Bruxelles – La Finlandia prosegue la sua politica di chiusura delle frontiere con la Russia. A un anno dalla decisione di costruire una barriera di filo spinato lungo un quinto dei 1.340 chilometri di confine, il governo di destra guidato da Petteri Orpo ha annunciato che nella notte tra venerdì e sabato (17-18 novembre) saranno sigillati quattro dei nove valichi di frontiera con la Russia per i prossimi tre mesi, fino al 18 febbraio 2024.
“Abbiamo agito con decisione e rapidità per garantire che la situazione al confine orientale non peggiori“, ha dichiarato il premier conservatore della Finlandia, facendo riferimento agli emendamenti alla legge sulla Guardia di frontiera “proprio per queste situazioni, ora utilizziamo gli strumenti a disposizione”. Come precisa l’autorità di pattugliamento dei confini nazionali, il governo della Finlandia può decidere di chiudere un valico “per un periodo determinato o indefinito“, se la chiusura viene considerata “necessaria per combattere una grave minaccia per l’ordine pubblico, la sicurezza nazionale o la salute pubblica”. Nello scenario attuale la Guardia frontiera definisce l’arrivo di persone migranti dalla Russia – e il possibile aumento degli ingressi irregolari – “una grave minaccia per l’ordine pubblico e la sicurezza nazionale“. Come riportano i dati ufficiali forniti da Helsinki, nel corso del 2022 sono stati registrati 46 ingressi irregolari, mentre solo da inizio agosto a inizio novembre il numero è raddoppiato (91) sul confine orientale.
I quattro valichi – di Vaalimaa, Nuijamaa, Imatra e Niirala, tutti nel sud-est della Finlandia – sono i punti più trafficati per gli spostamenti tra i due Paesi. Ma ora Helsinki accusa Mosca di aver orchestrato un’azione di “destabilizzazione” dello Stato membro Ue, organizzando trasferimenti di persone migranti da Iraq, Yemen, Somalia e Siria verso la frontiera con la Finlandia per “mettere sotto pressione” il sistema di accoglienza. “La strumentalizzazione dei migranti da parte della Russia è vergognosa, sostengo pienamente le misure adottate dalla Finlandia”, ha commentato la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, al termine di un confronto telefonico con il premier Orpo: “Ringrazio le guardie di frontiera finlandesi per aver protetto i nostri confini europei”.
Anche se Mosca ha respinto le accuse di Helsinki e Bruxelles, il sospetto del governo finlandese e dell’esecutivo comunitario è che il Cremlino stia mettendo in atto quelle “contromisure tattiche e strategiche” minacciate in occasione dell’adesione della Finlandia alla Nato ad aprile, come risposta all’invasione russa dell’Ucraina. Anche la Norvegia – che condivide un confine lungo circa 198 chilometri con la Russia nell’area artica e che già dal 2015 ha costruito una recinzione alta 4 metri – ha annunciato che è pronta a prendere misure sui valichi di frontiera in caso di necessità: “Stiamo seguendo da vicino la situazione e, se necessario, potremmo chiudere il confine con breve preavviso”, ha dichiarato la ministra della Giustizia, Emilie Enger Mehl.
Prima della Finlandia, la Polonia e i Baltici
Non è la prima volta che uno Stato membro dell’Unione Europea si trova ad accusare un Paese terzo di “strumentalizzazione della migrazione”. Per la prima volta è accaduto due anni fa – prima dello scoppio della guerra russa in Ucraina – a Lettonia, Lituania e Polonia, che hanno iniziato a costruire barriere o veri e propri muri lungo il confine con la Bielorussia. A scatenare la crisi tra l’estate e l’autunno del 2021 era stata la politica – definita “guerra ibrida” da tutte le istituzioni comunitarie – messa in atto dall’autoproclamato presidente bielorusso, Alexander Lukashenko, di agevolare attivamente viaggi per i cittadini dei Paesi del Medio Oriente e dall’Africa subsahariana verso Minsk e di lì verso le frontiere dell’Unione Europea, come ritorsione alle sanzioni economiche imposte da Bruxelles per la situazione interna nel Paese. Nel frattempo nei negoziati a Bruxelles sul Patto migrazione e asilo è entrato anche un file dedicato proprio al contrasto della “strumentalizzazione della migrazione”, che ha creato non pochi problemi ai co-legislatori.
Per quanto riguarda i singoli Paesi membri Ue, a fine agosto dello scorso anno sono stati ultimati gli ultimi segmenti della barriera di filo spinato al confine tra Lituania e Bielorussia, a poco più di un anno dall’annuncio di Vilnius di uno stanziamento pari a 41 milioni di euro (lievitato poi a circa 50). A causa della mancanza di sufficiente filo spinato per coprire i 550 chilometri di confine (i restanti 130 sono ‘assicurati’ da barriere naturali come fiumi e laghi), le autorità lituane sono dovute ricorrere alla solidarietà di altri Paesi membri e, parallelamente, hanno spinto per ottenere il finanziamento dei muri alle frontiere esterne dell’Unione con fondi comunitari. È stato completato invece in meno di sette mesi il muro al confine tra Polonia e Bielorussia lungo 186 chilometri e costato 1,6 miliardi di złoty (351 milioni di euro). Oltre alla barriera d’acciaio, dal settembre del 2021 Varsavia ha inviato migliaia di truppe e agenti di polizia per rafforzare il controllo dell’area, chiudendo l’accesso a una striscia di terra larga tre chilometri a giornalisti e Ong che monitorano i pushback (respingimenti illegali di persone con diritto alla protezione internazionale alle frontiere dell’Ue) effettuati dalle forze polacche. Anche la Lettonia ha approvato nel 2021 la costruzione della barriera lungo il confine con la Bielorussia, completando la prima fase di costruzione quest’estate.