Bruxelles – La seconda sostituzione in un anno, quando si avvicina sempre più la scadenza della legislatura in corso. L’eurodeputato slovacco Martin Hojsík (Renew Europe) è stato eletto oggi (18 ottobre) vicepresidente del Parlamento Europeo, a nove mesi esatti dall’ultimo cambio di guardia dei 14 bracci destri della presidente Roberta Metsola. La nuova nomina si è resa necessaria per il passo indietro dell’ex-vicepresidente Michal Šimečka (anche lui slovacco, anche lui del gruppo liberale), che ha scelto di tornare alla politica nazionale a Bratislava per guidare l’opposizione al prossimo governo filo-russo di Robert Fico.
A differenza della tormentata elezione del lussemburghese Marc Angel (S&D), ultimo eurodeputato ad aggregarsi alla squadra dei vice di Metsola il 18 gennaio scorso, la nomina di Hojsík è filata liscia e senza particolari complicazioni. Dopo la nomina da parte di Renew Europe la scorsa settimana, nessun altro gruppo politico ha deciso di presentare un proprio candidato e per questo motivo la votazione in sessione plenaria a Strasburgo ha seguito la procedura dell’acclamazione, secondo quanto previsto dall’articolo 15 del Regolamento del Parlamento Europeo: “Qualora il numero delle candidature non superi il numero dei seggi da assegnare, i candidati sono eletti per acclamazione, a meno che un numero di deputati o uno o più gruppi politici pari almeno alla soglia alta richiedano uno scrutinio segreto”. Né il Partito Popolare Europeo né il gruppo dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e Democratici (S&D) ha voluto sfidare l’accordo politico del 2019 tra socialdemocratici, liberali e popolari (quello che ha sancito la staffetta per la presidenza del Parlamento Ue tra David Sassoli e Roberta Metsola), ma nemmeno i gruppi delle destre, dei Verdi o della Sinistra hanno provato un ultimo sgambetto prima delle elezioni europee del giugno 2024.
A proposito di elezioni europee, il nuovo vice-presidente del Parlamento Ue ha riconosciuto che “manca poco, ma ci sono ancora cose che devono funzionare senza intoppi“, tra cui l’ufficio della vicepresidenza che prende decisioni sul funzionamento dell’Eurocamera, sulle regole per gli eurodeputati, sulle nomine di alti funzionari e sull’acquisto di proprietà. Hojsík è un membro del Partito Progressista Slovacco, proprio come il dimissionario Šimečka, che è andato molto vicino a diventare primo ministro o quantomeno leader della forza trainante di un governo europeista dopo le elezioni dello scorso 30 settembre nel Paese. Invece l’ex-vicepresidente del Parlamento Ue tornerà a Bratislava con l’obiettivo di mettere i bastoni tra le ruote all’esecutivo filo-russo formato dall’alleanza tra due formazioni socialdemocratiche – Smer-Ssd e Hlas-Sd – e l’estrema destra del Partito Nazionale Slovacco.
L’anomala scelta di campo delle due forze socialdemocratiche slovacche ha causato un piccolo terremoto anche a Bruxelles. Giovedì scorso (12 ottobre) la Presidenza del Partito del Socialismo Europeo (Pse) ha deciso di sospendere l’adesione di Smer-Ssd e Hlas-Sd, motivando la scelta con il fatto che “il memorandum d’intesa firmato dai tre partiti non è compatibile con i valori e i principi progressisti della famiglia europea dei socialisti e dei socialdemocratici“, in particolare sulla guerra russa contro l’Ucraina, la politica di migrazione, lo Stato di diritto e i diritti della comunità Lgbtqi+. Sulla stessa linea l’Ufficio di presidenza S&D aveva proposto di sospendere l’adesione dei tre eurodeputati slovacchi tra le fila dei 143 socialdemocratici al Parlamento Ue. Nel pomeriggio di ieri (17 ottobre), prima dell’inizio della riunione in cui si sarebbe dovuta prendere la decisione, Monika Beňová e Katarína Roth Neve’alová (entrambe in quota Smer-Ssd) e Róbert Hajšel (anche lui eletto nel 2019 tra le fila del partito di Fico e oggi indipendente) si sono dimessi dal gruppo.