Bruxelles – Dopo cinque mesi dalle elezioni e dopo settimane di durissime trattative tra una lunga lista di partiti e coalizioni, il Montenegro ha un nuovo governo. E il giorno in cui l’Assemblea nazionale ha dato il via libera al gabinetto di Milojko Spajić, leader di una forza il cui programma sta tutto nel nome – Europe Now – coincide con un appuntamento cruciale: la visita della presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, a Podgorica, terza tappa del suo tour nella regione. Perché nel taccuino della numero uno dell’esecutivo Ue c’erano due temi fondamentali di cui discutere oggi (31 ottobre) con i leader montenegrini: la ripresa del cammino di adesione Ue e la spinta per il nuovo Piano di crescita per i Balcani Occidentali da 6 miliardi di euro.
“Sono soddisfatta che ora siate pienamente focalizzati sulla strada verso l’Unione Europea, da tempo il Montenegro è il Paese più avanzato e tutti i capitoli negoziali sono aperti, ma serviva nuova determinazione“, ha ricordato von der Leyen. Il riferimento è agli ultimi tre anni politicamente tormentati per Podgorica, che hanno non poco rallentato i progressi di un percorso di adesione iniziato quasi 15 anni fa. “È importante che il Paese vada in un’unica direzione e parli con una sola voce” – anche considerato l’allineamento al 100 per cento alla Politica estera e di sicurezza dell’Ue – “siete dei front-runner e ora serve fare l’ultimo miglio“. La leader della Commissione ha discusso di riforme, allineamento allo Stato di diritto e investimenti non solo con il presidente del Montenegro, Jakov Milatović, ma anche con il neo-premier Spajić, fresco fresco di nomina al Parlamento unicamerale: “Il processo di adesione è basato sul merito, non serve aspettare una data [il 2030 ormai inflazionato nel dibattito pubblico europeo, ndr] e se lo fate il prima possibile, si apriranno subito le porte dell’Ue”, ha ricordato von der Leyen a entrambi gli esponenti di Europe Now.
Da oggi il Montenegro sarà guidato da una coalizione europeista di partiti filo-Ue, filo-serbi e della minoranza albanese, con a capo il più giovane primo ministro di tutta Europa (Spajić ha 36 anni appena compiuti). Nel voto di investitura di questa mattina l’esecutivo si è assicurato 46 voti su 81 totali – 19 contrari, 1 astenuto e 15 assenti – assicurandosi l’appoggio non solo della coalizione di quattro partiti che fa capo a Europe Now, ma anche da quella colazione filo-serba ‘Per il futuro del Montenegro’, dai liberali di Montenegro Democratico, dal Partito Popolare Socialista e dai tre partiti della minoranza albanese. “La nostra visione è diventare la Svizzera dei Balcani e la Singapore d’Europa“, ha dichiarato Spajić al Parlamento appena prima del voto. Ma la vera missione del governo sarà quella di portare il Paese all’interno (o quasi) nell’Unione Europea: il Montenegro ha fatto richiesta di adesione il 15 dicembre 2008, ottenendo due anni più tardi lo status di Paese candidato (il 17 dicembre 2010) e dopo altri due anni l’avvio dei negoziati (29 dicembre 2012). Da 11 anni Podgorica si trova a questo stadio nel lungo processo di adesione Ue.
Una delle preoccupazioni maggiori per Bruxelles riguarda però la presenza all’interno del governo del partito nazionalista filo-serbo Fronte Democratico e dell’elezione del suo leader, Andrija Mandić, a presidente dell’Assemblea nazionale. Spajić ha assicurato che il suo gabinetto sarà “pro-europeo” nonostante l’elezione di Mandić e ha respinto le insinuazioni per cui il governo di Podgorica sarà influenzato dalla Serbia, da cui il Montenegro si è separato nel 2006 dopo un referendum sull’indipendenza. “Il Montenegro è un Paese sovrano e indipendente ed è suo diritto scegliere i suoi leader e formare le sue istituzioni”, ha risposto a una domanda in conferenza stampa a Podgorica von der Leyen: “Credo fortemente nella capacità del Montenegro di andare sulla strada giusta“. Anche perché in ballo ci sono i futuri fondi del nuovo Piano di crescita per i Balcani Occidentali che la leader dell’esecutivo Ue sta presentando nel suo tour in tutte le capitali balcaniche. “Abbiamo usato il principio ‘riforme e investimenti’ per la ripresa post-Covid nei nostri Stati membri e ha funzionato in modo eccezionale, per questo vogliamo applicare gli stessi principi” per la messa a terra di 6 miliardi di euro complessivi (2 miliardi in sovvenzioni e 4 in prestiti). “Spero che abbiamo capito la lezione, dopo anni di stallo ci sono le condizioni per accelerare”, ha assicurato il presidente Milatović.
