Bruxelles – Doveva essere una sfida di lotta in un anfiteatro tra il proprietario di Meta, Mark Zuckerberg, e quello dell’ex-Twitter (oggi X), Elon Musk. Ma il vero sfidante per entrambi da mesi è l’Unione Europea, più precisamente il commissario per il Mercato interno, Thierry Breton. E, a ben vedere, il match tutto virtuale non sta andando nel migliore dei modi per i due imprenditori statunitensi. “Caro signor Musk, in seguito agli attacchi terroristici compiuti da Hamas contro Israele, abbiamo avuto indicazioni che la vostra piattaforma viene utilizzata per diffondere contenuti illegali e disinformazione nell’Ue“, è l’ultimo avvertimento del commissario Breton arrivato sotto forma di lettera e ripostato su X dallo stesso responsabile per il Mercato interno nel gabinetto von der Leyen. Identica azione è stata fatta a nemmeno 24 ore di distanza nei confronti del numero uno di Meta Zuckerberg, con la stessa precisazione: “Vorrei ricordarle che il Digital Services Act stabilisce obblighi molto precisi per quanto riguarda la moderazione dei contenuti”.
Al centro della questione, secondo quanto evidenziato dall’esecutivo comunitario, c’è il fatto che X e Meta non sono “trasparenti e chiare su quali contenuti sono consentiti” sulle piattaforme. Un dettaglio di non poco conto “quando si tratta di contenuti violenti e terroristici che sembrano circolare sulla vostra piattaforma”. Breton ha fatto notare in particolare a Musk che, nel momento della ricezione di notifiche su contenuti illegali, “dovete essere tempestivi, diligenti e obiettivi nell’intervenire e nel rimuovere i contenuti, quando giustificato”. Come reso noto dallo stesso commissario europeo, si tratta di “immagini e fatti falsi e manipolati“, come per esempio vecchie foto riproposte di conflitti armati non correlati o filmati militari che in realtà provengono da videogiochi. La Commissione avrebbe ricevuto da “fonti qualificate” alcune segnalazioni di contenuti “potenzialmente illegali” che circolano ancora su X nonostante le segnalazioni delle autorità competenti, anche – ma non solo – per il fatto che il team di moderazione dei contenuti è stato di fatto smantellato dal momento dell’acquisizione di Twitter da parte di Musk un anno fa. Di fronte a queste preoccupazioni “dovete disporre di misure di mitigazione proporzionate ed efficaci per affrontare i rischi per la sicurezza pubblica e il discorso civico derivanti dalla disinformazione”, è l’avvertimento di Breton all’indirizzo di entrambi.
Ma è con Musk che si registra il clima più teso. Il duro scambio di battute seguito nelle ore successive all’invio della lettera ieri (10 ottobre) è scaturito dall’invito esplicito del commissario Breton a “riferire al mio team le misure di crisi adottate” e dall’esortazione a mettersi in contatto “con le autorità di polizia competenti e con Europol e che rispondiate prontamente alle loro richieste” entro 24 ore: “Includeremo la vostra risposta nel nostro dossier di valutazione della vostra conformità al Dsa“, prima di aprire una potenziale indagine e di comminare sanzioni in caso di non conformità. Musk ha deciso invece di seguire la strada della sfida a Bruxelles, rispondendo direttamente dal proprio profilo X al post di Breton: “La nostra politica prevede che tutto sia open source e trasparente, un approccio che so che l’Ue sostiene, la prego di elencare le violazioni a cui allude, in modo che il pubblico possa vederle“. Con un provocatorio “merci beaucoup” (‘molte grazie’) finale. Non si è fatto intimidire il commissario – francese – per il Mercato interno che, dopo un “vu, merci” (‘visto, grazie’), ha messo in chiaro che “sta a voi dimostrare che rispettate le regole” del Dsa, che l’Unione Europea “continuerà a far rispettare con rigore”.
La saga Ue vs Musk
Quella sulla disinformazione nel contesto della guerra tra Israele e Hamas è solo l’ultima di una lunga serie di preoccupazioni della Commissione Europea nei confronti delle politiche messe in atto da Musk. A dicembre dello scorso anno il gabinetto von der Leyen aveva minacciato sanzioni a seguito della sospensione arbitraria degli account di diversi giornalisti che si occupano di tecnologia e che erano stati molto critici nei confronti del nuovo proprietario Musk. Solo un mese prima la Commissione si era espressa contro la chiusura temporanea (ma al momento ancora in atto) dell’ufficio europeo a Bruxelles, in particolare per le conseguenze sul piano dell’implementazione del Codice di condotta Ue sulla disinformazione e della nuova legge sui servizi digitali (Digital Services Act) da parte della piattaforma statunitense.
Da novembre dello scorso anno l’azienda di Musk ha deciso di smettere di valutare la disinformazione legata al Covid-19, uscendo di fatto dal programma di rendicontazione europeo sulla responsabilità delle Big Tech nella diffusione di notizie legate alla pandemia e alla campagna di vaccinazione. La scelta di non rilasciare più i report sulle misure implementate per combattere la disinformazione è stata definita dalla vicepresidente della Commissione Ue responsabile per il Digitale, Věra Jourová, “la strada dello scontro” seguita dal magnate statunitense. I questo contesto ha sollevato enormi polemiche la decisione di sei mesi fa di non etichettare più i media controllati da regimi autoritari come Russia, Cina e Iran e le agenzie di propaganda come ‘media affiliato allo Stato’, così come la fine del divieto di promozione o consiglio automatico agli utenti dei loro contenuti.
Si teme soprattutto che l’azienda non rispetti la nuova legge Ue sui servizi digitali, che rende responsabili le piattaforme per la diffusione di contenuti illegali e la disinformazione attraverso i social media. Dopo l’entrata in vigore alla fine dello scorso anno, dal 25 agosto X è nella lista delle 19 piattaforme digitali che devono adeguarsi agli obblighi previsti dal Digital Services Act. In caso contrario sono previste multe fino al 6 per cento del fatturato globale: nel 2021 il fatturato di Twitter è stato di circa 5 miliardi di dollari e la massima sanzione possibile si attesterebbe perciò attorno ai 300 milioni di dollari. “In Europa, l’uccellino [di Twitter, ndr] volerà secondo le nostre regole”, ha ribadito più volte il commissario Breton. Anche se oggi è sparito l’uccellino con il rebranding della piattaforma, gli obblighi e le potenziali sanzioni per X rimangono intatte.