Strasburgo, dall’inviata – Passare da un sistema produttivo basato sul riciclo a un sistema basato sul riuso per l’Italia è semplicemente illogico. “Per vent’anni le istituzioni europee, e noi con esse, abbiamo indicato al sistema produttivo di realizzare un sistema avanzato di riciclo. Da vent’anni questa era stata l’indicazione data al sistema produttivo italiano che si è mosso sulla strada del riciclo meglio delle altre imprese europee”, puntualizza il ministro per le imprese e il Made in Italy, Adolfo Urso, che oggi (21 novembre) – alla vigilia di un importante voto all’Eurocamera sugli imballaggi – ha fatto visita a Strasburgo alle delegazioni italiane per chiedere unità di intenti da parte dei deputati italiani.
“Siamo il Paese leader nel campo del riciclo in Europa e nel mondo”, ha rivendicato di fronte ai cronisti, denunciando un sostanziale dietro front della Commissione che ora chiede ai governi di puntare sul riuso, “cambiando le regole del gioco che loro stessi hanno dato vent’anni fa alle imprese europee e questo è illogico”. L’Europarlamento riunito a Strasburgo voterà domani (22 novembre) su uno dei file legislativi più divisivi rimasti da approvare del Green Deal europeo, la proposta di regolamento sugli imballaggi e sui rifiuti da imballaggio, avanzata dalla Commissione europea nel quadro del pacchetto sull’economia circolare il 30 novembre 2022 con l’obiettivo primario di ridurre i rifiuti da imballaggio, aumentando il contenuto riciclato dei prodotti e fissando nuovi obiettivi di riuso a livello comunitario.
Un voto che si preannuncia teso e che andrà avanti per ore (secondo fonti di Strasburgo, la sessione di voto durerà non meno di tre ore). Sul testo sono stati presentati oltre 300 emendamenti e si sono mosse nei mesi scorsi le proteste e le critiche di parte del mondo industriale e politico di alcuni Stati membri, come la Francia e l’Italia. Il ministro italiano era a Strasburgo per “incontrare le delegazioni del Parlamento europeo per fare squadra con le nostre istituzioni e le nostre imprese a sostegno del lavoro italiano, a cominciare dal dossier cruciale sugli imballaggi che avrebbe un impatto molto pesante, se non fosse modificato sostanzialmente, per il nostro sistema produttivo”, ha spiegato, incalzando a fare squadra per la tutela “del sistema Italia”.
La proposta Ue tra target riuso e riciclo
La proposta di regolamento modifica la direttiva attualmente in vigore sugli imballaggi e i rifiuti da imballaggi (risalente al 1994, ma già modificata nel 2018) e prevede che tutti gli imballaggi (quelli che resteranno) siano riciclabili entro il 2030 (progettati per esserlo entro il primo gennaio 2030 e potranno essere riciclati su larga scala a partire da gennaio 2035). Alla base della proposta l’obiettivo di ridurre i rifiuti da imballaggio pro capite del 5 per cento entro il 2030 e del 15 per cento entro il 2040 rispetto ai livelli del 2018. Secondo le stime, nel 2021 ogni europeo ha generato 188,7 kg di rifiuti di imballaggio all’anno, una cifra che si prevede aumenterà a 209 kg nel 2030 senza ulteriori misure.
Quattro le linee di intervento scelte dalla Commissione: riutilizzo dei contenitori con obiettivi minimi per le aziende; divieto per gli imballaggi considerati ‘non essenziali’ (come le bustine monouso per shampoo degli hotel o quelle in ristoranti e caffè); progettare entro il 2030 tutti gli imballaggi in modo che siano riciclabili al 100 per cento e tassi obbligatori di contenuto riciclato che i produttori dovranno includere nei nuovi imballaggi di plastica (ad esempio il 30 per cento per le bottiglie di plastica per bevande monouso), con alcune esenzioni (ad esempio per i dispositivi medici). Secondo la proposta, le percentuali aumenterebbero dal 2040. La parte più criticata della normativa, anche dall’Italia, è quella che riguarda il riuso, con obiettivi minimi per le aziende.
