Bruxelles – Ripristinare almeno il 20 per cento delle aree terrestri e marine dell’Ue entro il 2030 e tutti gli ecosistemi che necessitano di ripristino entro il 2050. I negoziatori del Parlamento europeo e del Consiglio Ue hanno raggiunto ieri sera (9 novembre) un accordo politico su uno dei dossier diventati più controversi negli ultimi mesi dell’agenda verde dell’Ue, la proposta di regolamento sul ripristino della natura avanzata dalla Commissione europea a giugno 2022. Uno dei pilastri chiave della Strategia europea per la biodiversità, che allineerà l’Unione europea agli impegni assunti con l’accordo di Kunming-Montreal sulla biodiversità nel 2022.
Tra i timori per la sicurezza alimentare trainati dalla guerra di Russia in Ucraina, la proposta è stata per mesi bersaglio politico da parte del centrodestra all’Eurocamera – in particolare, del Partito Popolare europeo (Ppe) – e di diversi Stati membri, come l’Italia (che nel voto in Consiglio lo scorso giugno ha votato contro il provvedimento). Alla fine, i negoziatori del Parlamento europeo e degli Stati membri hanno concordato un testo annacquato rispetto alla proposta originaria di Bruxelles per riportare almeno il 20 per cento delle terre e dei mari allo stato originale entro il decennio, stimando che l’81 per cento degli habitat in Ue possano essere classificati come ‘in cattive condizioni’ di salute.
Obiettivi di ripristino ed ecosistemi
La Legge è innovativa perché per la prima volta non disciplina solo la protezione delle aree naturali più importanti, ma introduce norme per ripristinare la natura dove è già degradata. Il regolamento stabilisce obiettivi e obblighi specifici e giuridicamente vincolanti per il ripristino della natura in determinati ecosistemi, dai terreni agricoli e foreste agli ecosistemi marini, d’acqua dolce e urbani. Il 30 per cento di ogni ecosistema attualmente coperto dalle direttive sugli habitat dovrà essere oggetto di misure di ripristino entro il 2030, il 60 per cento entro il 2040 e il 90 per cento entro il 2050. La normativa introduce quindi una tabella di marcia che non esisteva e che può essere adattata per tenere conto di alcune specificità nazionali, in modo da renderla pertinente al contesto locale.
Gli Stati membri dovranno mettere a punto dei piani nazionali di ripristino, che saranno una tabella di marcia per riferire alla Commissione europea come intendono raggiungere gli obiettivi per il buono stato degli ecosistemi naturali nel 2030, 2040 e 2050. Gli Stati membri dovranno presentare inizialmente i piani per coprire il periodo fino al giugno 2032 ed entro giugno 2032 dovranno presentare piani di ripristino per i dieci anni fino al 2042 con una panoramica strategica fino al 2050, ed entro giugno 2042 i piani per il restante periodo fino al 2050.
Terreni agricoli e freno di emergenza
Coperti dalle norme di ripristino anche i terreni agricoli, su cui gli Stati dovrebbero attuare misure volte a raggiungere tendenze crescenti in almeno due di tre indicatori: l’indice delle farfalle delle praterie, la quota di terreni agricoli con caratteristiche paesaggistiche ad elevata diversità e lo stock di carbonio organico nel suolo minerale delle terre coltivate. Flessibilità viene garantita ai governi per riumidificare le torbiere: il testo fissa obiettivi per ripristinare il 30 per cento delle torbiere drenate ad uso agricolo entro il 2030, il 40 per cento entro il 2040 e il 50 per cento entro il 2050, anche se gli Stati membri fortemente colpiti potranno applicare una percentuale inferiore. Le misure per migliorare le condizioni delle foreste saranno obbligatorie, in particolare aumentando il numero di specie arboree presenti in esse e la loro resilienza ai cambiamenti climatici.
Date le preoccupazioni di entrambi i co-legislatori sugli effetti della normativa sulla sicurezza alimentare, l’accordo finale prevede infine un ‘freno di emergenza’, fissando al 2033 la data per la Commissione per rivedere e valutare l’applicazione del regolamento e il suo impatto sui settori agricolo, della pesca e forestale, nonché i suoi effetti socioeconomici più ampi. Il testo introduce inoltre la possibilità di sospendere l’attuazione delle disposizioni del regolamento relative agli ecosistemi agricoli fino a un anno tramite un atto di esecuzione, in caso di “eventi imprevedibili ed eccezionali fuori dal controllo dell’Ue e con gravi conseguenze a livello comunitario per la sicurezza alimentare”.
Tra le novità dell’accordo, i co-legislatori hanno introdotto una disposizione che affida alla Commissione il compito di presentare, un anno dopo l’entrata in vigore del regolamento, una relazione con una panoramica delle risorse finanziarie disponibili a livello dell’Ue, una valutazione del fabbisogno finanziario per l’attuazione e un’analisi individuare eventuali lacune di finanziamento. La relazione – spiega in una nota il Consiglio – dovrebbe includere anche proposte di finanziamenti adeguati, senza pregiudicare il prossimo quadro finanziario pluriennale (QFP, 2028-2034).
“Ci troviamo di fronte a una realtà sempre più drammatica: la natura e la biodiversità dell’Ue sono in pericolo e necessitano di essere protette. Sono orgogliosa dell’indispensabile accordo raggiunto oggi tra Consiglio e Parlamento su una legge sul ripristino della natura, la prima di questo genere”, commenta Teresa Ribera, ministra spagnola della transizione ecologica che ha guidato il negoziato per il Consiglio in qualità di presidente di turno. Per il vicepresidente esecutivo per il Green Deal, Maros Sefcovic, l’accordo “invierà anche un importante segnale positivo ai nostri partner globali in vista della Cop28”, la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici “e nell’attuazione dell’accordo sulla biodiversità di Kunming/Montreal, indicando che prendiamo sul serio i nostri impegni. Spero in una rapida adozione dell’accordo da parte dei co-legislatori. Non c’è tempo da perdere nel ripristinare la natura da cui dipende il nostro benessere e le nostre economie”.