Bruxelles – “Occorre una rete per smantellare una rete“. La commissaria per gli Affari interni, Ylva Johannson, riassume così la nuova strategia dell’Unione europea per contrastare la criminalità organizzata ed in particolare il traffico di droga. Il più ampio pacchetto di misure per la sicurezza prevede una nuova Alleanza europea dei porti, perché è qui che si annida il problema delle sostanze stupefacenti illegali e si sviluppa l’attività criminale.
Solo nel porto di Anversa, in Belgio, “ogni anno entrano 12 milioni di container”, sottolinea Johannson. E solo nel mese di agosto di quest’anno, 8 tonnellate di cocaina sono state sequestrate nel solo porto olandese di Rottederam. Numeri che danno l’idea di un traffico difficile da scandagliare. L’alleanza dei porti intende rispondere a questo, rafforzando il lavoro delle autorità doganali, delle autorità di contrasto e degli operatori pubblici e privati dei porti di tutta Europa, dotandoli, ad esempio, di dispositivi di scansione e attrezzature all’avanguardia.
L’iniziativa porta la firma di Paolo Gentiloni, commissario per l’Economia responsabile anche per le dogane. “Le dogane sono in prima linea nella lotta comune dell’Ue contro il traffico di droga, un fenomeno che causa violenze, reati e sofferenze immani”, sottolinea lo stesso Gentiloni.
I numeri indicano che circa il 70 per cento dei sequestri di partite di droga avviene nei porti europei. Per questo tipo di merce solo nel 2021 si sono registrate nell’Ue 6.200 morti per overdose e il 50 per cento di tutti gli omicidi connessi in Europa sono legati al traffico di droga. Per questo, insiste Gentiloni, “dobbiamo intensificare la collaborazione e la condivisione delle informazioni tra i funzionari che presidiano i punti d’ingresso dell’Ue, un aspetto che ha già dimostrato la sua efficacia nel frenare il dilagare del traffico di stupefacenti”. Perché, sottolinea, “è qui che l’Alleanza europea dei porti può apportare un reale valore aggiunto“.
A partire dal 2024, quindi, la Commissione utilizzerà il programma Strumento per il controllo doganale (CCEI) per sostenere questa priorità dell’Ue, stanziando più di 200 milioni di euro per finanziare attrezzature all’avanguardia che possano aiutare le autorità doganali a scansionare container e altri mezzi di trasporto, aumentando così l’efficacia della gestione doganale per quanto riguarda rischi e controlli legati alle droghe illecite. Ciò include il sostegno ai laboratori doganali a cui verranno fornite anche attrezzature per analizzare i farmaci e affrontare le crescenti sfide che il mercato della droga porta con sé.
Una di queste è rappresentata dalla diffusione delle droghe sintetiche, che “hanno proliferato nell’ultimo decennio a livello internazionale e regionale e rappresentano una minaccia reale per la salute e la sicurezza”, avverte la comunicazione indirizzata agli Stati membri. “Cresce anche la preoccupazione per la produzione di droghe sintetiche in Europa, che vengono esportate in tutto il mondo”. Tra i prodotti incriminati il fentanyl, sempre più un problema per l’Europa e che vede l’Ue ragionare a un nuovo mandato dell’agenzia europea (l’Euda, in sostituzione dell’Emcdda, e che dovrebbe diventare operativa nel 2024) proprio per arginare questo fenomeno.
Non è dunque un caso se l’Ue spinge per maggiore cooperazione e partner internazionali. “Lo scambio di informazioni e la condivisione di esperienze sono estremamente preziosi, soprattutto con i paesi del Nord America dove i problemi legati al fentanil sono più diffusi”, continua il testo per la nuova strategia contro le droghe. La rete nella rete, per sconfiggere l’altra rete, quella criminale. “L’Ue deve aumentare la preparazione e mettere in atto solide misure di sorveglianza”.
Ma c’è un problema negli scali marittimi dell’Unione. Nel suo ultimo rapporto, l’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze (Emcdda) denuncia come il traffico di cocaina via mare attraverso container “è anche associato a livelli crescenti di criminalità legata alla droga, tra cui la corruzione del personale lungo le catene di approvvigionamento, l’intimidazione e la violenza”. Un modus operandi già denunciato ad aprile da Europol, l’agenzia di polizia europea, che proprio sulla corruzione nei porti e l’uso improprio di codici di riferimento di container aveva richiamato l’attenzione in un rapporto dedicato al fenomeno. Circa il 60 per cento delle organizzazioni criminali utilizzerebbe la corruzione come leva per affari dal valore complessivo, droga inclusa, da 139 miliardi di euro l’anno.
La comunicazione che arriva da Bruxelles e indirizzata agli Stati membri chiede dunque fare in modo che le autorità preposte siano più decise nell'”indagare sulle accuse di corruzione, anche fungendo da punto di contatto per gli informatori”.
La nuova strategia Ue per i porti prevede una riforma del modello di selezione e gestione del personale. Tutti gli operatori portuali “dovrebbero avere i mezzi per selezionare e controllare adeguatamente i propri dipendenti per evitare tentativi di corruzione da parte di reti criminali”. Inoltre dovrebbero disporre degli “strumenti necessari per tracciare i container e proteggere le aree portuali con telecamere, sensori e scanner”.
Porti blindati in nome della rimozione di quelle “scappatoie”, denuncia Johansson, sui prolifera la criminalità organizzata. “La minaccia della criminalità organizzata e del traffico di stupefacenti si sta aggravando”, sottolinea la commissaria agli Affari interni. “Ho detto che abbiamo bisogno di una rete per combattere una rete”. Ebbene, assicura, questa iniziativa “intensificherà la nostra risposta” e “rappresenta un passo significativo nella costruzione di tale rete”.