Bruxelles – Obiettivi specifici per la riduzione dei rifiuti degli imballaggi di plastica (10 per cento entro il 2030, 15 per cento entro il 2035 e 20 per cento entro il 2040), restrizioni all’immissione sul mercato di buste di plastica ultraleggere e poi ancora un obiettivo di raccolta differenziata del 90 per cento per il 2029 per tutti i tipi di imballaggi coperti dalla proposta legislativa e non più solo per le bottiglie di plastica per bevande. Sono alcuni dei dettagli della bozza di relazione sul regolamento per la riduzione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio a prima firma della relatrice per il Parlamento Ue, Frederique Ries (Renew Europe), che sarà votata domani (24 ottobre) in commissione per l’ambiente e la sicurezza alimentare (Envi) dell’Eurocamera.
Sul testo della relatrice sono stati depositati a maggio 2473 emendamenti, mentre le commissioni ITRE (l’eurodeputata dem Patrizia Toia è relatrice) e le commissioni IMCO (l’eurodeputata Virginie Joron) hanno adottato un parere. Si preannuncia un voto teso non solo per il numero di emendamenti presentati sul testo, ma anche perché la proposta della Commissione è stata osteggiata in diversi Paesi Ue, in primi dall’Italia. La proposta di regolamento è stata avanzata a novembre di un anno fa dalla Commissione europea per modificare la direttiva attualmente in vigore sugli imballaggi e i rifiuti da imballaggi (risalente al 1994, ma già modificata nel 2018), con l’obiettivo per gli Stati membri di ridurre i rifiuti di imballaggio pro capite del 5 per cento entro il 2030 e del 15 per cento entro il 2040 rispetto ai livelli del 2018.
La proposta della Commissione fa leva su quattro linee di intervento: sul riutilizzo dei contenitori con obiettivi minimi per le aziende; sul vietare gli imballaggi considerati ‘non essenziali’ (come gli imballaggi monouso per shampoo degli hotel o altri imballaggi monouso in ristoranti e caffè); progettare entro il 2030 tutti gli imballaggi in modo che siano riciclabili al 100 per cento e introducendo tassi obbligatori di contenuto riciclato che i produttori dovranno includere nei nuovi imballaggi di plastica. La parte più controversa, quella più discussa in Italia, è quella che riguarda il riutilizzo degli imballaggi, con obiettivi minimi per le aziende.
Nel testo della relatrice per l’Europarlamento vengono rafforzati i target di rifiuti da imballaggio di plastica e anche proposto un obiettivo di raccolta differenziata del 90 per cento per il 2029 per tutti i tipi di imballaggi coperti dalla proposta legislativa e non più solo per le bottiglie di plastica, come nella proposta della Commissione. Stretta in arrivo anche sull’utilizzo delle sostanze Pfas, che generalmente vengono utilizzati per rendere ignifughi o impermeabili gli imballaggi, in particolare quelli alimentari. La relatrice ha proposto vietarne l’uso negli imballaggi alimentari in carta e cartone, come ha fatto la Danimarca nel 2020 e come sta per fare anche il Belgio.
Il voto di domani in Envi rimane incerto perché Ppe e S&D, i due gruppi con il maggior numero di seggi in Europarlamento, voteranno divisi e perché sono stati presentati vari emendamenti di compromesso dal Ppe e Ecr, alternativi al testo di Ries. La delegazione italiana in Envi potrebbe votare dunque a sostegno degli emendamenti che annacquano alcuni impegni della proposta, in particolare gli obiettivi di riuso. L’iniziativa di revisione degli imballaggi è parte di un più ampio pacchetto legislativo sull’economia circolare adottato dalla Commissione europea che comprende anche un quadro politico per fare chiarezza per consumatori e industrie sulle plastiche biodegradabili, compostabili e biobased e una proposta di regolamento per un quadro normativo per i certificati di assorbimento del carbonio. La prima metà del pacchetto ‘economia circolare’ è stata presentata dalla Commissione lo scorso 30 marzo, con quattro iniziative specifiche: nuove norme per l’eco-progettazione dei prodotti, un piano di lavoro di transizione per gli anni 2022-2024 (fino a che le nuove norme non saranno in vigore) e due iniziative settoriali per due dei comparti su cui l’Ue vuole intervenire prima possibile, l’industria tessile e i prodotti delle costruzioni.