recuperare qualsiasi somma di pre-finanziamento che non è stata compensata alla data di fine del periodo del Dispositivo per la ripresa e la resilienza”, ovvero il 31 dicembre 2026.
Per tutte queste ragioni il portavoce-capo dell’esecutivo Ue, Eric Mamer, ha voluto respingere con forza qualsiasi insinuazione che il via libera di oggi costituisca una sorta di moneta di scambio per l’approvazione da parte del governo Orbán del sostegno all’Ucraina, a partire dall’avvio ai negoziati di adesione che dovrà essere deciso dal Consiglio Europeo il prossimo 14-15 dicembre. “Non stiamo mandando nessun messaggio, stiamo solo implementando un processo deciso dagli Stati membri“, è stata la reazione netta alle domande della stampa: “L’implementazione delle regole non può essere considerata nemmeno una presa di posizione della Commissione sul rispetto dello Stato di diritto da parte dell’Ungheria“. Insomma, va valutato solo ciò che stabilisce il Regolamento RePowerEu e le norme del Dispositivo in merito alle modifiche del Pnrr ungherese per la modernizzazione del settore dell’elettricità, la diffusione delle energie rinnovabili, i trasporti sostenibili, la riqualificazione della forza lavoro per la transizione verde, la decarbonizzazione dell’industria e gli investimenti nelle tecnologie verdi. Si tratta di modifiche a 19 misure del Piano originario, con la richiesta di utilizzare 3,9 miliardi di euro di prestiti Rrf disponibili e di incorporare 0,7 miliardi di euro di sovvenzioni aggiuntive nell’ambito di RePowerEu. Il Consiglio dell’Ue avrà ora quattro settimane di tempo per approvare la valutazione della Commissione e l’esborso dei 900 milioni di euro in pre-finanziamento dei fondi RePowerEu.
Tutti i fondi Ue congelati dell’Ungheria
I fondi Ue destinati all’Ungheria che attualmente sono congelati da Bruxelles si attestano a 28,6 miliardi di euro, divisi in tre macro-aree: Piano nazionale di ripresa e resilienza (5,8 miliardi), fondi della politica di coesione (22,6 miliardi) e fondi per gli Affari interni (223 milioni). Le tre strade procedono in parallelo, ciascuna con una procedura specifica (o più, in base alla natura dei finanziamenti). La prima considera i “27 super-obiettivi” sullo Stato di diritto stabiliti il 30 novembre dello scorso anno dalla Commissione per sbloccare i fondi del Pnnr dell’Ungheria, ovvero 5,8 miliardi in sovvenzioni. Quanto ci si attende da Budapest è che venga rafforzata l’indipendenza giudiziaria, in modo che le decisioni dei giudici siano “protette da interferenze politiche esterne”.
Il secondo capitolo – decisamente il più complesso – è quello che riguarda i fondi della politica di coesione, che per l’Ungheria valgono complessivamente 22,6 miliardi di euro come finanziamenti dal budget comunitario. Di questi fondi 6,3 miliardi sono stati congelati attraverso il meccanismo di condizionalità sullo Stato di diritto per decisione del Consiglio nel dicembre 2022. Si tratta di una procedura a sé stante che riguarda il 55 per cento dei fondi destinati all’Ungheria da tre programmi operativi finanziati dal Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr), dal Fondo di coesione, dal Fondo per la transizione giusta (Jtf) e dal Fondo sociale europeo Plus (Fse+): ‘Ambiente ed efficienza energetica Plus’, ‘Trasporto integrato Plus’, e ‘Sviluppo territoriale e degli insediamenti Plus’.
Dei restanti 16,3 miliardi, 12,9 miliardi sono vincolati solo all’implementazione delle riforme giudiziarie (senza ulteriori criteri) e sono quelli che potrebbero essere sbloccati da Bruxelles dopo la richiesta di revisione. I restanti 3,4 miliardi sono bloccati per il mancato rispetto delle condizioni abilitanti orizzontali – ovvero le condizioni necessarie per quanto riguarda la Carta dei diritti fondamentali dell’Ue – in tre controversie tra la Commissione e l’Ungheria: la legge ‘sulla protezione dell’infanzia’ (la legge anti-Lgbtq+), quella sull’indipendenza accademica e quella sul trattamento riservato alle persone richiedenti asilo. La prima questione è responsabile per lo stallo del 3 per cento del budget della politica di coesione (cioè 678 milioni), la secondo del 9 per cento (oltre 2 miliardi) e la terza di un ulteriore 3 per cento (altri 678 milioni). Per sbloccare questi fondi non basterà mettere fine alle questioni legate all’indipendenza del sistema giudiziario (anche se rimane per tutti questi un pre-requisito), ma dovranno essere risolte anche le pendenze riguardanti le altre condizioni abilitanti orizzontali, come le potenziali violazioni dei diritti umani.
C’è infine da considerare l’ultima questione, quella dei 223 milioni di euro di tre programmi dei Fondi per gli Affari interni. Come appreso da Eunews a febbraio da fonti interne all’esecutivo comunitario – e poi confermato di nuovo questa settimana – si tratta di 69,8 milioni dal Fondo Asilo, migrazione e integrazione (Amif), 102,8 dallo Strumento per la gestione delle frontiere e i visti (Bmvi) e 50,5 dal Fondo sicurezza interna (Isf). E il conto arriva a quei 28,6 miliardi di euro congelati, su cui i servizi dell’esecutivo comunitario continuano a non vedere “sviluppi soddisfacenti che ci consentirebbero di dare una valutazione positiva”, come recentemente reso noto dal commissario per il Bilancio, Johannes Hahn.