Bruxelles – Un obiettivo vincolante di quota di rinnovabili nel consumo energetico complessivo dell’Ue del 42,5 per cento entro il 2030, dall’attuale 32 per cento previsto dalla direttiva del 2018. Gli Stati membri al Consiglio Ue hanno dato oggi (9 ottobre) il via libera definitivo all’accordo con l’Europarlamento raggiunto a marzo scorso sulla revisione della Direttiva sulle energie rinnovabili, che oltre ad alzare il target prevede un impegno solo indicativo da parte dei governi di un ulteriore 2,5 per cento di quota rinnovabile che consentirebbe di raggiungere il 45 per cento.
La revisione della direttiva è parte centrale del pacchetto sul clima ‘Fit for 55’ proposto dalla Commissione europea a luglio 2021, come una tabella di marcia per ridurre del 55 per cento le emissioni di gas serra entro il 2030 (rispetto ai livelli del 1990). Al voto di oggi che si è tenuto a Lussemburgo, Bulgaria e Repubblica ceca si sono astenute mentre Polonia e Ungheria hanno votato contro. Per il via libera era necessaria una maggioranza qualificata di Stati membri (con il voto favorevole del 55 per cento degli Stati membri, che rappresentino almeno il 65 per cento della popolazione dell’Ue). Le nuove norme sull’energia pulita saranno ora pubblicate nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea ed entreranno in vigore 20 giorni dopo.
L’accordo e le modifiche alla direttiva
Dopo sette round negoziali, i co-legislatori di Parlamento e Consiglio – con la mediazione dalla Commissione europea – hanno raggiunto un accordo a marzo per aumentare la quota di energie rinnovabili nel consumo finale di energia dell’Ue al 42,5 per cento entro il 2030, con l’idea di ‘impegnarsi’ a raggiungere il 45 per cento (con un ulteriore aumento indicativo del 2,5 per cento che però non è vincolante). Nel 2021, la quota di energia da fonti rinnovabili nell’Ue era pari al 22 per cento, ma con un diverso significativo tra i Paesi. Ciascuno Stato membro deve contribuire all’obiettivo comune, mentre nella direttiva sono stati concordati obiettivi settoriali più ambiziosi nei settori dei trasporti, dell’industria, degli edifici e del teleriscaldamento e teleraffrescamento per accelerare l’impiego delle energie rinnovabili in questi settori difficili da decarbonizzare.
Ad esempio, è stato introdotto un obiettivo vincolante di riduzione del 14,5 per cento dell’intensità dei gas serra nei trasporti derivanti dall’uso delle energie rinnovabili entro il 2030 o una quota vincolante di almeno il 29 per cento di energie rinnovabili nel consumo finale di energia nel settore dei trasporti entro il 2030. Le nuove norme stabiliscono un sotto-obiettivo combinato vincolante del 5,5 per cento per i biocarburanti avanzati (generalmente derivati da materie prime non alimentari) e i combustibili rinnovabili di origine non biologica (principalmente idrogeno rinnovabile e combustibili sintetici a base di idrogeno) nella quota di energie rinnovabili fornite al settore dei trasporti. All’interno di questo obiettivo, è previsto un requisito minimo pari all’1 per cento di combustibili rinnovabili di origine non biologica (RFNBO) nella quota di energie rinnovabili fornite al settore dei trasporti nel 2030.
Il nodo del nucleare
Il nodo principale dei negoziati riguardava il settore dell’industria, dove la Francia ha spinto per l’inclusione del nucleare. Le industrie, secondo l’accordo, dovrebbero aumentare l’uso di energie rinnovabili dell’1,6 per cento all’anno, con una quota del 42 per cento dell’idrogeno che utilizza proveniente da fonti rinnovabili di origine non biologica (Rfnbo) entro il 2030 e il 60 per cento entro il 2035. Combustibili rinnovabili di origine non biologica sono principalmente idrogeno rinnovabile (prodotto attraverso elettrolisi dell’acqua) e combustibili sintetici a base di idrogeno. L’intesa prevede che gli Stati membri possano approfittare di uno ‘sconto’ del 20 per cento sul contributo dell’idrogeno rinnovabile nel settore industriale attraverso l’idrogeno prodotto dall’energia nucleare.
Lo sconto è possibile quando il contributo nazionale raggiunge il contributo vincolante per l’Ue (ovvero la quota del 42,2 per cento) e quando la quota di idrogeno da combustibili fossili consumata nello Stato membro è inferiore al 23 per cento nel 2030 e al 20 per cento nel 2035. Anche dopo l’accordo con l’Eurocamera, Parigi ha continuato a fare pressione per un ulteriore riconoscimento dell’energia dell’atomo, minacciando per settimane di bloccare il via libera al Consiglio. In cambio dell’assenso alle nuove norme, Parigi ha ottenuto l’inclusione nel testo di compromesso di un considerando (22ab) in cui si legge la necessità di riconoscere che “alcuni impianti integrati di produzione di ammoniaca esistenti potrebbero trovarsi di fronte a sfide specifiche poste dalla sostituzione dell’idrogeno” e dunque la “necessaria ricostruzione di tali impianti richiederà importanti sforzi da parte degli Stati membri, a seconda delle specifiche circostanze nazionali e della struttura dell’approvvigionamento energetico”.
“Il Green Deal europeo sta apportando il cambiamento di cui abbiamo bisogno per ridurre le emissioni di CO2. Lo fa tenendo presenti gli interessi dei nostri cittadini e offrendo opportunità alla nostra industria europea”, ha sottolineato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, commentando il via libera a uno degli ultimi tasselli del ‘Fit for 55’. “La legislazione per ridurre le nostre emissioni di gas serra di almeno il 55 per cento entro il 2030 è ora in vigore e sono molto felice che siamo sulla buona strada per superare questa ambizione”.