Bruxelles – Stessi standard sugli inquinanti ma tempi più lunghi per applicarli. L’Eurocamera riunita in mini-plenaria a Bruxelles ha adottato oggi (9 novembre) la sua posizione negoziale sui nuovi standard di emissione Euro 7 per ridurre le emissioni inquinanti e fissare requisiti di durata delle batterie per autovetture, furgoni, autobus e camion. Il testo a prima firma dell’eurodeputato di Ecr, Alexandr Vondra, è stato adottato con 329 voti a favore, 230 contrari e 41 astensioni (su 600 votanti) e, come previsto, la linea ‘morbida’ rispetto alla proposta della Commissione è passata con il sostegno dei gruppi Renew Europe, Partito popolare europeo, Conservatori e riformisti europei e Identità e democrazia.
Il testo sarà il mandato dell’Eurocamera per avviare i negoziati con gli Stati membri Ue, che hanno adottato la loro posizione lo scorso 25 settembre al Consiglio Ue Competitività, annacquando di molto l’ambizione iniziale della proposta della Commissione europea. Ma nei fatti, tra la posizione dell’Europarlamento e quella degli Stati membri Ue, cambia poco, non ci sono differenze sostanziali o profonde: l’Eurocamera ha allungato i tempi di entrata in vigore della stretta sugli inquinanti mentre gli Stati Ue, nella loro posizione, hanno mantenuto gli standard Euro 6 per quanto riguarda le emissioni di scarico, limitando la stretta alle particelle inquinanti derivate da batterie e pneumatici.
Le posizioni delle due istituzioni sono vicine, tanto vicine da spingere il relatore Vondra a sbilanciarsi su un possibile accordo sul file già entro la fine dell’anno, sotto presidenza spagnola alla guida dell’Ue .“Questo è il piano”, ha assicurato in una conferenza stampa subito dopo il via libera in plenaria. “Inizieremo il trilogo (il negoziato interistituzionale tra Parlamento e Consiglio, mediato dalla Commissione europea, ndr) già oggi, non di persona ma in forma scritta”, ha assicurato, anticipando che “stiamo pianificando due round di negoziati, uno alla fine di novembre e uno a metà dicembre a Strasburgo. Con un approccio costruttivo da parte delle altre istituzioni avremo” l’accordo “entro la fine dell’anno”.
La proposta Ue sugli Euro 7
La proposta sui nuovi standard Euro 7 è stata avanzata da Bruxelles a novembre dello scorso anno, proponendo di rendere i test sulle emissioni dei veicoli più coerenti con le condizioni di guida reali e di fissare limiti alle emissioni di particolato causate dall’usura di freni e pneumatici (che, secondo Bruxelles, stanno per diventare le principali fonti di emissioni di particolato dai veicoli), con l’obiettivo di ridurre entro il 2035 le emissioni di ossido di azoto (NOx) di auto e veicoli commerciali leggeri del 35 per cento rispetto al precedente standard Euro 6 e del 56 per cento rispetto agli standard Euro 4 di autobus e camion (immatricolazioni dal 2004).
Gli standard di emissione Euro 7 introducono dunque limiti più ambiziosi per gli inquinanti atmosferici, ma non riguardano le emissioni di CO2 che invece sono regolate dal regolamento sull’addio alla vendita delle auto e dei furgoni con motore a combustione interna, diesel e benzina, dal 2035. Come spesso accade quando si parla di Green Deal, la proposta della Commissione ha ricevuto critiche da parte degli ambientalisti di essere poco ambiziosa, così come è stata accusata di esserlo fin troppo da industria automobilistica e di gruppo di Stati membri ridotto ma del peso politico della Germania e dell’Italia, che nei mesi scorsi si sono riuniti in una coalizione per alzare la voce contro la proposta e rimandarne i lavori legislativi, o almeno annacquarne gli obiettivi. Le critiche a Bruxelles si concentrano sui costi elevati della transizione per industrie e, di conseguenza, anche sui consumatori. Costi eccessivi e non giustificabili, secondo i detrattori, dal momento che nei prossimi dodici anni l’industria sarà impegnata a finanziare la transizione chiede verso auto elettriche o senza motore a combustione interna.
