Bruxelles – L’offensiva della Commissione Europea contro le piattaforme online prosegue e raggiunge altri due attori di peso. Il commissario per il Mercato interno, Thierry Breton, nelle ultime 24 ore ha inviato altre due lettere – dopo quelle ai proprietari di X e Meta – all’indirizzo di YouTube e TikTok per avvertire che devono essere rispettati secondo le regole del Digital Services Act gli obblighi sulla moderazione dei contenuti, in particolare dopo gli attacchi terroristici di Hamas contro Israele e alla luce delle campagne elettorali nei Paesi membri Ue.
Sia la lettera indirizzata all’amministratore delegato di Alphabet (di cui fa parte YouTube), Sundar Pichai, sia quella all’amministratore delegato di TikTok, Shou Zi Chew, gettano luce su “una serie di gravi sviluppi recenti” che riguarda “un’ondata di contenuti illegali e di disinformazione” sulla questione Israele-Palestina. Breton punta il dito soprattutto contro i “contenuti violenti che ritraggono la presa di ostaggi e altri video grafici“, visti da “milioni di bambini e adolescenti”. Questo tema riguarda anche la reazione alla ricezione di notifiche di contenuti illegali: “Dovete essere tempestivi, diligenti e obiettivi nell’intervenire” e, considerata “l’urgenza”, il responsabile per il Mercato interno nel gabinetto von der Leyen esorta a “mettersi in contatto con le autorità di polizia competenti e con Europol”. Preoccupa il Berlaymont il fatto che “molti utenti” si rivolgono alle due piattaforme “come fonte di notizie” e per questo motivo “le fonti affidabili devono essere adeguatamente differenziate dalla propaganda terroristica e dai contenuti manipolati, come video riproposti di festival o raduni di massa non correlati”.
Ma c’è anche un’altra area di interesse “urgente” della Commissione nei confronti delle due piattaforme online: “Affrontare la disinformazione nel contesto delle elezioni, una priorità che abbiamo discusso personalmente quando ci siamo incontrati a Bruxelles a maggio”, si legge nella lettera indirizzata al Ceo di Alphabet. Un riferimento simile a quello presentato al numero uno di TikTok a proposito delle questioni che “meritano un’attenzione immediata, compresi i contenuti potenzialmente pericolosi per la vita di cui abbiamo discusso a gennaio“. Proprio la legge sui servizi digitali impone misure contro “il rischio di amplificazione di immagini e fatti falsi e manipolati generati con l’intento di influenzare le elezioni“, come i deepfake (contenuti video estremamente realistici). Una realtà preoccupante in particolare “alla luce delle prossime elezioni in Polonia, Paesi Bassi, Lituania, Belgio, Croazia, Romania e Austria” ma anche della tornata elettorale per il rinnovo del Parlamento Europeo nel giugno 2024. Su tutte queste questioni i team di YouTube e TikTok dovranno rispondere in modo “proattivo, tempestivo, accurato e completo” alla squadra di Breton, per evitare un’indagine di non-conformità e possibili sanzioni: “Includeremo la vostra risposta nel nostro dossier di valutazione sulla vostra conformità con il Dsa”.
Breton contro Musk e Zuckerberg
“Caro signor Musk, in seguito agli attacchi terroristici compiuti da Hamas contro Israele, abbiamo avuto indicazioni che la vostra piattaforma viene utilizzata per diffondere contenuti illegali e disinformazione nell’Ue“, è stato il primo avvertimento del commissario Breton sotto forma di lettera inviata martedì (10 ottobre) al quartier generale di X (ex-Twitter). Identica azione replicata a nemmeno 24 ore di distanza nei confronti del numero uno di Meta, Mark Zuckerberg, con la stessa precisazione: “Vorrei ricordarle che il Digital Services Act stabilisce obblighi molto precisi per quanto riguarda la moderazione dei contenuti”. Anche nei confronti di Meta sono state sollevate preoccupazioni per le stesse tornate elettorali appena svoltesi o all’orizzonte nell’Unione.
Ma al centro della questione c’è in particolare il fatto che X e Meta non sono “trasparenti e chiare su quali contenuti sono consentiti”. Un dettaglio di non poco conto “quando si tratta di contenuti violenti e terroristici che sembrano circolare” sulle piattaforme. Breton ha fatto notare in particolare a Musk che, nel momento della ricezione di notifiche su contenuti illegali, “dovete essere tempestivi, diligenti e obiettivi nell’intervenire e nel rimuovere i contenuti, quando giustificato”. Si tratta di “immagini e fatti falsi e manipolati“, come per esempio vecchie foto riproposte di conflitti armati non correlati o filmati militari che in realtà provengono da videogiochi. La Commissione avrebbe ricevuto da “fonti qualificate” alcune segnalazioni di contenuti “potenzialmente illegali” che circolano ancora su X nonostante le segnalazioni delle autorità competenti, anche – ma non solo – per il fatto che il team di moderazione dei contenuti è stato di fatto smantellato dal momento dell’acquisizione di Twitter da parte di Musk un anno fa. Di fronte a queste preoccupazioni “dovete disporre di misure di mitigazione proporzionate ed efficaci per affrontare i rischi per la sicurezza pubblica e il discorso civico derivanti dalla disinformazione”, è l’avvertimento di Breton all’indirizzo di entrambi gli imprenditori.
Ma è con Musk che è andato in scena lo scontro più eclatante. Il duro scambio di battute seguito nelle ore successive all’invio della lettera è scaturito dall’invito esplicito del commissario Breton a “riferire al mio team le misure di crisi adottate” e dall’esortazione a mettersi in contatto “con le autorità di polizia competenti e con Europol e che rispondiate prontamente alle loro richieste” entro 24 ore: “Includeremo la vostra risposta nel nostro dossier di valutazione della vostra conformità al Dsa“, prima di aprire una potenziale indagine e di comminare sanzioni in caso di non conformità. Musk ha deciso invece di seguire la strada della sfida a Bruxelles, rispondendo direttamente dal proprio profilo X al post di Breton: “La nostra politica prevede che tutto sia open source e trasparente, un approccio che so che l’Ue sostiene, la prego di elencare le violazioni a cui allude, in modo che il pubblico possa vederle“. Con un provocatorio “merci beaucoup” (‘molte grazie’) finale. Non si è fatto intimidire il commissario – francese – per il Mercato interno che, dopo un “vu, merci” (‘visto, grazie’), ha messo in chiaro che “sta a voi dimostrare che rispettate le regole” del Digital Services Act, che l’Unione Europea “continuerà a far rispettare con rigore”. Proprio ieri è poi arrivata la comunicazione che la Commissione ha ricevuto la risposta di X: “Il team di applicazione del Dsa analizzerà la risposta e deciderà i passi successivi”, ha reso noto Breton.