Bruxelles – La sua posizione l’aveva già espressa nella risoluzione adottata il 19 ottobre, in cui condannava duramente gli attacchi di Hamas e chiedeva una tregua umanitaria a Gaza per permettere la distribuzione degli aiuti alla popolazione. Dopo un mese di bombardamenti israeliani e 10 mila vittime palestinesi, all’Eurocamera più di qualcuno pone seri dubbi sull’atteggiamento scelto dai vertici europei nei confronti di Tel Aviv e della “punizione collettiva” in atto nella Striscia di Gaza.
Il primo dibattito all’ordine del giorno della mini-sessione plenaria cominciata oggi (8 novembre) al Parlamento europeo di Bruxelles non poteva che essere sulle conclusioni raggiunte dai 27 all’ultimo vertice europeo, in particolare sulla crisi umanitaria nell’enclave palestinese. Ad aprirlo il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, e la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, che hanno ribadito che il punto di partenza della posizione dell’Ue sul conflitto rimarrà sempre il 7 ottobre, ovvero “il terrore e la crudeltà” scatenata da Hamas contro i civili israeliani. “Supportare Israele è essenziale, come lo è proteggere i civili a Gaza“, ha dichiarato von der Leyen in Aula. Alla luce della violentissima risposta che le forze militari israeliane hanno messo in atto, anche i due leader hanno dovuto a poco a poco rimodellare il loro supporto incondizionato al governo di Benjamin Netanyahu: per la presidente dell’esecutivo Ue “è essenziale che Israele si sforzi di evitare vittime civili e di condurre attacchi più precisi possibile, perché tutte le vite contano”, mentre per Michel “non esistono doppi standard, la vita dei civili è una necessità dovunque” e “il blocco totale di Gaza non è in linea con il diritto internazionale umanitario“. Il presidente del Consiglio europeo ha proposto che, per supportare Kiev così come la popolazione civile di Gaza, l’Ue acquisti grano ucraino e lo trasporti “a chi ne ha bisogno” in Medio Oriente. Un “forte gesto di solidarietà ed efficienza”, secondo Michel.
Ma all’Eurocamera c’è un campo largo per cui non è abbastanza: la presidente del gruppo S&D, Iratxe Garcia Perez, ha spiegato che “l’appoggio a Israele per il selvaggio attacco di Hamas non deve obbligare a chiudere gli occhi davanti all’ingiustificabile punizione collettiva imposta dal governo di Israele a più di 2,3 milioni di palestinesi”. Perché “bombardare ospedali, attaccare campi profughi, distruggere scuole e obbligare la popolazione a bere acqua salata non è legittima difesa”, ma “crimini di guerra”. L’hanno chiamata “punizione collettiva” anche Terry Reintke, co-presidente del gruppo dei Verdi/Ale, e Brando Benifei, capodelegazione del Partito Democratico, che ha paventato il “pericolo gravissimo che Netanyahu e il suo governo di fanatici ne approfittino per scacciare la popolazione palestinese da tutti i territori occupati”. Ancora più dura la leader della Sinistra, Manon Aubry, che ha definito l’assedio militare di Gaza un “massacro deliberato”, una “vendetta”. Aubry ha espresso “vergogna per la risposta dell’Ue”, che ignorando l’allarme lanciato dall’Onu sul rischio di crimini di guerra e rifiutandosi di chiedere un cessate il fuoco “si rende complice di queste atrocità“.
A ben vedere, una dura ed esplicita condanna dei bombardamenti indiscriminati israeliani, che hanno ucciso più di 4 mila minori e 2 mila donne, non c’è ancora stata. Anzi, proprio nelle conclusioni del Consiglio europeo del 26-27 ottobre, i leader Ue hanno preferito sostituire una frase di condanna con la formula della “grave deplorazione per la perdita di vite civili”. Ma, come ricordato dalla socialista Garcia Perez, in Medio Oriente l’Ue “si gioca la sua credibilità come potenza portatrice di pace”. Un concetto che ha sottolineato anche lo stesso Michel, negando l’esistenza di doppi standard in Ucraina e Gaza e avvertendo che “se vogliamo mantenere un’autorità morale e la fiducia degli altri Paesi nel mondo, dobbiamo essere costanti“. Nel prendere posizioni, anche sofferte, nei confronti di vecchi partner che tradiscono i valori fondamentali della democrazia e del diritto internazionale.