A spiegare il perché di questo passaggio necessario da riciclo a riuso è stato oggi il commissario europeo Virginijus Sinkevičius, nel confronto con gli eurodeputati prima del voto. Il riciclo, da solo, non basta. L’Unione europea “ha toccato un nuovo triste target, gli ultimi dati disponibili ci dicono che tra il 2010 e il 2021 i nostri rifiuti da imballaggio sono aumentati di oltre il 24 per cento, più rapidamente del Pil e della nostra capacità di riciclaggio”, ha sottolineato il commissario, spiegando che solo nel 2021 “abbiamo osservato l’aumento più significativo del 6 per cento rispetto al 2010”, ha aggiunto il commissario, osservando che “il riciclo non è abbastanza” per invertire da solo il fenomeno.
La posizione dell’Eurocamera
Al voto della plenaria di Strasburgo arriverà il mandato adottato in commissione Ambiente (Envi) lo scorso 24 ottobre, a prima firma della relatrice, l’eurodeputata di Renew Europe Frederique Ries, che oltre agli obiettivi generali di riduzione degli imballaggi proposti anche dalla Commissione europea, spinge per introdurre specifici obiettivi di riduzione dei rifiuti per i contenitori in plastica (10 per cento entro il 2030, 15 per cento entro il 2035 e 20 per cento entro il 2040).
Tra le altre cose, la relazione prevede di vietare la vendita di sacchetti di plastica ultra leggeri (sotto i 15 micron), a meno che non siano necessari per motivi igienici o forniti come imballaggio primario per alimenti sfusi per aiutare a prevenire gli sprechi alimentari. Gli eurodeputati sostengono anche limiti minimi di contenuto riciclato a seconda del tipo di imballaggio, con obiettivi specifici fissati per il 2030 e il 2040. Secondo il mandato adottato, entro la fine del 2025, la Commissione dovrebbe valutare la possibilità di proporre obiettivi e criteri di sostenibilità per la plastica di origine biologica, una risorsa chiave per “defossilizzare” l’economia della plastica.
Fin dalla presentazione nel 2022, la proposta ha attirato le critiche di industria e politica italiana che hanno contestato principalmente la parte della proposta che riguarda i limiti o divieti di imballaggi considerati ‘non essenziali’ e gli obiettivi di riutilizzo, con target minimi per le aziende. Il testo finale potrebbe uscire di molto annacquato come è stato ridimensionato in termini di ambizione nel voto nelle altre due commissioni non competenti sul dossier, quella per l’energia (Itre) e per il mercato interno (Imco).
Come spesso accade quando a essere toccata è l’industria italiana, le critiche alla proposta della Commissione europea mettono d’accordo eurodeputati di schieramenti politici molto diversi. “Condivido l’impostazione di fondo della Commissione che mette la prevenzione, primo gradino della gerarchia dei rifiuti, come obiettivo principale dell’intera proposta. Tuttavia ritengo che la proposta presenti delle criticità sulla modalità in cui questi obiettivi debbano essere raggiunti in particolare per quei settori come quello alimentare che ha caratteristiche del tutto peculiari”, accusa l’eurodeputato dem Achille Variati, incalzando a correggere la proposta “in modo che possa prendere in considerazione gli sforzi già fatti dai diversi Stati membri nel riciclaggio e garantire la piena sicurezza degli alimenti per i cittadini europei”. Il Parlamento europeo “voterà domani su un’idea pensata male dalla Commissione europea, con una proposta legislativa che penalizza le nostre imprese e i consumatori. Un approccio pericoloso, che mette a repentaglio filiere e posti di lavoro”, avverte anche l’eurodeputato della Lega Paolo Borchia, coordinatore di Identità e Democrazia in commissione per l’Industria, la Ricerca e l’Energia (ITRE).