Bruxelles – L’Ungheria non può fare a meno dei fondi Ue, ma Bruxelles ha bisogno anche di Viktor Orbán per vedere approvata la revisione del quadro finanziario pluriennale, in particolare per l’aumento del supporto finanziario all’Ucraina fino al 2027. Ecco perché, dopo quasi un anno di stallo, la Commissione Ue potrebbe sbloccare quasi la metà dei fondi congelati a Budapest per questioni di Stato di diritto, con l’obiettivo di prevenire un probabile veto ungherese al budget comunitario rivisto e all’assistenza sul lungo termine a Kiev per affrontare l’invasione russa e le sue conseguenze economiche.
Come rendono noto al Financial Times fonti interne all’esecutivo comunitario, entro la fine di novembre la Commissione dovrebbe scongelare 12,9 miliardi di euro della politica di coesione, concedendo una vittoria a Orbán sull’accesso al budget comunitario dopo le minacce di tenere in stallo le discussioni sul futuro aumento di bilancio. Il congelamento dei fondi Ue destinati a Budapest è arrivato nel dicembre dello scorso anno: su un totale di 28,6 miliardi di euro, 22,6 sono parte della politica che sostiene gli sforzi per colmare il divario di investimenti nei Paesi membri (mentre i restanti sono dell’area Affari interni e del Piano nazionale di ripresa e resilienza). Tuttavia, con la presentazione della revisione del quadro finanziario pluriennale 2021-2027 da parte della Commissione Ue a giugno, lo scenario è cambiato e Orbán si è ritrovato tra le mani una risorsa fondamentale per ricattare Bruxelles: il potere di veto in seno al Consiglio, dove è necessaria l’unanimità per il via libera definitivo alla proposta dell’esecutivo Ue. Tra i 65,8 miliardi di euro aggiuntivi da stanziare da parte dei Ventisette, il gabinetto von der Leyen prevede di destinare 17 miliardi in sovvenzioni dirette all’Ucraina, all’interno di una riserva finanziaria da 50 miliardi per i prossimi quattro anni (i restanti 33 sarebbero invece da finanziare attraverso l’assunzione di prestiti sui mercati finanziari).
Parallelamente è continuato il confronto tra Commissione Ue e Ungheria sull’implementazione delle riforme giudiziarie nel Paese. Dopo le discussioni a livello tecnico, la legge approvata dal Parlamento nazionale il 3 maggio sembra andare nella direzione di un rafforzamento della magistratura attraverso un’autorità di controllo sull’operato dei tribunali, della Corte Suprema e della Corte Costituzionale. Martedì scorso (26 settembre) il portavoce dell’esecutivo comunitario responsabile per la Politica regionale e le riforme, Stefan de Keersmaecker, ha precisato alla stampa che da Bruxelles è stata inviata a Budapest una richiesta di “chiarimenti” su alcuni dettagli di queste riforme: “Non appena l’Ungheria avrà risposto a queste domande, la Commissione continuerà la sua valutazione”.
Tutti i fondi congelati dell’Ungheria
I fondi Ue destinati all’Ungheria che attualmente sono congelati da Bruxelles si attestano a 28,6 miliardi di euro, divisi in tre macro-aree: Piano nazionale di ripresa e resilienza (5,8 miliardi), fondi della politica di coesione (22,6 miliardi) e fondi per gli Affari interni (223 milioni). Le tre strade procedono in parallelo, ciascuna con una procedura specifica (o più, in base alla natura dei finanziamenti). La prima considera i “27 super-obiettivi” sullo Stato di diritto stabiliti il 30 novembre dello scorso anno dalla Commissione per sbloccare i fondi del Pnnr dell’Ungheria, ovvero 5,8 miliardi in sovvenzioni. Quanto ci si attende da Budapest è che venga rafforzata l’indipendenza giudiziaria, in modo che le decisioni dei giudici siano “protette da interferenze politiche esterne”.
Il secondo capitolo – decisamente il più complesso – è quello che riguarda i fondi della politica di coesione, che per l’Ungheria valgono complessivamente 22,6 miliardi di euro come finanziamenti dal budget comunitario. Di questi fondi 6,3 miliardi sono stati congelati attraverso il meccanismo di condizionalità sullo Stato di diritto per decisione del Consiglio nel dicembre 2022. Si tratta di una procedura a sé stante che riguarda il 55 per cento dei fondi destinati all’Ungheria da tre programmi operativi finanziati dal Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr), dal Fondo di coesione, dal Fondo per la transizione giusta (Jtf) e dal Fondo sociale europeo Plus (Fse+): ‘Ambiente ed efficienza energetica Plus’, ‘Trasporto integrato Plus’, e ‘Sviluppo territoriale e degli insediamenti Plus’.
Dei restanti 16,3 miliardi, 12,9 miliardi sono vincolati solo all’implementazione delle riforme giudiziarie (senza ulteriori criteri) e sono quelli che potrebbero essere sbloccati da Bruxelles dopo la richiesta di revisione. I restanti 3,4 miliardi sono bloccati per il mancato rispetto delle condizioni abilitanti orizzontali – ovvero le condizioni necessarie per quanto riguarda la Carta dei diritti fondamentali dell’Ue – in tre controversie tra la Commissione e l’Ungheria: la legge ‘sulla protezione dell’infanzia’ (la legge anti-Lgbtq+), quella sull’indipendenza accademica e quella sul trattamento riservato alle persone richiedenti asilo. La prima questione è responsabile per lo stallo del 3 per cento del budget della politica di coesione (cioè 678 milioni), la secondo del 9 per cento (oltre 2 miliardi) e la terza di un ulteriore 3 per cento (altri 678 milioni). Per sbloccare questi fondi non basterà mettere fine alle questioni legate all’indipendenza del sistema giudiziario (anche se rimane per tutti questi un pre-requisito), ma dovranno essere risolte anche le pendenze riguardanti le altre condizioni abilitanti orizzontali, come le potenziali violazioni dei diritti umani.
C’è infine da considerare l’ultima questione, quella dei 223 milioni di euro di tre programmi dei Fondi per gli Affari interni. Come appreso da Eunews a febbraio da fonti interne all’esecutivo comunitario, si tratta di 69,8 milioni dal Fondo Asilo, migrazione e integrazione (Amif), 102,8 dallo Strumento per la gestione delle frontiere e i visti (Bmvi) e 50,5 dal Fondo sicurezza interna (Isf). E il conto arriva a quei 28,6 miliardi di euro congelati, che la Commissione potrebbe decidere presto di dimezzare per assicurarsi il sostegno dell’Ungheria alla revisione del bilancio comune Ue e al supporto finanziario sul lungo termine all’Ucraina.