Bruxelles – Niente da fare, l’Ue non ce la farà a rifornire l’esercito ucraino di un milione di munizione entro la fine dell’anno. Il ministro degli Esteri della Lituania, Gabrielus Landsbergis, di fronte ai ritardi già accumulati, non può non ammettere che a questo punto, data la situazione, “la promessa per quest’anno non si sta materializzando e non credo che si materializzerà“. Sono state consegnate appena 300mila munizioni, meno di un terzo concordato, a riprova di un’industria bellica a dodici stelle non pronta a nuove produzioni su questa scala.
I Ventisette si erano impegnati a sostenere l’Ucraina, convinti della necessità di rifornire le forze armate di Kiev per respingere l’avanzata della Russia. Lo scorso 5 maggio il Consiglio ha deciso di mettere a disposizione un miliardo di euro per l’aumento della produzione bellica, attraverso appalti e acquisti congiunti, con l’obiettivo di rifornire le forze armate ucraine di proiettili di artiglieria calibro 155 mm e, su richiesta, di missili. Ma il progetto si sta arenando, per il disappunto anche del ministro degli Esteri estone, Margus Tsahkna. “Prendiamo molte decisioni ma non sempre riusciamo a tradurle in pratica“, commenta.
L’intenzione adesso è di provare ad avviare i negoziati di adesione di Kiev all’Unione europea, come proposto dalla Commissione Ue la settimana scorsa. C’è già un gruppo di Stati membri favorevole all’idea. L’intenzione di accogliere l’Ucraina viene espressa dai baltici (Estonia, Lettonia, Lituania), Repubblica ceca, Romania, con Svezia e Belgio disposti a valutare. Non si mostrano così possibilisti, ma neppure chiudono la porta come invece fa l’Ungheria. Di fronte ai ritardi nella consegna di munizione c’è da dover salvare la faccia, e l’allargamento può essere il modo migliore per farlo, politicamente parlando.
Da un punto di vista militare i ritardi Ue sono però un problema per le strategie euro-ucraine. Kiev ha bisogno del sostegno dei partner per poter sperare di respingere l’aggressore, con gli europei consapevoli che in questo momento “un cessate il fuoco sarebbe una vittoria di Putin”, taglia corto il ministro degli Esteri lituano. Non a caso infastidito per l’obiettivo mancato sulle munizioni.