Bruxelles – Riforma dei trattati dell’Ue, qualcosa si muove. Dopo mesi di lavoro e un voto slittato, la commissione affari costituzionali (Afco) dell’Europarlamento ha adottato mercoledì 25 ottobre un progetto di relazione per chiedere formalmente l’apertura di una Convenzione che porti a un processo di riforma dei trattati su cui l’Unione europea si fonda. Un meccanismo rimesso in moto dalla Conferenza sul futuro dell’Europa – il primo, forse anche l’ultimo, esperimento di democrazia partecipativa a livello comunitario – e mai realmente portato a termine a causa delle reticenze di buona parte delle 27 cancellerie. Per aprire una Convenzione che porti alla riforma dei trattati servono 14 Stati membri in seno al Consiglio, una maggioranza semplice che non è facile da trovare.
La posizione dell’Europarlamento andrà confermata nel corso della sessione plenaria di novembre (20-23 novembre), consentendo all’attuale presidenza spagnola del Consiglio dell’Ue di chiedere formalmente ai governi nel corso del Consiglio Affari Generali del 12 dicembre se intendono trasmettere al Consiglio europeo la richiesta (sulla base dell’articolo 48 TUE) di convocare, dopo le elezioni europee del giugno 2024, una convenzione per riformare l’architettura istituzionale dell’Ue. Il testo è stato concordato grazie a una serie di emendamenti di compromesso negoziati tra i gruppi del Partito popolare europeo (Ppe), S&D, Renew Europe, Verdi e Sinistra.
Diritto di iniziativa legislativa, referendum comunitario e istituzionalizzazione dello Spitzenkandidaten per conferire all’Eurocamera il compito di suggerire al Consiglio europeo il nome della futura o del futuro capo della Commissione europea. Queste alcune delle iniziative promosse dal testo adottato in commissione con 19 voti favorevoli, 6 contrari e un’astensione. Gli eurodeputati sostengono un sistema legislativo meno sbilanciato nei confronti dell’Eurocamera, chiedendo il diritto di iniziativa legislativo (ora in capo alla sola Commissione europea) e aumentando il numero delle decisioni a maggioranza qualificata in seno al Consiglio (al posto dell’unanimità). Per rispondere alle preoccupazioni dei popolari, nel compromesso finale gli eurodeputati hanno mantenuto il voto a maggioranza qualificata rafforzata (che si raggiunge quando almeno 4/5 degli Stati membri che rappresentano almeno il 50 per cento della popolazione votano a favore).
Gli eurodeputati sostengono inoltre l’istituzione di referendum europei, su richiesta del Parlamento europeo e con l’accordo del Consiglio europeo con la maggioranza degli Stati membri. Un emendamento di compromesso specifica che i risultati di un referendum europeo “saranno convalidati se la maggioranza dei cittadini a livello europeo lo approverà e se c’è anche il sostegno della maggioranza dei cittadini a livello nazionale nella maggior parte dei paesi dell’Ue”, spiega una nota dell’Eurocamera. Quanto alle competenze, gli eurodeputati vogliono stabilire una competenza esclusiva dell’Unione per l’ambiente e la biodiversità e competenze condivise in materia di sanità pubblica, protezione civile, industria e istruzione. Propongono l’avanzamento delle competenze condivise dell’Unione nei settori dell’energia, degli affari esteri, della sicurezza esterna e della difesa, della politica delle frontiere esterne nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia e delle infrastrutture transfrontaliere.