Tre anni di turbolenza politica in Montenegro
Il 2023 è stato un trionfo per il nuovo movimento europeista Europe Now, fondato e guidato da quelli che ora sono il primo ministro e il presidente del Montenegro, vincitori dalla doppia tornata elettorale in poco più di due mesi: il ballottaggio delle presidenziali del 2 aprile e le elezioni per il rinnovo del Parlamento dell’11 giugno. Il neo-premier Spajić e il neo-presidente Milatović erano rispettivamente ministro delle Finanze e dell’Economia e dello Sviluppo economico nella grande coalizione anti-Đukanović (padre-padrone del Paese balcanico per 32 anni) guidata dal 4 dicembre 2020 al 28 aprile 2022 da Krivokapić. Durante l’anno e mezzo di governo i due hanno presentato un programma di riforme economiche intitolato proprio ‘Europe Now’, che comprendeva misure come il taglio dei contributi sanitari e l’aumento del salario minimo a 450 euro. I due tecnocrati hanno annunciato la volontà di fondare un nuovo partito di centro-destra liberale, anti-corruzione ed europeista dopo la caduta del governo Krivokapić nel febbraio 2022 – poi effettivamente fondato il 26 giugno – anticipando l’intenzione di collaborare con altre formazioni civiche e di centro in vista delle elezioni del 2023.
La nomina di Spajić e Milatović (i più giovani mai eletti alle due cariche istituzionali del Paese, entrambi all’età di 36 anni) chiude una fase di turbolenza per il Montenegro iniziata con le elezioni del 30 agosto 2020. In quell’occasione sono cambiati gli equilibri politici dopo 30 anni ininterrotti al potere per il Dps di Đukanović (sempre al governo o alla presidenza del Paese dal 1991). A guidare l’esecutivo per poco più di un anno è stata una colazione formata dai filo-serbi di ‘Per il futuro del Montenegro’ (dell’allora premier Krivokapić), dai moderati di ‘La pace è la nostra nazione’ (guidata da Montenegro Democratico) e dalla piattaforma civica ‘Nero su bianco’ dominata dal Movimento Civico Azione Riformista Unita (Ura) di Abazović. Il 4 febbraio 2022 era stata proprio ‘Nero su bianco’ a sfiduciare il governo Krivokapić, appoggiando una mozione dell’opposizione e dando il via all’esecutivo di minoranza di Abazović.
Lo stesso governo Abazović è però crollato il 19 agosto (il più breve della storia del Paese) con la mozione di sfiducia dei nuovi alleati del Dps di Đukanović, a causa del cosiddetto ‘accordo fondamentale’ con la Chiesa ortodossa serba. L’intesa per regolare i rapporti reciproci – con il riconoscimento della presenza e della continuità della Chiesa ortodossa serba in Montenegro dal 1219 – è stata appoggiata dai partiti filo-serbi, mentre tutti gli altri l’hanno rigettata, perché considerata un’ingerenza di Belgrado nel Paese e un ostacolo per la strada verso l’adesione all’Ue. Mentre Abazović è rimasto premier ad interim, nel settembre 2022 si è aggravata anche la crisi istituzionale. A determinarla è stato il via libera alla contestata legge sugli obblighi del presidente nella nomina dell’esecutivo, che permetterebbe ai parlamentari di firmare una petizione per la designazione di un primo ministro (con il supporto della maggioranza assoluta, cioè 41), nel caso in cui il presidente si rifiutasse di proporre un candidato. In caso di assenza della maggioranza, lo stesso presidente avrebbe l’obbligo di organizzare un secondo giro di consultazioni con i partiti e proporre un candidato. Al contrario, secondo la Costituzione del Montenegro il presidente ha solo il dovere di organizzare le consultazioni e proporre un premier designato con il sostegno firmato di almeno 41 parlamentari entro un massimo di 30 giorni. Dopo il primo via libera di inizio novembre la tensione è aumentata esponenzialmente fino al voto decisivo di un mese più tardi.
Il vero problema si è però innestato con la parallela vacanza di quattro membri (su sette) della Corte Costituzionale, l’unico organismo istituzionale che può valutare nel merito la legge contestata. Senza la sua piena funzionalità non è stato possibile considerare il voto dell’Assemblea nazionale in linea con la raccomandazione della Commissione di Venezia, l’organo consultivo del Consiglio d’Europa che ha un ruolo-chiave nell’adozione di Costituzioni conformi agli standard europei. Dopo mesi di vacanza e di richiami internazionali, lo scorso 27 febbraio l’Assemblea del Montenegro è riuscita a eleggere tre giudici della Corte Costituzionale vacanti (si rimane ancora in attesa del quarto), condizione di base per ripristinare la piena funzionalità dell’istituzione montenegrina e per continuare il percorso europeo del Paese. Dopo il rifiuto a nominare un nuovo primo ministro e a poche settimane dalle presidenziali, lo scorso 16 marzo l’ex-presidente Đukanović ha sciolto il Parlamento e ha indetto nuove elezioni anticipate per l’11 giugno.
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