Bruxelles – La proposta avanza e, da iniziativa dei cittadini europei, si sposta all’interno delle istituzioni comunitarie. La possibilità che il divieto di allevamento e uccisione di animali per la produzione di pellicce venga esteso su tutto il territorio dell’Unione Europea diventa sempre più concreta, anche se al momento manca il passaggio fondamentale: una proposta di legge da parte della Commissione Europea. È per questo motivo che dall’emiciclo del Parlamento Ue a Strasburgo si alza la voce chiara degli eurodeputati per esortare il gabinetto von der Leyen a presentare quanto prima un’iniziativa legislativa per “omogeneizzare il Mercato interno”, dopo che 15 Stati membri Ue (su 20 europei complessivamente) hanno già adottato divieti parziali o totali sull’allevamento di animali per il solo scopo di ricavarne pellicce.
“Questa pratica è una chiara violazione del benessere animale, ha un impatto ecologico, minaccia la biodiversità e rappresenta un rischio sanitario per potenziali focolai di malattie”, ha messo ordine Michal Wiezik (Renew Europe), relatore per il Parlamento Europeo sull’iniziativa dei cittadini europei Fur Free Europe, chiedendo “una riposta chiara” alla Commissione dopo la presentazione di oltre 1,5 milioni di firme in meno di un anno e mezzo. Nel corso del dibattito di questa mattina (19 ottobre) in sessione plenaria la neo-commissaria per l’Innovazione e la ricerca, Iliana Ivanova, ha assicurato che “esamineremo questa richiesta con la massima attenzione” e, prima di un’eventuale iniziativa legislativa, i servizi del Berlaymont devono “valutare attentamente tutte le richieste sulla base di solide prove scientifiche e della valutazione di aspetti economici, sociali, ambientali e legali”. La stessa commissaria ha voluto rassicurare gli eurodeputati sul fatto che l’esecutivo Ue è impegnato a svolgere “controlli regolari per far attuare la legislazione sul benessere animale” e, a questo proposito, ha annunciato che “presenteremo entro la fine di quest’anno una proposta per rivedere le regole sulla protezione degli animali durante il trasporto“.
Particolarmente decisi sono stati gli appelli di tre eurodeputate italiane, per far capire alla rappresentante del gabinetto von der Leyen l’urgenza della materia. “Gli allevamenti non sono etici, rappresentano una minaccia per la biodiversità e l’ambiente, non a caso l’industria delle pellicce è tra le prime cinque che inquinano di più con metalli tossici nelle falde acquifere“, è stato l’attacco di Maria Angela Danzì (Movimento 5 Stelle), che ha messo in chiaro come “la mancanza di una proposta legislativa sul benessere degli animali tradisce la fiducia di oltre 1,5 milioni di cittadini che hanno firmato un’iniziativa per dire basta alle pellicce in Europa”. Sulla stessa linea la collega di partito Laura Ferrara: “Chiediamo alla Commissione di presentare subito una proposta legislativa che ponga fine a un mercato che genera solo inutili crudeltà”. Nel suo intervento l’eurodeputata M5S ha rivendicato che “questo genere di allevamento è in netto contrasto con i principi fondamentali del benessere animale: non è etico, non è sicuro, non è sostenibile, può essere rischioso per la salute pubblica e dannoso per la biodiversità autoctona”.
L’esponente del Partito Democratico Beatrice Covassi ha ricordato che “dal 2007 il principio del benessere animale è incluso nei Trattati” e non si tratta “solo di una questione etica, bisogna anche mettere in luce i rischi di questi allevamenti sia per la salute umana sia per quella animale”. Si tratta in altre parole dell’approccio One Health portato avanti dalla stessa Commissione, secondo cui “salute animale, umana e dell’ambiente sono interconnesse”. A questo si aggiunge il fatto che “i tempi sono maturi” per un’iniziativa legislativa a livello Ue, dopo che 20 Paesi europei si sono mossi in questa direzione: Italia, Austria, Belgio, Croazia, Estonia, Francia, Irlanda, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Repubblica Ceca, Slovacchia e Slovenia per quanto riguarda i Paesi membri Ue, mentre quelli extra-Ue sono Bosnia ed Erzegovina, Macedonia del Nord, Norvegia, Regno Unito e Serbia.
L’iniziativa dei cittadini Ue sul divieto di pellicce
Prende così sempre più slancio l’iniziativa dei cittadini europei Fur Free Europe, che si pone proprio l’obiettivo di stabilire una legislazione comunitaria armonica sul divieto di allevamento di animali per il commercio di pellicce. Un’iniziativa – registrata dalla Commissione Ue il 16 marzo 2022 – che ha raccolto il sostegno di 1,5 milioni persone, raggiungendo la soglia richiesta in 18 Stati membri. Secondo quanto si legge nel report dedicato, l’allevamento di animali per pellicce è da vietare per tre motivi: perché anti-etico, perché insicuro e perché non sostenibile. “Le complesse esigenze comportamentali delle specie animali selvatiche, come volpi e visoni, che vengono allevate per la pelliccia non possono essere soddisfatte negli allevamenti”, viene specificato nel primo punto, “indipendentemente dal luogo in cui viene praticato“. A proposito della salute, “durante la pandemia Covid-19 centinaia di allevamenti di visoni sono stati colpiti da epidemie e si è scoperto che nuove varianti del virus Sars-CoV-2 sono state trasmesse all’uomo dagli animali”. E infine la sostenibilità: “La tolettatura e la tintura delle pellicce comportano l’uso di sostanze chimiche tossiche” e questa lavorazione “si colloca tra le prime cinque industrie a più alta intensità di inquinamento” da metalli tossici.
Ancora prima del Parlamento Ue, il Comitato economico e sociale europeo (Cese) si è ritagliato un ruolo tra i più entusiasti sostenitori dell’iniziativa per il divieto di pellicce a livello comunitario. “Il Cese non solo seguirà con attenzione, ma contribuirà anche attivamente agli ulteriori sviluppi in materia“, ha promesso il presidente, Oliver Röpke, come poi confermato dal supporto a ‘Fur Free Europe’ durante l’audizione pubblica organizzata giovedì scorso (12 ottobre) dalle commissioni per l’Agricoltura e lo sviluppo rurale (Agri) e per il Mercato interno e la protezione dei consumatori (Imco) dell’Eurocamera.