Bruxelles – Come nel 2019, ma con nuovi interpreti nazionali ed europei. Fatta eccezione per il padre-padrone dell’Ungheria, Viktor Orbán, sempre lo stesso artefice di una campagna diffamatoria contro quelli che considera i “poteri forti” a Bruxelles e Budapest. Nella capitale ungherese e nelle altre città del Paese membro Ue sono comparsi oggi (20 novembre) una serie di cartelloni e manifesti per lanciare una consultazione nazionale con 11 domande – la maggior parte delle quali fake news – sulle politiche europee, in cui vengono rappresentati la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e l’attuale presidente di Open Society Foundations, Alexander Soros (figlio di George Soros), con il messaggio: “Non balliamo sulla loro musica”.
È la prima volta che la presidente dell’esecutivo comunitario diventa un bersaglio personale dell’Ungheria di Orbán in questo modo, anche se la modalità non è nuova. Lo stesso era accaduto al predecessore di von der Leyen, Jean-Claude Juncker – in occasione della campagna elettorale per le europee del 2019 – rappresentato al fianco del finanziere liberale di origine ungherese (George) Soros, bersaglio preferito del partito di governo Fidesz. Un mossa che provocò un scossone interno al Ppe, con tanto di congelamento della membership di Fidesz.
Quattro anni fa andò a finire che il governo Orbán venne costretto a ritirare i manifesti a causa delle minacce di espulsione da parte del Partito Popolare Europeo a cui era affiliato. Oggi non si può ripresentare lo stesso scenario, perché il 18 marzo 2021 il partito ungherese Fidesz ha ufficialmente abbandonato la famiglia politica europea di centro-destra. Ecco perché questa volta al Berlaymont la presidente von der Leyen “non ha battuto ciglio, è rimasta completamente impossibile quando le ho mostrato la fotografia”, ha fatto sapere alla stampa il portavoce-capo dell’esecutivo comunitario, Eric Mamer: “Probabilmente non sarà nemmeno l’ultima volta”.
I manifesti voluti da Orbán sono anche considerati un evidente tratto di antisemitismo della propaganda di Fidesz, dal momento in cui Soros è non solo finanziere e filantropo ma anche di famiglia ebrea. “Tra Soros e von der Leyen non c’è alcuna relazione“, ha fatto notare il portavoce della Commissione, rispondendo alle domande dei giornalisti: “Non abbiamo scelto noi chi mettere sul cartellone e la nostra posizione sull’antisemitismo è perfettamente chiara, c’è tolleranza zero“. Ciò che preoccupa il gabinetto von der Leyen è però anche il contenuto stesso degli 11 quesiti della consultazione nazionale indetta venerdì scorso (17 novembre) dal governo Orbán. Nonostante non si tratti di un vero e proprio referendum e qualsiasi risultato non avrà alcun valore legale, il premier ungherese punta tutto su un confronto diretto con gli elettori per provare non solo ad avere il vento in poppa in vista delle elezioni europee del prossimo anno, ma anche per dare legittimità al proprio scontro con Bruxelles su diversi temi: fondi europei, Ucraina, migrazione, tasse sugli extra-profitti, finanziamenti Ue alla Palestina, legge ungherese anti-Lgbtq+. “Ci sono molte affermazioni e commenti sulle nostre politiche, non abbiamo intenzione di perdere il nostro tempo su questa cosa considerando la situazione geopolitica corrente”, ha tagliato corto Mamer.
Il non-referendum in Ungheria
Da anni il governo guidato da Orbán ricorre allo strumento della consultazione diretta degli elettori, ma anche recentemente – con il referendum sulla legge anti-Lgbtq+ del 4 aprile 2022 – si è rivelato fallimentare. Anche per questa ragione è stata scelta la strada di una “consultazione nazionale” informale, con 11 quesiti per la “difesa della nostra sovranità”, che dovrebbe servire come “conferma” alle politiche del premier ungherese per “resistere” alle politiche dell’Unione Europea: per ognuna delle 11 domande ci sono solo due alternative tra cui scegliere e in tutti i casi la prima opzione è quella di sostenere la posizione del governo ungherese e di opporsi ai presunti diktat di Bruxelles. Ma buona parte dei quesiti sono delle vere e proprie fake news, come quella secondo cui “Bruxelles vuole creare ghetti per i migranti anche in Ungheria“, oppure che “il supporto finanziario da Bruxelles alle organizzazioni palestinesi ha raggiunto anche Hamas“. C’è un ritorno di fiamma del disegno di legge che pone l’omosessualità, il cambio di sesso e la divergenza dall’identità personale corrispondente al sesso alla nascita allo stesso livello della pornografia, considerandole tutte pratiche in grado di esercitare un’influenza negativa sullo sviluppo morale e fisico dei minorenni.
Più di un terzo delle domande riguardano l’Ucraina, dalla potenziale adesione all’Unione all’invio di armi, fino al divieto di importazione sui prodotti agricoli ucraini e soprattutto il sostegno finanziario Ue, che nasconde nella risposta il tema urgente per Budapest dello sblocco dei 28,6 miliardi dei fondi Ue congelati in cambio del via libera al supporto a Kiev in seno al Consiglio (dove è richiesta l’unanimità). L’ultima domanda sostiene che “si vuole influenzare la politica ungherese utilizzando il denaro proveniente da Bruxelles e dall’estero”, con implicito riferimento all’eterna battaglia contro la famiglia Soros. I cittadini ungheresi sono invitati a restituire il questionario per posta entro il 10 gennaio e i portavoce del governo fanno sapere che “a breve” sarà possibile compilarlo anche online.
“Abbiamo da fare, abbiamo crisi da gestire e abbiamo politiche da implementare”, ha ribadito da Bruxelles il portavoce della Commissione: “L’Ungheria è parte dell’Unione Europea, siede ai tavoli del Consiglio ed esprime membri del Parlamento Europeo“. Quelle che vengono portate avanti a livello Ue sono “politiche in un contesto istituzionale democratico, che fissa priorità per il bene dei cittadini ungheresi come di tutti gli altri europei”. Interrogato in modo specifico sulla consultazione, Mamer ha ricordato che è materia nazionale, ma non ha risparmiato un commento duro sul contenuto: “Non commentiamo ogni assunto, sapete che queste dichiarazioni sono completamente false, ma non ci faremo trascinare in un dibattito che sicuramente non è in linea con il modo di agire che utilizziamo quando chiediamo ai cittadini la loro opinione su questioni precise”. Dalla Commissione è arrivato il “forte invito” agli ungheresi di “informarsi consultando tutte le nostre fonti e i nostri colleghi in Ungheria e formarsi una propria opinione sulla base di informazioni oggettive”. E infine una precisazione sui fondi congelati, su cui già lo scorso 7 novembre sono arrivate le prime indicazioni dell’esecutivo comunitario sull’assenza di sviluppi positivi: “Ci sono condizioni e criteri molto chiari con cui misuriamo gli impegni dell’Ungheria e le decisioni da prendere”, ha precisato il portavoce-capo Mamer.