Bruxelles – Il Lussemburgo si risveglia nel pieno di un’incertezza politica ancora maggiore rispetto a quella della vigilia del voto. Come previsto dai sondaggi, il Partito Popolare Cristiano Sociale si è confermato come prima forza politica, ma le alleanze per tornare al potere dopo 10 anni di opposizione sono tutte da costruire. E nel frattempo la coalizione di governo guidata dal liberale Xavier Bettel ha subito una dura battuta d’arresto che impedirà di proseguire l’esperienza di maggioranza parlamentare per come è stata impostata nell’ultimo decennio.
I risultati delle elezioni nazionali svoltesi ieri (8 ottobre) in Lussemburgo lasciano il premier in carica con l’amaro in bocca per non poter (ma il gioco delle allenze deve ancora partire) inseguire il terzo mandato di governo nonostante il suo Partito Democratico (affiliato ai liberali di Renew Europe) abbia superato le attese pre-voto, confermandosi seconda forza alla Camera dei deputati con due seggi guadagnati rispetto alle tornata del 2018 (14). Anche gli alleati di coalizione del Partito Operaio Socialista Lussemburghese hanno visto un incremento di un seggio (11), ma a far crollare il sogno di Bettel di un quindicennio al potere – come solo Pierre Werner (1959-1974) e Jean-Claude Juncker (1995-2013) sono riusciti nella storia del Paese – è stato il tracollo dei Verdi, che dopo l’exploit di cinque anni fa hanno perso più della metà dei seggi, passando da 9 a 4 e facendosi superare anche dai conservatori del Partito Riformista di Alternativa Democratica (in aumento a 5).
È così che, sommando i numeri della prossima Camera dei Deputati, la coalizione liberali-socialisti-Verdi si ferma a 29 seggi, due in meno rispetto alla soglia minima di 31. Se si vorrà continuare un esperimento di governo senza i popolari, dovranno essere portati a bordo i 3 deputati del Partito Pirata o i 2 della Sinistra, ma al momento lo scenario sembra altamente improbabile. È così che il partito guidato da Luc Frieden – ex-ministro delle Finanze dal 1998 al 2013 ed ex-presidente tra il 2022 e il 2023 di Eurochambres, l’associazione delle Camere di commercio e dell’industria europee – si pone al centro delle discussioni tra i partiti per la formazione del prossimo governo in Lussemburgo, verosimilmente non più a guida Bettel. Per il Partito Popolare Cristiano Sociale si tratta di una vittoria più per demeriti degli avversari che per un’eccellente prova alle urne, considerato il fatto che il numero di deputati non è cresciuto e rimane ben al di sotto della quota con cui l’ultimo premier popolare Juncker aveva governato con i socialisti tra il 2009 e il 2013 (26 rispetto ai 21 di oggi). Il fatto di essersi confermati però ancora una volta prima forza in Parlamento – e in assenza di alternative credibili – favorisce la possibilità per il Partito Popolare Cristiano Sociale di tornare al governo dopo un decennio di assenza.
Sarà ora compito del Granduca Enrico di Lussemburgo affidare l’incarico di primo ministro al vincitore delle elezioni, perché si presenti alla Camera dei Deputati per testare la maggioranza fissata a 31 seggi (su 60). Considerato il fatto che al momento nel Paese i conservatori nazionalisti sono esclusi da possibili alleanze di governo, è probabile che si imposti un confronto stretto tra i popolari, i socialisti e i liberali, con il partito di Bettel che – a differenza del 2009, quando si era proposto lo stesso scenario post-voto – si è già detto pronto a lavorare nel nuovo governo che potrebbe essere presieduto da Frieden. Insieme, i due partiti possono garantire una comoda maggioranza di 35 deputati, in attesa di capire quali siano le intenzioni dei socialisti, sempre parte delle diverse maggioranze dal 2004 a oggi. Quello che accadrà nelle prossime settimane in Lussemburgo sarà guardato con attenzione anche nella vicina Germania, il cui esecutivo guidato dal cancelliere Olaf Scholz e composto dalle stesse famiglie politiche della precedente coalizione lussemburghese è in netta difficoltà, come dimostrato dalle elezioni di ieri negli Stati federali di Assia e Baviera. Spesso il Lussemburgo si è ritagliato un ruolo di precursore delle alleanze e delle politiche poi attuate anche da Berlino, nonostante la Germania stia conoscendo un’avanzata quasi travolgente dell’estrema destra, che nel Granducato è rimasta invece piuttosto limitata.