Bruxelles – Indietro sui tassi di interesse, avanti con l’immigrazione economica e l’inserimento dei migranti nel mercato del lavoro. Produttività, crescita e competitività dell’Europa passano per questa due mosse, che il mondo delle imprese offre alla politica in occasione del dialogo macro-economico prima della riunione dell’Eurogruppo. La ricetta anti-rallentamento offerta dall’industria è ciò che serve per riacquistare slancio e permettere all’Ue di realizzare il passaggio verso quel modello economico sostenibile e innovativo incardinato nel Green Deal.
BusinessEurope, l’organizzazione ombrello delle Confindustrie europee ed espressione dunque delle grandi imprese, punta il dito contro la Banca centrale europea e la sua presidente, Christine Lagarde. “L’economia europea sta crescendo ancora più lentamente nella prima metà del 2023, poiché le imprese dell’Ue si sono trovate ad affrontare l’impatto di tassi di interesse più elevati, un rallentamento dell’economia globale e crescenti sfide di competitività a lungo termine”, denuncia Thérèse de Liedekerke, vice direttrice dell’organizzazione.
Le annotazioni critiche non sorprendono. Confindustria già in estate ha messo un guardia sulle possibile ricadute del continuo aumento dei tassi operato a Francoforte. Oggi queste preoccupazioni non sono più solo italiane, ma europee. “Tassi di interesse più elevati e standard di credito più elevati hanno smorzato gli investimenti tanto necessari e stanno pesando sul reddito disponibile dei consumatori”, continua ancora la vice presidente di BusinessEurope, che se alla Bce chiede di non giocare più con i tassi alle altre istituzioni Ue domanda invece soluzioni a problemi di diversa natura.
“Ci sono due ragioni strutturali che spiegano perché l’Europa è in ritardo rispetto agli altri continenti”, continua de Liedekerke. Da una parte “i prezzi dell’energia sono ancora significativamente al di sopra della media a lungo termine”, mentre dall’altra parte “l’onere normativo rimane significativamente più elevato in Europa” rispetto ad altri mercati. E’ qui che si avverte l’esigenza di interventi.
Le piccole e medie imprese hanno un’altra lettura della situazione, e aggiungono il secondo ingrediente della ricetta anti-rallentamento: gli stranieri. Al netto di ambizioni, agende politiche e ricerca di materie prime che comunque scarseggiano nel suolo e nel sottosuolo del Vecchio continente, ciò che inizia a preoccupare sempre più sono le competenze, la forza lavoro che serve poi, nella pratica di tutti i giorni, per far funzionare il nuovo modello produttivo a dodici stelle.
Véronique Willems, segretaria generale SmeUnited, la risposta ce l’ha e la offre. “La pressione dovuta alla carenza di manodopera dovrebbe essere superata mediante misure mirate a riattivare la popolazione in età lavorativa, agevolando la mobilità intra-UE e la migrazione economica rispondente al mercato“. Non ci sono grandi alternative: se non si vuole che altri ‘vengano a rubare il lavoro’ i governi nazionali, unici competenti in materia di politiche del lavoro, devono mettere i propri cittadini-elettori nella condizione di non subire la concorrenza di professioni che l’industria chiede con forza.