Bruxelles – Non sarà l’Italia a mettere il bastone tra le ruote dell’Europa. Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, vuole rassicurare ma pure essere rassicurato. Nel non semplice negoziato per la riforma del patto di stabilità e una meno scontata del previsto doppia transizione da portare a termine, anche per governo Meloni “è importante avere un accordo” sulla governance economica comune, senza però soffocare l’economia. “Bisogna raggiungere il giusto equilibrio tra consolidamento di bilancio e crescita”, scandisce il Ministro in un tavolo povero di partecipanti. Perché i contributi non mancano, così come le visioni e i punti di vista, quasi mai convergenti su questi temi, ma nel corso della sessione pubblica del consiglio Ecofin l’unico dei Ventisette a parlare è l’Italia.
Del resto chi aveva qualcosa da dire non ha perso occasione. Germania e Paesi Bassi, già alla vigilia dell’Ecofin, hanno chiarito che al netto degli accordi di principio ora vanno definiti i dettagli. Vuol dire “soglie numeriche”, per usare le parole del ministro delle Finanze tedesco, Christian Lindner. Vuol dire avere regole e traiettorie di riduzione del debito che siano “misurabili”, per usare invece le parole della ministra delle Finanze olandese, Sigrid Kaag.
L’immagine offerta dalle telecamere è quella di un Giorgetti solo più che isolato. Vero è che la Francia offre sponde. “La riduzione del debito deve essere progressiva e credibile”, scandisce il ministro delle Finanze Bruno Le Maire a margine dei lavori. Nessun parametro, nessun numero, ma un impegno meno stringente in termini di vincoli. Sfumature non di poco conto, in un momento in cui la spesa per le transizioni verde e digitale va garantire.
A tal proposito il titolare del Tesoro vuole garanzie sull’agenda politica tricolore. “Vogliamo che il nuovo patto permetta di raggiungere gli obiettivi” individuati dal governo. Ecco che la riforma del patto si intreccia con le richieste di modifica del Piano per la ripresa (Pnrr), finanziato sì dal Recovery Fund europeo, ma che richiede sforzi anche nazionali. E poi la politica monetaria della Bce, con il rialzo dei tassi che costa caro per il pagamento degli interessi sui titoli di Stato ed erode la capacità fiscale.
Per questo Giorgetti insiste sulla necessità di regole che non soffochino troppo chi, come l’Italia, margini di spesa ne aveva pochi e ne vede sempre meno. Senza dimenticare la riforma del Mes. Per l’ultimo libera via libera che manca, quello italiano, per la nuova veste del fondo salva-Stati, la maggioranza potrebbe avere bisogno di qualcosa di più che semplici rassicurazioni verbali. Il ministro dell’Economia gioca dunque su più tavoli.
La Spagna, con la presidenza di turno del Consiglio dell’Ue, fa sul serio. “Vogliamo un accordo entro anno, e lavoriamo con determinazione”, scandisce Nadia Calvino, ministra delle Finanze uscente. Ne va della tenuta dell’Europa. “Serve certezza in tempi di incertezze”. Soprattutto per chi dovrà investire nell’agenda sostenibile e innovativa dell’Ue. La transizione dipende anche da questo. “Dobbiamo dare sicurezza ai mercati“, aggiunge.
Insiste su questo anche Valdis Dombrovskis, commissario per un’Economia al servizio delle persone. “Dobbiamo tornare ad avere regole comune per essere attendibili, e nel frattempo le politiche di bilancio devono rimanere prudenti”. Niente spesa indiscriminata, dunque. Con un pro-memoria: “La soglia del 3 per cento nel rapporto deficit/Pil è un limite massimo, non un obiettivo“.