Bruxelles – Un’inaugurazione che suona come una sentenza finale sull’annosa questione della doppia sede del Parlamento europeo: falliti i tentativi degli ultimi anni per eliminarla, oggi (21 novembre) Roberta Metsola e la prima ministra francese, Elisabeth Borne, hanno ufficialmente varcato la soglia del nuovo palazzo dell’Eurocamera a Strasburgo. Un edificio all’avanguardia di 15 mila metri quadri, che allarga la sede alsaziana della democrazia europea e che è stato simbolicamente ribattezzato con il nome di Simone Veil, prima donna a presiedere l’aula comunitaria dal 1979 al 1982.
Con la presidente dell’Eurocamera, ad inaugurare degli uffici che saranno in realtà aperti solo tra un anno, c’erano anche i francesi Thierry Breton, commissario Ue per il Mercato Interno, e Stéphane Séjourné, leader dei liberali del gruppo di Renew. Perché l’ampliamento della sede europea di Strasburgo è prima di tutto una vittoria francese. “Questo palazzo è il simbolo di un’Unione europea che si radica ancora di più a Strasburgo“, ha dichiarato la premier Borne, convinta che i nuovi uffici “offriranno migliori condizioni di lavoro per gli eurodeputati e per tutti i membri delle istituzioni europee”.
L’edificio Osmose, che si trova a fianco del palazzo già sede dell’Eurocamera, era stato costruito dalle autorità pubbliche francesi nella speranza di venderlo al Parlamento europeo. Alla fine è stato il governo francese a ricomprarlo e affittarlo al Parlamento europeo con un contratto in leasing di 99 anni per 700 mila euro all’anno. L’accordo finalizzato a luglio prevede che l’Eurocamera possa acquistare in qualsiasi momento la struttura allo stesso prezzo pagato da Parigi (53,5 milioni di euro) meno gli affitti già versati. Alle “condizione finanziarie favorevoli” del canone d’affitto, vanno sommati tutti i costi di manutenzione, energia e sicurezza, per una spesa totale di circa 1 milione e 910 mila euro annuali.
Fino ad ora, per garantire un’area di lavoro sufficiente a tutti i funzionari, l’Eurocamera ha sempre preso in affitto uno spazio dal Consiglio d’Europa (che non è un’istituzione dell’Ue), che ha sede nella capitale alsaziana. “L’acquisizione del palazzo Simone Veil incarna il forte attaccamento del Parlamento europeo alla sua sede di Strasburgo, città di pace, dei diritti dell’uomo e della vita democratica europea”, ha dichiarato Metsola. Ma è anche “la dimostrazione dell’ambizione per lo sviluppo della nostra sede”, che permetterà all’Eurocamera di “rispondere al bisogno di spazi supplementari”. Gli eurodeputati dovranno stare stretti ancora per qualche mese, perché la consegna finale dell’edificio è in realtà prevista per la fine della prossima estate.
L’affare aveva già fatto discutere nei mesi scorsi, con il centro sinistra europeo che aveva definito il nuovo edificio, nel migliore dei casi, “inutile”. A meno di un anno dalle elezioni per rinnovare l’Aula comunitaria, è difficile anche verso gli elettori giustificare l’allargamento di una sede utilizzata per soli tre giorni al mese, in un periodo di ristrettezze economiche per un numero crescente di cittadini europei, a causa della crisi energetica e dell’inflazione scatenate dalla guerra in Ucraina e dalle nuove tensioni internazionali. Punto di vista sintetizzato dall’eurodeputata del Movimento 5 Stelle, Sabrina Pignedoli: “Francamente non se ne sentiva l’esigenza. La sede di Strasburgo è un doppione inutile agli occhi dei cittadini e rappresenta una macchina mangiasoldi che produce tonnellate di anidride carbonica. Anziché fare pressioni per modificare i Trattati e ottenere la sede unica, con questa acquisizione alimentiamo uno spreco infinito pagato con i soldi dei contribuenti”, ha commentato.