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    Home » Economia » Patto di stabilità, la Spagna accelera per l’accordo: Ecofin straordinario a fine novembre

    Patto di stabilità, la Spagna accelera per l’accordo: Ecofin straordinario a fine novembre

    La presidenza di turno del Consiglio vuole l'approccio generale. In parallelo Francia e Germania lavorano per un accordo franco-tedesco. L'Italia avverte: Al lavoro per nuove regole ma si darà il via libera a tutti i costi

    Emanuele Bonini</a> <a class="social twitter" href="https://twitter.com/emanuelebonini" target="_blank">emanuelebonini</a> di Emanuele Bonini emanuelebonini
    9 Novembre 2023
    in Economia
    [foto: imagoeconomica]

    [foto: imagoeconomica]

    Bruxelles – La presidenza spagnola del Consiglio dell’Ue adesso corre. L’intenzione è quella di “avere un approccio generale sul nuovo patto di stabilità in occasione della riunione del consiglio Ecofin dell’8 dicembre“, annuncia Nadia Calviño, ministra delle Finanze spagnola con il compito di provare a chiudere su un dossier che rimane molto delicato. A iniziare dai tempi, stretti, serrati, agli sgoccioli. Si vuole avere un’intesa tra gli Stati membri entro fine anno, per permettere al Parlamento di esprimersi e condurre il negoziato. Ecco perché la stessa Calviño vuole accelerare il lavoro tecnico e convocare una riunione straordinaria dell’Ecofin “attorno alla fine di novembre”. Per chiudere a inizio dicembre.

    Un impegno che raccoglie le preoccupazioni diffuse. Quelle della Commissione europea, innanzitutto. “E’ importante trovare un’intesa per fine anno, cosicché si possa finalizzare l’iter prima della fine del mandato del Parlamento, ad aprile”, insiste il commissario per un’Economia al servizio delle persone, Valdis Dombrovskis. Ma risponde anche alle preoccupazioni degli Stati membri. “Per me la scadenza ultima per un accordo [sul nuovo patto di stabilità] è la fine dell’anno”, scandisce anche Bruno Le Maire, ministro delle Finanze francese, pronto a discutere direttamente con il governo tedesco. E annuncia un viaggio “nei prossimi giorni” a Berlino per tentare una sintesi franco-tedesca con il titolare delle Finanze della Bundesrepublik, Christian Linder, col beneplacito della presidenza spagnola: “Ben vengano queste iniziative, aiutano a mantenere un approccio costruttivo e a raggiungere l’obiettivo di un accordo entro fine anno”.

    Però sullo sfondo resta un quadro ancora pieno di incognite. “Adesso servono i numeri, più che gli strumenti”, taglia corto Lindner. Per la Germania è tempo di stabilire per bene le soglie e gli obiettivi di riduzione del debito. Qui l’Italia prova a mettere pressione. L’approccio italiano, spiegano fonti del ministero dell’Economia, è di provare a trovare un’intesa ma di non sostenerla a tutti i costi. Meglio le regole del vecchio patto di stabilità che nuove regole penalizzanti o che non convincono. Un approccio che non sorprende, e che conferma la linea del titolare del Tesoro, Giancarlo Giorgetti, per cui le nuove regole non devono soffocare la crescita.

    Alla squadra di governo e ai partiti di maggioranza il compromesso proposto dalla Spagna sulla spesa per investimenti e difesa non dispiace. Non verrà scorporata dal computo di debito e deficit, come richiesto, ma sarà comunque considerate ‘debito positivo’, e quindi un elemento rilevante ai fini delle procedure per squilibri macro-economici. Non saranno, cioè, motivo di avvio di procedura. Anche sulla traiettoria di riduzione del debito l’Italia non ha niente da obiettare nel principio generale. Va bene le soglie, ma occorre vedere quali saranno.

    Il vero nodo per l’Italia appare il deficit. Il rapporto deficit/Pil non deve eccedere il 3 per cento secondo le regole tradizionali che non possono essere cambiante perché incardinate nei trattati sul funzionamento dell’Ue. Ma Berlino vorrebbe che si rimanesse al di sotto, ai fini della sostenibilità delle finanze pubblico. Una sorta di salvaguardia che, in nome della sostenibilità finanziaria, eviti anche solo di avvicinarsi al 3 per cento. Di quanto, è tutto da vedere. Ma per l’Italia questo potrebbe essere problematico.

    Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, in questo momento preferisce concentrarsi sul negoziato ancora in corso più che sbilanciarsi. Ma alla fine, se le cose dovessero prendere una piega che non convince, potrebbe anche optare per non sostenere ciò che finirà sul tavolo per tornare alle vecchie regole.

    Una linea funzionale al negoziato stesso, in verità. Appare difficile immaginare che l’Italia metta il veto alla riforma del patto di stabilità. Anche perché questo avrebbe anche implicazioni in ottica Mes. La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in occasione dell’ultimo vertice dei leader, ha tenuto a precisare che la ratifica del trattato che riforma il Meccanismo europeo di Stabilità, attribuendogli nuovi poteri in materia di risoluzione delle crisi bancarie, è legata al patto di stabilità ora sospeso. L’Italia non ratifica per via del negoziato sul patto di stabilità, che cambierebbe il quadro giuridico. Ma se si dovesse tornare alle vecchie regole le argomentazioni della maggioranza verrebbero meno e continuare a tenere bloccata la riforma del Mes diventerebbe più complicato.

    Tags: Bruno Le Maireconti pubblicidebitodeficitgoverno meloniinvestimentiPatto di stabilitàueValdis Dombrovskis

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