Bruxelles – Nessun ripensamento, l’Italia tira dritto sul divieto alla commercializzazione della carne sintetica con il rischio di incorrere in una procedura di infrazione da parte di Bruxelles. Dopo il primo via libera lo scorso 20 luglio al Senato, il disegno di legge per vietare la produzione e la vendita di “alimenti e mangimi sintetici” promosso dal ministro dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, Francesco Lollobrigida, approda oggi (6 novembre) al voto della Camera per il via libera definitivo. Il voto dovrebbe iniziare domani.
Il governo Meloni si scaglia in particolare contro la carne coltivata in laboratorio, comunemente chiamata ‘carne sintetica’ per “tutelare la salute umana e il patrimonio agroalimentare attraverso il divieto di produzione e commercializzazione di alimenti sintetici”, si legge in una nota di Palazzo Chigi, prevedendo sanzioni in denaro per chi non rispetta le norme. Anche se fino ad ora la carne coltivata in laboratorio, quella che nel dibattito pubblico viene chiamata ‘carne sintetica’, non ha ancora mai ricevuto alcuna autorizzazione al commercio in Unione europea. La mossa in avanti del governo Meloni per accontentare il mondo delle lobby dell’agroalimentare italiano al momento è molto più che prematura su un dibattito ancora poco avviato.
La carne coltivata in laboratorio – così come l’assunzione di proteine da insetti – sono esempi di cosiddetti ‘nuovi alimenti’ (novel food, ndr), come vengono definiti da Bruxelles quei cibi che non sono stati consumati “in modo rilevante” prima del maggio 1997. La categoria comprende nuovi alimenti, alimenti da nuove fonti, nuove sostanze utilizzate nei prodotti alimentari nonché nuove modalità e tecnologie per la produzione di alimenti. Il governo italiano, apprende Eunews, ha notificato lo scorso 27 luglio alla Commissione il progetto di legge sulle carni di allevamento, sette giorni dopo il primo via libera al Senato. Poco dopo però ha fatto marcia indietro ritirando la notifica, nell’ottica, presumibilmente, di aspettare il passaggio definitivo alla Camera. L’iniziativa legislativa è stata notificata a Bruxelles come qualunque altro progetto di legge che potrebbe ostacolare tecnicamente gli scambi commerciali da parte degli Stati membri, all’interno del mercato unico. E che, potenzialmente, potrebbe costringere Bruxelles ad aprire una procedura di infrazione contro il Paese.
Il governo ha notificato a Bruxelles attraverso il sistema di notifica Tris (Technical regulation information), operativo dal 2015 proprio per prevenire la creazione di barriere nel mercato interno prima che si materializzino. Gli Stati membri notificano i loro progetti legislativi e la Commissione li analizza alla luce della legislazione dell’Ue. La versione ufficiale di Palazzo Chigi è che la notifica è stata ritirata per aspettare di concludere l’iter parlamentare in cui il progetto di legge potrebbe essere modificato dagli emendamenti, prima di presentare una nuova notifica per non incorrere nella procedura di infrazione.
Bruxelles, dal canto suo, ha sempre posto l’accento sulla libertà di scelta dei consumatori su cosa mangiare. “Quello che possiamo fare a livello europeo è garantire che questi prodotti siano sicuri e non ci siano pericoli per la salute umana con valutazione estremamente rigida da parte dell’Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare)”, ha detto un portavoce dell’Esecutivo europeo, ricordando inoltre che a livello europeo non è stata ricevuta alcuna richiesta di autorizzazione all’immissione sul mercato di carne coltivata. Lo scontro con Bruxelles sul futuro decreto sarà però sulla possibilità che il decreto ostacoli la libera circolazione, dal momento che intende imporre il divieto agli “operatori del settore alimentare e agli operatori del settore dei mangimi impiegare nella preparazione di alimenti, bevande e mangimi, vendere, detenere per vendere, importare, produrre per esportare, somministrare o distribuire per il consumo alimentare ovvero promuovere ai suddetti fini alimenti o mangimi costituiti, isolati o prodotti a partire da colture cellulari o di tessuti derivanti da animali vertebrati”, come si legge all’articolo 2.
Carne in vitro o coltivata, che tecnicamente non è sintetica. Ma sono tutti modi per riferirsi alla carne prodotta artificialmente in laboratorio, attraverso l’impiego di cellule staminali lavorate. A fine 2020 erano almeno ottocento le aziende nel mondo a produrre queste “alternative alla carne” a partire dalle proteine vegetali e almeno 90 che lavorano sulle cellule in vitro. Siamo nella fase espansiva di questo processo ma la carne prodotta artificialmente in laboratorio ancora non è commercializzata da nessuna parte. Anche se lentamente il dibattito si sta trasferendo dagli Stati Uniti all’Unione Europea, che essere il luogo adatto per avviare una discussione trasparente su limiti e opportunità di queste nuove tecnologie, soprattutto in chiave di riduzione delle emissioni di CO2 derivanti dall’allevamento e anche sul trattamento degli animali stessi.