Nuova maggioranza e carburanti sintetici
Gli eurodeputati hanno di fatto mantenuto gli standard proposti dalla Commissione per le emissioni inquinanti (come ossidi di azoto, particolato, monossido di carbonio e ammoniaca) per le autovetture, ma la stretta si applicherebbe dal primo luglio 2030 per auto e furgoni e dal primo luglio 2031 per autobus e camion (mentre la Commissione Ue proponeva rispettivamente 2025 e 2027). Il mandato prevede anche un’ulteriore ripartizione delle emissioni in tre categorie per i veicoli commerciali leggeri in base al loro peso. Il testo adottato propone limiti più severi per le emissioni di gas di scarico degli autobus e dei veicoli pesanti, compresi i livelli fissati per le emissioni reali di guida.
Il testo è stato sostenuto da una maggioranza insolita per l’emiciclo, formata dai principali gruppi di destra e centrodestra. Con il via libera dell’Eurocamera “è successo qualcosa che mai era successo prima di oggi, ovvero che si affermasse una maggioranza di centrodestra che va dai liberali di Renew Europe a Identità e Democrazia passando per il Partito popolare europeo (Ppe) e ai conservatori di Ecr”, ha esultato l’europarlamentare di Fratelli d’Italia Nicola Procaccini, co-presidente del gruppo Ecr al Parlamento europeo, in un punto stampa a Bruxelles dopo il voto.
“Questa maggioranza – ha puntualizzato – si è imposta ed è riuscita a imporre nuove soglie cronologiche, è riuscita a imporre finalmente quel buonsenso che finora è mancato nella trattazione del Green Deal, nella capacità di combinare difesa dell’ambiente e produzione economica”. Per l’eurodeputato FdI il risultato ha “messo a riparo i consumatori perché avrebbe generato un aumento dei costi di produzione denunciato da tutte le case automobilistico e che si sarebbe riversato sui consumatori. Si tratta di una affermazione che accogliamo con grande soddisfazione”, ha aggiunto, anche se “non siamo riusciti” a ottenere il via libera nel testo finale a “un paio di emendamenti, uno riguardante i piccoli produttori e uno riguardante i carburanti Co2 neutrali”.
Come era successo in commissione Ambiente (Envi), nel voto di oggi gli eurodeputati non hanno sostenuto un gruppo di emendamenti (172, 173 e 174) sostenuti dal gruppo del relatore Ecr e dal Ppe che miravano a introdurre nel testo un riferimento all’utilizzo dei carburanti sintetici, gli e-fuels, dopo il 2035. Una proposta bizzarra dal momento che gli standard Euro 7 non riguardano direttamente le emissioni di CO2 prodotta dai carburanti di auto e furgoni, ma i livelli di emissioni prodotte dalla circolazione dei mezzi (ad esempio, l’uso dei freni). L’Italia ha cercato di legare fin da subito il dossier sugli Euro 7 a quello sullo stop ai motori termici dal 2035 per far valere il riconoscimento dei biocarburanti, anche se si tratta di due provvedimenti ben distinti e che riguardano inquinanti ben diversi. “Abbiamo provato a far passare un concetto, quello della neutralità tecnologica. Dove possibile noi inseriremo questo principio secondo cui si può condividere un obiettivo” di riduzione delle emissioni “ma deve essere lasciata la libertà agli Stati Ue di adottare gli strumenti più confacenti alla propria realtà produttiva e sociale per raggiungerlo”, ha motivato Procaccini.
Il gruppo di emendamenti non è passato perché al centrodestra serviva il sostegno di buona parte dei liberali di Renew (contrari al riferimento) per ‘superare’ la maggioranza di Socialdemocratici e Verdi. Proprio dai gruppi più progressisti nell’Emiciclo arrivano le critiche più dure sul voto di oggi, accusato di essere stato pesantemente annacquato dall’Istituzione – il Parlamento europeo – che dovrebbe invece alzare l’ambizione dell’Ue su clima e ambiente. “La posizione Euro 7 si legge come un documento della lobby scritto da un’alleanza fossile di conservatori, di destra e liberali, che trasforma uno standard sulle emissioni in una legge perdente”, accusa l’europarlamentare dei Verdi europei, Michael Bloss.
La realtà dei fatti è che di fronte alla sfida di nuove immatricolazioni senza motore a combustione, diesel e benzina, dal 2035, è la stessa Commissione europea ad aver compreso e riconosciuto in varie occasioni che la sua proposta originaria è troppo ambiziosa per l’industria e, pur tirando dritto sulla normativa, accoglierà le richieste dei co-legislatori per limitare la stretta.