Bruxelles – Un quarto dell’Iva non pagata in Europa viene evasa in Italia. Questo racconta la fotografia scattata dalla Commissione europea nel rapporto 2023 sul differenziale dell’Iva, che misura la differenza tra gli introiti attesi e quelli effettivamente avuti. Nel saldo riscossione prevista e riscossione compiuta, i conti non tornano. Nel 2021 l’Ue ha avuto un ‘buco’ da 60,6 miliardi di euro. Di questi, 14,6 miliardi risultano mancanti in Italia. Nessuno, nell’Ue, ha saputo mostrarsi meno capace di riscuotere l’imposta sui valori aggiunti.
Ci sono comunque delle buone notizie, sia per l’Ue sia per l’Italia. Mettendo a confronto i dati l’esecutivo comunitario non può fare a meno di sottolineare come a in termini nominali tra il 2020 e il 202i il divario Iva complessivo dell’Unione europea è diminuito di circa 38 miliardi di euro, passando da circa 99 miliardi di euro a circa 60,8 miliardi miliardi di euro. Inoltre “alcuni Stati membri come l’Italia” (-10,7 punti percentuali) e la Polonia (-7,8 punti percentuali) hanno registrato riduzioni particolarmente notevoli dei rispettivi divari nazionali dell’Iva. Vuol dire che si inizia a intravedere qualcosa. Nel caso italiano, il differenziale tra Iva attesa e riscossa è sceso da 27,3 miliardi nel 2020 a 14,6 miliardi nel giro di un anno.
C’è comunque ancora molto da fare, ammette Paolo Gentiloni, commissario per l’Economia responsabile anche per la fiscalità. “Dobbiamo dare un forte impulso anche a livello dell’Ue”, premette. A tutti chiede “accelerazione e facilitazione dell’accesso delle autorità fiscali alle informazioni sulle transazioni tra imprese”, oltre ad “attuare le nostre proposte per l’Iva nell’era digitale“. Vuol dire Pos, il sistema di pagamento elettronico su cui tanto l’attuale governo si opposto e che ha creato una certa tensione con Bruxelles.
Perché la nota di accompagnamento del rapporto della Commissione sottolinea come le nuove tecnologie aiutino a spiegare questa riduzione del ‘buco’ di circa 38 miliardi di euro in un anno. “L’aumento senza precedenti della riscossione dell’Iva” e la conseguente diminuzione del divario Iva complessivo nella maggior parte degli Stati membri “potrebbero essere spiegati” proprio dai pagamenti elettronici e gli acquisti on-line, diventati più diffusi sulla scia della pandemia di COVID-19, e dove il tasso di adempimento dell’Iva è generalmente molto più elevato.
In secondo luogo, a Bruxelles si ritiene che gli Stati membri “stanno raccogliendo i benefici delle misure mirate messe in atto nei loro sistemi fiscali nazionali, come i nuovi strumenti di rendicontazione digitale“, il monitoraggio in tempo reale delle transazioni e i regimi di fatturazione elettronica che sono particolarmente efficaci contro le frodi penali in materia di Iva.