Bruxelles – Dopo la scia di polemiche arrivate dal Nord Italia, a Bruxelles si procede con il lavoro legislativo per definire i nuovi standard sulla qualità dell’aria per arrivare all’obiettivo ‘inquinamento zero’ entro il 2050, con una serie di target intermedi al 2030. Dopo la complicata intesa raggiunta in Parlamento Europeo a settembre, anche il Consiglio dell’Ue ha adottato oggi (9 novembre) il proprio mandato negoziale per avviare i negoziati inter-istituzionali tra i co-legislatori. “Il testo trova un equilibrio tra il mantenimento dell’ambizione principale di migliorare gli standard di qualità dell’aria e l’introduzione di una certa flessibilità per gli Stati membri nell’attuazione della direttiva“, si legge nella posizione del Consiglio.
Secondo il mandato negoziale approvato questa mattina dagli ambasciatori dei Ventisette in Coreper (Comitato dei rappresentanti permanenti) in vista dell’avvio dei triloghi, il Consiglio chiede una “certa flessibilità” nel raggiungimento dei valori-limite di qualità dell’aria per le aree in cui il rispetto della direttiva entro la scadenza “si rivelerebbe irrealizzabile” a causa delle caratteristiche di dispersione specifiche del sito, delle condizioni climatiche avverse o dei contributi transfrontalieri, oltre all’aggiunta della “quota elevata di famiglie a basso reddito se lo Stato membro in questione ha un Pil nazionale pro capite inferiore alla media Ue”. In tutti questi casi gli Stati membri dovrebbero poter richiedere un rinvio della scadenza per un massimo di 10 anni, fino a non oltre il primo gennaio 2040. Si tratta degli standard provvisori per il 2030 più allineati alle linee-guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sugli “inquinanti con il maggiore impatto documentato sulla salute umana allineati”: per il particolato fine PM2,5 dagli attuali 25 microgrammi per metrocubo a 10, per il diossido di azoto NO2 da 40 a 20. Il Consiglio invita poi la Commissione a rivedere gli standard di qualità dell’aria entro il 2030, per valutare se sia necessario aggiornarli “sulla base delle informazioni scientifiche più recenti”. Ma nella valutazione dovrebbe anche essere considerata la necessità di coprire più inquinanti atmosferici “e se si debba prendere in considerazione un ulteriore rinvio delle scadenze”.
Il testo impone agli Stati membri di stabilire piani di qualità dell’aria per le aree in cui i livelli di inquinanti superano valori-limite e target stabiliti nella direttiva, “entro tre anni” dalla registrazione di questi livelli. I piani dovranno definire “misure adeguate” per mantenere il periodo di superamento “il più breve possibile” e informazioni sull’area geografica interessata, l’origine dell’inquinamento e le autorità competenti responsabili dei piani. Dovranno essere fissate anche soglie di allarme o di informazione per proteggere la popolazione e i gruppi più vulnerabili dall’esposizione a concentrazioni elevate degli inquinanti, con piani d’azione a breve termine che prevedano misure di emergenza da mettere in campo immediatamente. Allo stesso tempo il Consiglio propone “maggiore flessibilità” nella valutazione della qualità dell’aria: per esempio l’uso di applicazioni di modellizzazione come complemento alle misurazioni fisse “non dovrebbe essere obbligatorio” in caso di superamento dei valori-limite. La nuova direttiva proposta obbligherebbe gli Stati membri a istituire almeno un supersito di monitoraggio sul proprio territorio (in base alla popolazione e alle dimensioni), combinando più punti di campionamento per raccogliere dati a lungo termine.
Considerando l’inquinamento transfrontaliero, il Consiglio ha aggiunto una disposizione per consentire alle 27 capitali di identificare e notificare alla Commissione i superamenti dei limiti di qualità dell’aria attribuibili a fonti esterne all’influenza dello Stato membro interessato. Le nuove norme imporrebbero agli Stati membri di cooperare tra loro per identificare le fonti di inquinamento atmosferico e le misure necessarie per affrontarle, ma anche di pianificare attività congiunte come piani nazionali coordinati. Infine la nuova direttiva stabilisce l’accesso alla giustizia a coloro che hanno “un interesse sufficiente” (come le Ong ambientaliste) e vogliono contestarne l’attuazione da parte degli Stati membri. La proposta modificata dal Consiglio precisa che la procedura di controllo “dovrebbe essere equa, tempestiva e non eccessivamente costosa” e impone ai Ventisette di stabilire “sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive” che tengano conto della gravità e della durata della violazione, della recidiva e delle persone e dell’ambiente colpiti. I cittadini e persone devono avere il diritto di chiedere e ottenere un risarcimento nel caso di un danno alla salute determinato da una violazione intenzionale “o negligente” delle norme nazionali che recepiscono la direttiva.