Bruxelles – C’era e c’è la necessità di sostenere l‘Ucraina, perché il Paese “ha continuato a subire enormi danni a causa della guerra di aggressione della Russia”, ma in questa corsa alla solidarietà e al sostegno probabilmente si è agito troppo in fretta col rischio di aver promesso qualcosa che difficilmente si potrà mantenere. Questo il giudizio della Corte dei conti europea nella valutazione dell’istituzione del Fondo per l’Ucraina da 50 miliardi di euro. I conti, in sostanza, non tornano.
I revisori Ue di Lussemburgo ricordano che la valutazione rapida dei danni e dei bisogni dell’Ucraina condotta dalla Banca mondiale stima che il fabbisogno totale di ricostruzione sarà equivalente a 384 miliardi di euro nei prossimi 10 anni (2023-2033), di cui 142 miliardi di euro per il periodo 2023-2027. Inoltre, il 30 marzo 2023 il Fondo monetario internazionale “ha stimato che il deficit di finanziamento dello Stato fino al 2027 avrebbe raggiunto i 75,1 miliardi di euro e ha concordato con l’Ucraina un programma quadriennale di 14,4 miliardi di euro per sostenere la stabilità e la ripresa economica”. Ciò si traduce in un gap finanziario residuo di circa 60,7 miliardi di euro.
E’ qui che si pongono i problemi. Non è chiaro se e come questo ‘buco’ di bilancio potrò essere colmato. Secondo la Commissione, il “fabbisogno di ripresa rapida” dell’Ucraina, pari a circa 50 miliardi di euro, porta il deficit di finanziamento totale a 110 miliardi di euro entro il 2027. Per la Corte dei conti dell’Ue, “a causa della situazione in rapida evoluzione in Ucraina, queste stime rappresentano una valutazione delle esigenze in un momento specifico , e sono soggetti a rivalutazione“.
Con i 50 miliardi di euro previsti per lo strumento per l’Ucraina, l’Ue da sola coprirebbe il 45 per cento di questo deficit di finanziamento da 110 miliardi di euro entro il 2027. Ma mancano studi e documentazioni che l’esecutivo comunitario non ha prodotto. Ha assunto impegni e basta. Come spiega il rapporto della Corte dei conti dell’Ue, “in assenza di una valutazione d’impatto e di un documento analitico che presenti le prove alla base della proposta e le stime dei costi, non è stato possibile valutare se il contributo previsto di 50 miliardi di euro da parte dello strumento per l’Ucraina sia adeguato rispetto al Un deficit di finanziamento di 110 miliardi di euro, ovvero rispetto al fabbisogno complessivo di ricostruzione di 142 miliardi di euro per il periodo 2023-2027″.
Ma non finisce qui. Perché fin qui il grosso degli aiuti sono militari. Nella proposta per un Fondo per l’Ucraina “non risulta inoltre chiaro se e in che modo altri strumenti dell’UE (aiuti umanitari, assistenza agli sfollati ucraini e assistenza militare) e/o altri donatori consentirebbero di coprire le restanti esigenze”.
Inoltre, in questo suo esercizio, la Commissione ha affermato che il contributo dello strumento per l’Ucraina tiene conto della capacità di assorbimento del paese. Tuttavia, “la Commissione non ha fornito un calcolo della capacità di assorbimento del paese, né un’analisi di come tale capacità è stata valutata“.
Nei confronti dell’Ucraina, dunque, si stanno riconoscendo troppe concessioni. La situazione in atto sembra aver lasciato campo aperto a canali troppo preferenziali. Da qui l’invito a considerare l’ipotesi di “limitare i finanziamenti eccezionali per un periodo determinato (ove concesso), al fine di rivalutare se la situazione in Ucraina lo giustifichi ancora”. C’è il sospetto che l’Ue si stia esponendo troppo. Tanto è vero che nel sostegno all’Ucraina, per ciò che riguarda i prestiti che Kiev dovrà rimborsare, si chiede anche di “integrare la garanzia del ‘margine di manovra’ con garanzie aggiuntive, quali accantonamenti, per coprire un default improvviso e inaspettato da parte dell’Ucraina”. In questo si esorta la Commissione a “rendere pubblica un’analisi del ‘margine di manovra’ nella prossima relazione annuale sulle passività potenziali